05/09/2024
Questa estate complice un libro che qualcuno mi ha messo tra le mani, ho riscoperto il piacere della lettura nelle piccole pause della giornata. In LA MOSCA DI DREYER, Massimo Carboni scrive a proposito del famoso che si appoggia sul viso di Renee Falconetti in LA PASSIONE DI GIOVANNA D'ARCO: "la mosca proviene dal medesimo luogo in cui si origina e prende vita il nostro sguardo di spettatori, che coincide con lo sguardo tecnologico della macchina... sintesi e cifra finale del lavoro del e sul SET come luogo del mondo aperto sul mondo...l'altrove da cui proviene (questo mondo), resta intrinseco nella mosca. MA QUELL'ALTROVE TUTTO SOMMATO, SIAMO NOI".
Ecco, questa ultima frase più di tutte mi fa riflettere sul mio passato e si sposta su una ricerca di un presente che però al momento resta un futuro incerto. Il cinema è per sua natura una visione sempre al presente per lo spettatore, della storia che gli viene svelata di fronte; ma quello che gli spettatori spesso ignorano, è che la ripresa stessa delle scene che compongono un film è a sua volta sempre in tempo presente. Quello che avviene davanti alla macchina da presa è frutto di una messa in scena di eventi che vengono catturati dalla pellicola (anzi dal sensore), in un tempo sempre al presente. Nel momento in cui vi è una sceneggiatura, si presuppone che quella messa in scena debba essere perfetta, incontaminata da qualsiasi evento esterno. Terra, acqua, fuoco, aria che sia. Eppure quando si arriva sul set esiste una magia che si chiama troupe e che è fatta di una individualità, che diventa una mente collettiva nel momento in cui i team leader sanno dare le giuste informazioni e ancor più su, il regista se è in grado di modulare agli altri cosa immagina. In questo piccolo ed enorme marasma di idee ed eventi che è il film in divenire, penso a quanto è difficile come regista, aiutoresta, DOP, fonico, ecc... scegliere se invocare o meno lo stop se una piccola interferenza si mette tra il soggetto della scena e l'obiettivo. Io per primo come aiutoregista, ma anche come regista in un tempo ora distante, nel momento in cui la mosca si poggia sul tavolo mi scende quel brivido che potrebbe trasformare un 1 in uno 0, un continua a girare in STOP. Ecco, proprio questa scelta binaria nella quale noi ci incateniamo, mi rendo conto che è sempre più una costante dei nostri tempi attuali, dove ci si dimentica che per arrivare alla perfezione della mosca che si appoggia sul viso della Falconetti, bisogna lasciare che il tempo scorra e che la mente immagazzini non solo quello che pensa di vedere, ma anche gli eventi che nella perfetta macchina del caos, sfuggono al nostro controllo e che rendono i rapporti umani quella mente comune fatta di errori che a loro volta diventano un nuovo modo di vedere la stessa cosa in maniera differente. Una realtà più singolare ma anche più potente nella sua interpretazione dell'interpretazione di un presente sfuggevole ma meritevole di essere registrato.