28/11/2023
Mahvash Sabet. La sua poesia, simbolo di resilienza e coraggio, si leva libera dall’Iran e dà voce a migliaia di persone: donne, giornalisti, attivisti, difensori dei diritti umani, studenti.
Detenuta nel carcere di massima sicurezza di Evin, Iran, Mahvash Sabet scarabocchiava le sue parole su tovaglioli e asciugamani di carta, che infilava nelle tasche e nelle borsette durante le preziose visite di “contatto” con i familiari.
Le parole che riusciva a far uscire dal carcere descrivevano un luogo desolante, che non poteva però spezzare il suo coraggio e la sua determinazione.
Scrivere ha permesso a Mahvash di parlare quando le parole erano negate e nessuno l’ascoltava.
A differenza di molte poesie scritte in carcere, le sue non sono solo un catalogo di speranze e paure. A volte sono un mezzo di documentazione storica; altre offrono una carrellata di ritratti di donne intrappolate come lei dietro alle sbarre; altre ancora sono meditazioni sull'impotenza e sulla solitudine.
Componimenti carichi di fascino e ardenti di speranza, che rappresentano un simbolo di resilienza e coraggio. La sua poesia si leva libera dall’Iran, attraversato da mesi da un potente moto di ribellione popolare che ha il volto di tante ragazze e ragazzi, e dà voce a migliaia di persone: donne, giornalisti, attivisti, difensori dei diritti umani, studenti.
Una voce che si leva per tutte le vittime barbaramente uccise, oppresse e arbitrariamente detenute in nome di una teocrazia e di un governo totalitarista che continua a violare i diritti e le libertà fondamentali.
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