08/12/2024
TRADIZIONI | 𝐈 𝐅𝐔𝐎𝐂𝐇𝐈 𝐃𝐄𝐋𝐋'𝐈𝐌𝐌𝐀𝐂𝐎𝐋𝐀𝐓𝐀
Tra la vigilia e il giorno dell'Immacolata Concezione (7/8 dicembre) in diverse località del centro e del sud Italia (Marche, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia), si perpetua la tradizione dei falò, un'usanza di chiara matrice pagana che - come in tanti altri casi - il Cattolicesimo ha poi assimilato nell'alveo delle tradizioni connesse col culto cristiano. Nel pieno dei rigori invernali, da millenni il fuoco rappresenta uno strumento di purificazione, di difesa dalle entità negative ritenute presenti in natura, di propiziazione della luce solare e, più in generale, delle energie positive che si riteneva presiedessero al ciclo della vegetazione e quindi alla prospettiva di un ricco raccolto.
Con l'avvento del Cristianesimo è prevalsa una simbologia più espressamente connessa con le figure centrali del Cristo e della Vergine Maria: nel caso specifico dei fuochi dell'immacolata, la tradizione viene talora connessa con la leggenda secondo la quale la notte tra il 7 e l’8 dicembre del 1854, quando papa Pio IX proclamò il dogma dell’Immacolata Concezione, nel cielo si diffuse una luce straordinaria, interpretata dai fedeli come un segno di Maria concepita senza peccato; in tal caso il fuoco dei falò richiama l'idea della purificazione dal peccato originale; in altri casi, come ad esempio in Puglia, dove i falò della vigilia sono molto diffusi (con i nomi di fanoje o fanova), il fuoco dei falò vuole rievocare quello acceso da Maria per far asciugare i panni del Bambino Gesù.
Accesi nelle piazze e nelle strade di borghi e cittadine (con legna e rami secchi di varie piante), i fuochi dell'Immacolata, costituiscono un sentito atto di devozione popolare alla Vergine oltre che un gioioso momento di aggregazione con canti o preghiere alla Madre di Dio, scambi di auguri e distribuzione di vino e pietanze tipiche del luogo (come ad es. le crespelle di pasta lievitata, particolarmente diffuse in Puglia e in Calabria con il nome di ''pettole'' o ''pittule'').
Le immagini che accompagnano questo post documentano alcuni momenti dei fuochi dell'Immacolata a Roggiano Gravina, piccolo comune calabrese della provincia di Cosenza che ha dato i natali al celebre letterato e giurista Gian Vincenzo Gravina, uno dei fondatori dell'Accademia dell'Arcadia, cenacolo letterario istituito a Roma nel 1690. A Roggiano - dove per tradizione vengono accesi in ogni rione al termine della funzione religiosa dedicata all'Immacolata - i falò prendono il nome di ''pagliari'', nome derivante dalla loro forma, che evoca quella di un covone (in dialetto 'pagliaro'). Intorno a una struttura verticale formata da alte pertiche di legno, vengono accatastati soprattutto rami di lentisco (pianta resinosa tipica della macchia mediterranea), in dialetto chiamati ''restingi'', anche se non mancano canne e cespugli di ginestra. Alcuni uomini presiedono all'accensione e alla gestione di questi cumuli dai quali in breve si sviluppano alte lingue di fuoco, mentre la folla - tra lo scoppiettìo di scintille - assiste in circolo a questo spettacolo dal fascino quasi ipnotico.