12/10/2024
Grazie di cuore a Giovanni Gavazzeni per ciò che ha scritto ieri a pag. 97 del Venerdì di Repubblica n. 1308 dell' 11 ottobre 2024.
PIETRO FRESA NELLA PROFONDA ANIMA DI MOZART
Non vorremmo fare come Iago che ripete opportunisticamente le parole di Otello finendo per provocarne l’ira (“Pel Cielo, tu sei l’eco dei detti miei”), ma nel caso del debutto discografico del pianista bolognese Pietro Fresa, è d’uopo ripetere quanto ha scritto Alberto Spano, che di questo debutto è nel contempo promotore, produttore e redattore di note di presentazione ficcanti e di giudizi da sottoscrivere (un caso raro di giornalista informato e cultore competente del pianoforte che meriterebbe di dirigere festival pianistici di prima grandezza). «Fresa a soli ventidue anni dimostra di avere coraggio scegliendo alcune delle pagine forse più conosciute e amate di Mozart»: le 12 variazioni su tema Ah! Vous dirai-je, maman un tempo predilette da Clara Haskil, il Rondò in re maggiore caro a Horowitz, la sublime Fantasia in re minore...
Spano ricorda opportunamente le parole proprio di Horowitz nella sua ultima tournée italiana sull’importanza data da Mozart all’espressione e al sentimento, asserzioni che facevano piazza pulita di troppe letture anemiche, disinfettate, smaltate, spacciate da tanti interpreti e loro esegeti come “oggettive”. «Basta la sua impettita esposizione del celebre tema della popolare canzoncina francese, per capire che Fresa non si limita alla sola corretta lettura del testo, ma centra subito il carattere mozartiano (...): la spensieratezza e quel poco di pomposità rococò, quasi fosse una minuscola ouverture al gioco delle dodici variazioni». Un modo di suonare che non stufa mai. Lasciano ammirati l’indipendenza fonica e ritmica delle mani, il gusto creativo degli abbellimenti (l’andante della Sonata in sol maggiore K 283 «offre il destro per scatenarsi in saporose fioriture e piccole varianti, specie nei ritornelli»), il senso acuto dei coloriti, il fraseggio sensibile all’imitazione degli stilemi teatrali e vocali. Con un simile esordio le “scritture” (i contratti) dovrebbero piovere pure nell’arido e distratto mondo organizzativo nostrano.
(Giovanni Gavazzeni, il Venerdì Repubblica n. 1308, 11 ottobre 2024, pag. 97)