Mechane

Mechane Mechane è la prima rivista italiana espressamente dedicata alla filosofia della tecnica

CALL FOR PAPERS È online la call for papers per il nono numero di Mechane dedicato al tema “Tecnica e cultura”.
26/11/2024

CALL FOR PAPERS

È online la call for papers per il nono numero di Mechane dedicato al tema “Tecnica e cultura”.

If we can assume the reciprocal relationship between technology and culture as coextensive with the human dimension (from the prehistory of man to his current stabilization, up to the limit of his possible overcoming), it is surprising how the theoretical reflection on this relationship comes after,...

Mechane, n. 2 (2021), "Tecnica e memoria"Ripubblichiamo la conversazione con Mauro Carbone, "Tecnica, memoria, immagini"...
22/11/2024

Mechane, n. 2 (2021), "Tecnica e memoria"

Ripubblichiamo la conversazione con Mauro Carbone, "Tecnica, memoria, immagini".

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/1612/1278

Lo spunto da cui prende avvio la nostra conversazione è la recente pubblicazione della nuova edizione del suo libro, "L’evento dell’11 settembre 2001", ora sottotitolato "Quando iniziò il XXI secolo". Nel volume le riflessioni sull’11 settembre 2001 sono contestualizzate a partire dal dibattito intorno al post-moderno inaugurato da Lyotard, e questo perché all’interno di tale dibattito diviene centrale, tra vari altri elementi, l’esigenza di un ripensamento delle relazioni tra filosofia e politica, che faccia tesoro della denuncia derridiana della “tentazione di Siracusa”, ossia della pretesa che la filosofia possa sovrintendere o, almeno, farsi ispiratrice della politica – pretesa che va sostituita con la ricerca di un’altra figura di alleanza tra la filosofia e la politica (per usare proprio le parole di Derrida). Nell’opera di Mauro Carbone, la ricerca di un’altra figura di alleanza tra la filosofia e la politica trova proprio nella riflessione sullo statuto delle immagini e nel loro nesso con la memoria un punto di snodo focale. La memoria di cui qui innanzitutto si tratta è naturalmente quella dell’11 settembre 2001, evento – termine da intendersi nel senso forte, ma anche intrinsecamente ambiguo o, almeno, bivalente che ha in Heidegger – che è uno spartiacque decisivo, perché ci ha consegnato a quello che, già nel suo libro dedicato alla "Filosofia-schermi", Mauro Carbone definiva “il tempo delle catastrofi”: un tempo in cui è caratteristica la confusione, pensabile in tanti modi diversi, tra immagini e realtà. [...] Quello che il libro che discutiamo oggi rileva nelle strategie comunicative successive all’11 settembre è una sorta di espropriazione dell’elaborazione del lutto che si è realizzata nella forma di una vera e propria progettazione tecnica di una memoria collettiva edulcorata – e questo secondo tutta una serie di strategie che nel libro sono accuratamente illustrate. Quindi: una progettazione tecnica iconoclastica che, a detta di Mauro Carbone, va contrastata mediante l’esperienza estetica – e qui non posso non sottolineare che i due poli chiamati in causa rimangono quelli originariamente compresi nel concetto antico di téchne: la tecnica produttiva e l’arte. Una connessione che riemerge anche nelle importanti analisi circa la svolta nello statuto delle immagini innescata dalla tecnologia digitale.

Mechane, n. 2 (2021), "Tecnica e memoria"https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/1613/1279Ripubbl...
11/11/2024

Mechane, n. 2 (2021), "Tecnica e memoria"

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/1613/1279

Ripubblichiamo "Radice o vortice?" di Georges Didi-Huberman (Conferenza pronunciata il 7 settembre 2018 all'Università del Québec, Montreal. Traduzione di Pierandrea Amato).

"A proposito della famosa differenza stabilita da Benjamin tra 'aura' e 'produzione', nell’articolo del 1935 su 'L’opera d’arte nell’era della sua riproducibilità tecnica' – contemporaneo a 'L’origine dell’opera d’arte' – si noterà che, nei due casi, le immagini non rimangono mai ferme, come aveva già mostrato Warburg attraverso le nozioni di 'sopravvivenza' (nel tempo) e di migrazioni (nello spazio). L’immagine auratica ci tiene a distanza, l’immagine riproducibile assume i suoi movimenti sino in fondo. La prima è un feticcio immobilizzato su sé stesso; la seconda, un operatore di pensiero in movimento. Queste due immagini provocano due modalità antitetiche d’approcciare sia il visibile sia la temporalità, sia la storia sia la politica".

Nel 2022, appare il terzo numero di "Mechane" dedicato a "Tecnica e metafisica". "Tornare a discutere di nichilismo, e d...
30/10/2024

Nel 2022, appare il terzo numero di "Mechane" dedicato a "Tecnica e metafisica".

"Tornare a discutere di nichilismo, e dunque di tecnica e metafisica, riancorando prima e oltre il dominio del mercato la riflessione sulla tecnica in direzione di un (utopistico?) riemergere del politico, è esercizio sensato comunque la si pensi intorno alle prospettive future, poiché se anche l’esito che incombe sempre più chiaramente e cupamente sulle nostre vite dovesse culminare in forme catastrofiche e costringere ad un mutamento radicale tale da interessare tutte le dimensioni antropologiche, e dunque in prima linea la tecnica, anche allora, dopodomani, e anzi ancor più sarà necessario ritrovare uno sfondo a partire da cui rinnovare teoria e prassi della tecnica, andando oltre le analisi costi-benefici, l’ideologia dell’efficienza e le altre tante ragionevoli e molto poco sagge strategie di neutralizzazione della valenza politica, sociale, etica e complessivamente umana della tecnica. Un compito tanto vasto, quanto impellente e necessario, a cui questo numero di Mechane intende dare un pur piccolo contributo".

MECHANEInternational Journal of Philosophy and Anthropology of TechnologyVia porta di Massa 1, 80133 NapoliISSN 2784-9961Registrazione presso il Tribunale di Napoli n. 39 del 25/09/2019

Ripubblichiamo il testo di Nicola Russo, "Ontologia e genealogia delle macchine: un sunto", apparso sul numero di Mechan...
18/10/2024

Ripubblichiamo il testo di Nicola Russo, "Ontologia e genealogia delle macchine: un sunto", apparso sul numero di Mechane (1, 2021) dedicato a "Che cos'è una macchina?"

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/1265/1013

Abstract: Our essay will depict a unitary framework that relates art and technique, and it will display the impact of the ontology of machines on the anthropology of technique. In contrast to the efficient cause paradigm as the core of machinery, we focus on teleological concerns to establish a multilayered approach. Therefore, we aim to avert the danger of deriving a depleted conception of man and nature from an equally depleted understanding of the machine.

Mechane, n. 5 (2023), "Tecnica e guerra"Pietro Prunotto, "Guerra e tecnica nell’epoca weimariana: il contributo di Oswal...
11/10/2024

Mechane, n. 5 (2023), "Tecnica e guerra"

Pietro Prunotto, "Guerra e tecnica nell’epoca weimariana: il contributo di Oswald Spengler ed Ernst Jünger"

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/3271/2603

Abstract: This article analyses the influence of the First World War on the philosophical analysis of technology. To this end, the Conservative Revolution, a phenomenon that originated in Germany during the Weimar era, will be used as a case study, particularly regarding its most important thinkers, namely Oswald Spengler and Ernst Jünger. In the comparison and analysis of these two authors, some new characteristics of technique emerge that will become the starting point of many later authors.

Mechane, n. 5 (2023), "Tecnica e guerra"Aldo Pisano, "Interrompere l’umano. Bias, responsabilità e autonomia nell’utiliz...
10/10/2024

Mechane, n. 5 (2023), "Tecnica e guerra"

Aldo Pisano, "Interrompere l’umano. Bias, responsabilità e autonomia nell’utilizzo bellico dell’IA"

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/3270/2602

Abstract: This paper explores ethical implications of AI use in warfare, focusing on two key issues: responsibility and potential limits to human autonomy. The design of autonomous weapons should prioritize transparency and autonomy in decision-making, especially in morally challenging situations. The automation bias highlights the risks of relying on AI as infallible due to its mathematical programming. This bias undermines human deliberation and violates ethical theories at both the metaethical and normative levels. Starting from the HCI model, an ethics by design for AI is necessary, providing support while allowing users to maintain responsibility. Trusting autonomous weapons requires ensuring that autonomy does not compromise human decision-making, preserving the value of ethical choices’ complexity and avoiding the reduction of ethics to mathematical generalizations. Users should have the freedom to disregard AI advice and act according to the situation, thereby assuming responsibility.

Mechane, n. 5 (2023), "Tecnica e guerra"Vincenzo Cuomo, "La guerra nell’epoca delle macchine intelligenti (e la paura)"h...
09/10/2024

Mechane, n. 5 (2023), "Tecnica e guerra"

Vincenzo Cuomo, "La guerra nell’epoca delle macchine intelligenti (e la paura)"

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/3269/2601

Abstract: The main objective of the essay is to reflect on the aporia of war, which manifests itself in the disagreement between its technical rationality and its irrational and "drive" character. The realisation of intelligent machines today seems to realise a goal that has been nagging military commanders for centuries: to reduce or eliminate the contribution of the human element from the battlefield. However, behind the widespread concern that "intelligent" machines will behave like "predatory machines", there is always the fear that they will behave like human beings, autonomously conducting war. Indeed, the problem continues to be that of war, before that of (intelligent) weapons of war. However, the paradox on which, in conclusion, this essay reflects – through a deconstructive commentary on some of Heidegger’s theses – is that what could act as a brake on the irrationality of war is still something to do with that irrationality: fear.

Domani!
08/10/2024

Domani!

Mechane, n. 5 (2023), "Tecnica e guerra"Irene Calabrò, "Il cinema come macchina da guerra. 'Loin du Vietnam' (1967)"http...
07/10/2024

Mechane, n. 5 (2023), "Tecnica e guerra"

Irene Calabrò, "Il cinema come macchina da guerra. 'Loin du Vietnam' (1967)"

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/3268/2600

Abstract: The paper aims to analyse "Loin du Vietnam" (1967) as a “war machine”, investigating Godard’s "Caméra-œil" episode and the montage of the collective film, which combines fictional and documentary frames, to combat against the television war, images not allowing to think about Vietnam war.

Mechane, n. 5 (2023), "Tecnica e guerra"Luca Matano, "L’immersione simulante. Sloterdijk pensatore nelle sembianze del p...
05/10/2024

Mechane, n. 5 (2023), "Tecnica e guerra"

Luca Matano, "L’immersione simulante. Sloterdijk pensatore nelle sembianze del presente"

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/3267/2599

In una forma enunciativa ampia e perciò stesso imprecisa, si può dire il cuore della filosofia come la ricerca di un’espressione del presente che risulti ad esso calzante, aderente, senza però confondervisi. Le forme di questo aderire, che solo dando la cifra del presente si concedono di prendere le distanze da esso, sono proprio ciò intorno a cui ruota la storia della filosofia, il suo pronunciare il tempo, nascondervisi o tradirlo. Essa compie questa sua essenza non solo avvolgendosi intorno alla realtà del tempo come intorno ad un “oggetto”, ma anche sempre attorcigliandosi su sé stessa, percorrendo le proprie spire, che sono appunto le spire di un presente che si nomina e configura ad uno, inseguendo così, in questo movimento, un proliferarsi di nomi del reale che lo lasci presentarsi quanto più possibile ai nostri occhi. All’attenzione del lettore verrà qui esposto un noto tentativo, quello del pensatore Peter Sloterdijk, di mostrare le pieghe del presente con un preciso movimento espressivo: quello cioè che cerca l’aderenza alla realtà tramite l’apparentemente totale adagiamento su di essa, con un’intenzione camaleontica capace di plasmare concetti talmente vicini al presente da arrivare a confondervisi, al punto da rassomigliare a tratti ad una sua “cronaca”. Una ricerca filosofica che si prefigura insomma di mostrare la produzione di senso contemporanea, di senso diffuso o “dominante”, assumendone le sembianze. A tal proposito Eleonora De Conciliis, con il cui libro "Sloterdijk Suite" il presente scritto instaurerà un dialogo intorno al camaleontismo filosofico di cui sopra, parla di “ironia” come della prospettiva in cui il pensatore di Karlsruhe si immedesima nel reale per offrirne un’espressione piena e allo stesso tempo distaccata. Come si leggerà più innanzi, il testo di De Concilis risulta abile nel mostrare la seguente corrispondenza: evidenzia cioè il disciogliersi metodico del concetto, operato “ironicamente” da Sloterdijk, nella proliferazione di materiale aneddotico digressivo. Gonfiando il testo filosofico, infatti, l’aneddotica impressiona il lettore così come il presente lo circonda, penetrandolo continuamente con la sua ipertrofia di nozioni e conoscenze prêt-à-porter. Tale metodo speculativo sostituisce così alla grande argomentazione serrata, di carattere trascendentale e/o strutturale, la moltiplicazione nozionistica di esperienze, rispecchiando un presente in cui alla formazione della coscienza auto-soggettiva tramite Bildung si è sostituita l’a-critica e informale apertura all’accoglimento di aneddoti. In termini più vicini a Sloterdijk, in sintesi: si mostrerà qui come alla riduzione della forza di un soggetto sempre più slabbrato nel policentrismo delle schiume, non più in grado cioè di farsi centro a sé stesso, cerchi di dar voce una produzione filosofica altrettanto “decentrata” rispetto alla fattura classica del concetto: quest’ultimo, non più colonna portante dell’argomentazione, si ritrova ora disciolto nell’andamento schiumoso del testo filosofico.

Mechane, n. 5 (2023), "Tecnica e guerra""Tecnica e guerra". Conversazione con Andrea Le Moli, Fabio Grigenti e Vincenzo ...
04/10/2024

Mechane, n. 5 (2023), "Tecnica e guerra"

"Tecnica e guerra". Conversazione con Andrea Le Moli, Fabio Grigenti e Vincenzo Cuomo

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/3266/2598

Tecnica e Guerra. Quale il motivo di questa scelta? Di per sé il tema è ovvio: la connessione tra dimensione bellica e tecnica è talmente evidente da essere banale e prima o poi andava affrontata. Meno banale è il modo in cui affrontarla e, in questo caso, anche il quando. Mechane è una rivista di filosofia e antropologia della tecnica, il cui intento è dare alla riflessione filosofica intorno alla tecnica un’estensione universalmente umana e al limite anche ulteriore, nella misura in cui l’antropologia travalica per una sua tensione interna verso la biologia della tecnica. E proprio da questo punto di vista la tradizione ha dato tanti esempi di interpretazione dello specifico umano e tecnico nel segno della guerra. Esemplare, a tal riguardo, è un breve scritto di Oswald Spengler, "L’uomo e la Tecnica", che in poche pagine tratteggia un’intera antropologia filosofica partendo dall’assunto che “la tecnica è la tattica dell’intera vita, è la forma intima del comportamento nella lotta”. Da questo punto di vista tecnica e guerra sono quasi un’endiadi, naturalmente se si accoglie questo tipo di interpretazione, cosa che non è detto debba avvenire. Menzionarla ci serve a dare un esempio di quanto possano essere intime, fino al limite della coincidenza, le due questioni. Il tema andava dunque affrontato, ma perché ora? È ovvio, perché siamo in guerra. Va premesso che non abbiamo mai ceduto alla tentazione di star dietro all’attualità, nei vari numeri che abbiamo pubblicato e nelle varie manifestazioni che abbiamo organizzato. E tuttavia questa volta, mentre preparavamo un numero diverso da questo, a un certo punto ci siamo detti che non potevamo far finta che non stesse accadendo niente e che bisognava intervenire sulla guerra. Il problema è appunto come. E la risposta è stata: evitando di lasciarci invischiare nel dibattito pubblico odierno, rifiutandone la forma e i contenuti, che si fondono in una formula che di per sé cancella, squalifica o omologa, in maniera a nostro avviso vergognosa, pressocché qualsiasi contributo possa giungere dal mondo filosofico. La stessa figura un po’ vetusta dell’“intellettuale” ne risulta in ogni modo svilita, da un lato ridotto a lacchè del potere, che ne rimastica incessantemente le parole d’ordine e solo allora vale come “vero” intellettuale, dall’altro a id**ta esaltato e fuori dal mondo o, al limite, in malafede, in ogni modo da esecrarsi e mettere alla berlina; tipi ideali che hanno purtroppo trovato entrambi non poche istanze reali. L’esigenza è quindi stata quella di disertare dai lacci, dalle lusinghe e dalle trappole della retorica pubblica nella convinzione che la filosofia non può essere né arruolata, né messa da parte e congedata. E un modo per cercare di farlo ci è parso, detto in due parole, quello di rimanere sull’attualità “inattuali”. Abbiamo dunque scelto di dare spazio ad una riflessione sulla guerra fuori dal regime mediatico vigente e darglielo in tutta la sua ampiezza, senza focalizzare l’attenzione sul conflitto attuale, ma porre la questione appunto per quella che è, ovvero una domanda istitutiva della filosofia della tecnica, fiduciosi che quanto i nostri ospiti vorranno dirci saprà gettare luce anche sull’oggi. Questo potrà esporre la discussione ad un rischio di eterogeneità, che accettiamo volentieri, nella misura in cui consente che il discorso filosofico si dispieghi nella libertà che da sempre lo ha segnato e ci conduca, ogni volta per le sue vie determinate e particolari, a riflettere su quel che è più necessario.

Mechane, n. 5 (2023), "Tecnica e guerra"Fabio Domenico Palumbo, "L’immaginario perverso delle guerre"https://mimesisjour...
03/10/2024

Mechane, n. 5 (2023), "Tecnica e guerra"

Fabio Domenico Palumbo, "L’immaginario perverso delle guerre"

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/3265/2597

Abstract: In his essay "Il gesto di Caino", Massimo Recalcati highlights the ubiquitous link between narcissism, fascination and violence. The fratricidal murder of Abel arises from the perception that the ideal image of the Other cannot be captured by the Ego. Hallucinatory violence, as shown by Franco Fornari in his crucial "Psicoanalisi della guerra", aims to saturate the hole opened in the plot of the Real by the unavoidable presence of otherness, which forces us to cope with the limits of our claim to govern our lives. Furthermore, what we intend to explore in this work are the disturbing chances offered by technological development, not only to amplify the acephalous nature of the death drive through brutal technologies such as the atomic weapon – where the paranoid effort to subjugate the Other coincides with the loss of any form of control over one’s own destructive power –, but also to create a perverse union between the subjugation of the enemy through technological devices and the imaginary “capture” of the victim through images intended to convey the “scene” of war. Taking up some concepts expressed within "L’immagine carnefice", a collective volume dedicated to the relationship between violence and the imaginary (photographic, serial, cinematographic), here we try to follow the perverse trait of the aesthetic dimension at work in contemporary declinations of war violence. It is in this short-circuit between hyper-visibility and invisibility that war reveals the perverse vocation of the death drive.

Mechane, n. 5 (2023), "Tecnica e guerra"Pierandrea Amato, "Il fantasma di Elena. Spettri nella No Man’s Land"https://mim...
01/10/2024

Mechane, n. 5 (2023), "Tecnica e guerra"

Pierandrea Amato, "Il fantasma di Elena. Spettri nella No Man’s Land"

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/3264/2596

Abstract: The essay, beginning with a brief reading of Euripides’ tragedy, Helen (412 B.C.), considers war a spectral event in human existence. No less so when, with World War I, the physiognomy of the conflict takes on the terrible features of a technological carnage where man becomes nothing more than a material among others.

Mechane, n. 5 (2023), "Tecnica e guerra"Maurizio Guerri, "Politicizzare le immagini per vedere la guerra. L’estetica for...
30/09/2024

Mechane, n. 5 (2023), "Tecnica e guerra"

Maurizio Guerri, "Politicizzare le immagini per vedere la guerra. L’estetica forense di Eyal Weizman e di Forensic Architecture"

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/3263/2595

Abstract: The essay focuses on the relationship between images and war in the research activities of Eyal Weizman and the Forensic Architecture group. Today, wars and images are inextricably intertwined in multiple ways. The work of Forensic Architecture consists of reconstructing through all the technologies at our disposal – especially related to images and architectural structures – events that would otherwise not exist either for us or for those reconstructing their history. These facts end up not existing, not because there are no images to testify to their existence, but because these images are systematically removed from the shared gaze of the community by the power of states. With Weizman, on the one hand we can retrace the analysis of the processes that prevent us from seeing what is happening in vast areas of the planet involved in declared or concealed wars; on the other, Forensic Architecture, through its research work in the service of international tribunals, attempts to virtually reconstruct those ‘crime scenes’ in which states with their armies or secret services are the actors. These reconstruction activities of the Forensic Architecture group can be conceived as forms of image politicisation.

CONVEGNO INTERNAZIONALE "TECNICA E POTERE" 9-11 ottobre 2024 Università degli Studi di Napoli Federico II, Dipartimento ...
30/09/2024

CONVEGNO INTERNAZIONALE "TECNICA E POTERE"

9-11 ottobre 2024
Università degli Studi di Napoli Federico II, Dipartimento di Studi Umanistici, via Porta di Massa I

Convegno organizzato dal laboratorio di filosofia della tecnica Mechane in collaborazione con la Società Italiana di Filosofia Teoretica, la task force d'Ateneo Human & Future e il Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università Federico II

Mechane, n. 5 (2023), "Tecnica e guerra"https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/3262/2594La stori...
28/09/2024

Mechane, n. 5 (2023), "Tecnica e guerra"

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/3262/2594

La storia della guerra e del sapere tecnico è chiaramente legata da un doppio nodo. Dalle opere di ingegneria antica di fortificazione e di assalto ai droni muniti di testate esplosive, passando per gli studi di balistica galileiani e il lancio di satelliti artificiali durante la Guerra Fredda, le esigenze belliche hanno stimolato e diretto in maniera decisiva gli sviluppi tecnologici, dai quali è derivato lungo i secoli una constante riformulazione dei mezzi e delle strategie introdotti dalle forze in contesa. Notoriamente, un’intensificazione essenziale del rapporto tra tecnica e guerra avviene con la Prima guerra mondiale, quando esplode il primo conflitto industriale della storia (per questo in fondo la Grande guerra è grande: l’arsenale militare è organizzato su scala industriale). La guerra dei materiali, probabilmente, rimane nostra contemporanea: l’infinita crisi in cui saremmo attualmente immersi, in questo senso, non sarebbe altro che l’irradiazione di quella esplosione avvenuta poco più di cento anni fa nel cuore dell’Europa civilizzata. L’intero arsenale di categorie analitiche contemporanee, allora, potrebbe rintracciare la propria filigrana genealogica essenziale nella terra di nessuno della Prima guerra mondiale. Ma naturalmente c’è di più: oggi la logica dei conflitti contemporanei, determinati da una forma di iper-tecnologizzazione, assapora proprio per questa ragione una tendenziale smaterializzazione e informatizzazione che permette alla guerra di essere agilmente integrata nelle vicende della vita contemporanea. Per intenderci: in un frammento di un più vasto lavoro di Harun Farocki, Ernste Spiele I: Watson ist in (2010), dedicato al legame tra l’impiego a distanza delle cosiddette armi intelligenti e la galassia della produzione d’immagini digitali, l’artista tedesco di origine indiana nel 2009 è ammesso in una classe di Marine Corps in California dove quattro allievi gestiscono carri armati impegnati, mediante una simulazione in Afghanistan, in una situazione di guerra. L’istallazione video di Farocki rende co-presenti, da un lato, soldati americani alle prese con una consolle e, dall’altra, vediamo quello che loro vedono: un ambiente desertico oppure un tipico scenario stilizzato di una città medio-orientale. I soldati si allenano alla guerra; si preparano al momento in cui dovranno azionare le armi “intelligenti”. Si esercitano in attesa di pilotare droni sul campo per disinnescare la minaccia nemica. I Marine ripresi da Farocki sono ancora dei soldati? La loro è ancora una guerra? Combattono? Chiusi in una locale a migliaia di chilometri di distanza dal campo di battaglia, si trovano alle prese con le difficoltà tipiche di un videogioco. Il loro lavoro si consuma, materialmente, in una formula dell’iper-visibilità che mette da parte l’esperienza della guerra eludendo la presenza del nemico. I soldati americani sono comodamente seduti e giocano alla guerra; il nemico, quando si farà sul serio, è altrove, del tutto dematerializzato. Farocki, in altre parole, ci mette sotto gli occhi una condizione che dovrebbe essere persino inconcepibile quando si ha a che fare con la guerra: la cancellazione del corpo; l’assenza della morte come vero e proprio fantasma delle battaglie. Dunque, è in ambito propriamente estetico che si impone con estrema chiarezza il dilemma di come rappresentare la catastrofe; o meglio: come rappresentare il disastro di un’assenza. Allora, quando Farocki ci lascia vedere una visione eterotopica del campo di battaglia "senza nemici", ritorniamo probabilmente al Primo conflitto mondiale: l’assenza del corpo mentre i corpi sono devastati si concretizza sul fronte occidentale della prima carneficina del XX secolo, quando, durante la guerra di posizione, il nemico è irreperibile e il soldato prende confidenza con un’assenza che lo minaccia senza tregua proprio perché incorporea come il nulla da cui piovono le granate. Se è vero che le guerre contemporanee presentano uno spessore che non autorizza a compararle ai conflitti inter-statuali del XX secolo, non è scontato che attualmente si realizzi, ad esempio con l’impiego dei droni, un’effettiva svolta ontologica della fisionomia dei conflitti rispetto al passato. Oggi, in effetti, chiamiamo guerra ciò che da tempo non è più tale; la guerra, infatti, non ha più generalmente a che fare con il suo tradizionale statuto giuridico definito, innanzitutto, a livello costituzionale e internazionale: un gesto di un’entità sovrana che dichiara, secondo determinate procedure, la propria ostilità nei confronti di un altro soggetto sovrano giuridicamente riconosciuto. La guerra non è più la guerra: emergono piuttosto conflitti la cui legittimazione è basata su un terreno sostanzialmente extra-giuridico e post-nazionale. Ciò implica che lo scontro si diffonde potenzialmente dappertutto: non ha confini, limiti normativi, una forma, un senso. Nell’ultimo secolo, l’universo industriale muta il carattere della visione dei conflitti armati: non soltanto, per essere chiari, il nemico è distante, ma in molti casi non lo si vede proprio più. A questo punto, forse non è esagerato pensare che la guerra diventa un fenomeno essenzialmente estetico. Vale a dire, legato alla riproduzione d’immagini e alla loro manipolazione, diffusione, archiviazione. Naturalmente non mancano esperienze arcaiche, persino il corpo a corpo di altri tempi, ma si tratta di rimarcare una tendenza prominente a cui siamo, nell’ultimo quarto di secolo, consegnati: la guerra è ciò con cui si può convivere agilmente perché diventa un avvenimento incapace d’interrompere il corso normale delle (nostre) cose. La caratura delle guerre contemporanee, legata alla loro potenziale iper-visibilità, implica un processo la cui evidenza è sotto i nostri occhi ma la cui pensabilità rimane ancora parziale: la parabola che conduce dal testimone – la figura archetipica della dicibilità dell’orrore nel XX secolo – allo spettatore. Ci domandiamo: di che esperienza si tratta quando per una guerra non ci sono praticamente più testimoni, i testimoni chiamati a dire l’indicibile dell’orrore, ma soltanto una massa, amorfa, enorme, destinata a vedere uno spettacolo dove potenzialmente possiamo vedere tutto e per questo motivo siamo sotto la tutela di una censura ipertrofica?

MECHANE INTERNATIONAL CONFERENCE "TECHNOLOGY AND POWER" https://philevents.org/event/show/122686 The international confe...
08/08/2024

MECHANE INTERNATIONAL CONFERENCE "TECHNOLOGY AND POWER"

https://philevents.org/event/show/122686

The international conference “Technology and Power”, organized by the “Mechane Lab” (Laboratory of Philosophy of Technology) at the University of Naples “Federico II”, is set to take place on the 9th, 10th, and 11th of October 2024. This conference seeks to explore the intricate relationship between technology and power, a theme that resonates from prehistoric times to the modern era.

Technology has always played a pivotal role in human history, with technical systems and objects shaping societies and their power structures. According to Bernard Stiegler, building on André Leroi-Gourhan’s reflections, human society differs from animals due to its extensive use of technical objects. This distinction emphasizes technology’s capacity to preserve and recirculate operational sequences, memories, and experiences.

These patterns of technology and power have been explored through various philosophical and sociological perspectives. Michel Foucault's work, for example, introduces the concept of the “apparatus”, a heterogeneous set of discourses, architectural structures, laws, and scientific statements. This concept has sparked numerous studies on governance, focusing on how these elements are interwoven in societal systems.

Shifting to contemporary interpretations, Bruno Latour’s Actor-Network Theory (ANT) emphasizes networks that enable, divert, or hinder social action. This perspective offers a dynamic view of how technology influences power dynamics. From this angle, technology isn't just a set of tools, but a network of interactions that shape society’s trajectory.

To further understand the intersection of technology and power, it is also worth considering the work of other historians and theorists. Marc Bloch, Steven Shapin, Simon Schaffer, and Elizabeth Eisenstein have explored the complex trajectories that technical products and social formations take throughout history. Their insights into how technology affects social organization provide a broader context for the conference's theme.

Returning to the present, authors like Bernard Stiegler and Byung-Chul Han have highlighted the social repercussions of current technological developments, with a focus on profit maximization and individual economic freedom. This modern perspective raises questions about the influence of technology on social structures and the broader implications for society.

Given these varied interpretations, the conference aims to delve deeper into the relationship between technology and power. It will examine not only historical trends but also the contemporary issues raised by AI and the climate crisis. By addressing these themes, the conference hopes to contribute to a greater understanding of how technology shapes social power dynamics and the implications for our collective future.

Ultimately, the goal is to foster a rich discussion that bridges multiple theoretical perspectives, focusing on how technology and power intersect and influence each other. This comprehensive exploration will provide attendees with a diverse range of insights into one of the most pressing issues of our time.

- The constitutive interrelation between technology and social order from the point of view of philosophy and anthropology of technology
- Contributions of the philosophy and sociology of technology to understanding the climate crisis
- Descriptive and comparative analyses of the relationship between technique and the exercise of power in different historical epochs
- The social, political, and economic presuppositions of the development of new tools of power (especially AI and Big data)

We welcome individual or panel submission in Italian and English. Abstract must be max 500 words

The presentations proposals can be sent to: [email protected]

Important Dates:

Deadline for submission: 30 of August, 2024

Acceptance of proposals: send out by September 5th.

Conference dates: 9-11 October 2024

  The international conference “Technology and Power”, organized by the “Mechane Lab” (Laboratory of Philosophy of Technology) at the University of Naples “Federico II”, is set to take place on the 9th, 10th, and 11th of October 2024. This conference seeks to...

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