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Recensione pubblicata dalla Gazzetta del Mezzogiorno
22/08/2023

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Il mio ultimo libro
15/07/2023

Il mio ultimo libro

06/05/2022

EspressoSud/ maggio 2022

PUTIN IL GUERRAFONDAIO
di Nicola Apollonio

Prima d’ora, non era mai accaduto che un uomo solo riuscisse a creare tanto scompiglio nel mondo, scatenando guerre e mettendo in crisi l’economia e le relazioni internazionali, sia con le repubbliche ex sovietiche confinanti sia con l’Occidente. Non ci era riuscito, quasi mille anni fa, il leggendario Gengis Khan (che pure possedeva un impero che si estendeva dall’Europa Orientale alla Cina), il quale sosteneva che «l'azione nata dalla rabbia è destinata a fallire» (ma sembra che questo pensiero non abbia nemmeno sfiorato le stanze del Cremlino). Non riuscì Mao Tse-tung, inventore della Rivoluzione cinese. E non fu più bravo di loro Adolf Hi**er, che di fatto si “limitò“ a mettere a soqquadro soltanto l’Europa. Invece, la sta spuntando Vladimir Putin, presidente della Federazione russa, che il capo della Casa Bianca Joe Biden ha definito “macellaio“ e “criminale di guerra“. E i fatti gli stanno dando ragione, visto che nei 23 anni trascorsi al potere il dittatore moscovita è passato da una guerra all’altra.
Ha cominciato con la feroce offensiva di terra e di aria sulla Cecenia nell’ottobre del 1999, durante la quale fu bombardato anche un convoglio di profughi: tra i morti c’erano volontari della Croce rossa e giornalisti. Emersero anche racconti di stupri e violenze sulla popolazione civile, di attacchi missilistici contro scuole e ospedali, uccisioni di donne e bambini, proprio come sta accadendo oggi in Ucraina. Anche allora si parlò di violazioni dei diritti umani, ma la comunità internazionale non intraprese alcuna azione a riguardo. Così, anni dopo, il “nuovo zar“ mostrò la sua vera faccia di brutale guerrafondaio mandando soldati russi senza mostrine né bandiere a occupare militarmente la pen*sola di Crimea, annettendola ufficialmente nel 2014. Poi ha continuato a fare la guerra in Siria, mentre in gran segreto studiava i piani per l’invasione dell’Ucraina.
Nel frattempo, l’ex colonnello del Kgb consolidava la sua ferrea autocrazia, superiore addirittura a quella dello stesso Stalin, suo inconfessato modello. Il suo controllo sugli oligarchi è diventato sempre più assoluto, come sugli apparati pubblici e privati. Putin ha finito per controllare tutto: potere politico, potere economico, potere sociale e potere religioso, arrivando a fagocitare persino il pensiero del patriarca moscovita Kirill, il quale ha motivare l'invasione russa definendola «una giusta crociata contro i diritti dei gay promossi dall'Occidente». Il leader degli ortodossi russi, spaccati sul tema, ribadisce a ogni occasione come si stia vivendo un “momento speciale“ da cui «dipende il destino del nostro popolo». Una posizione, insomma, ben più vicina alla linea di Putin che a quella pacifista per cui si batte Papa Francesco.
E’ il tiranno il vero padrone dello Stato, che non risponde più a nessuno. Ha perfezionato il saccheggio delle ricchezze nazionali e l’asservimento dei beni del popolo russo. Ha creato un vero manuale per arricchirsi, e una corte di oligarchi che hanno rastrellato cospicue risorse pubbliche e che, d’intesa con l’Orso, hanno trasferito parte dei loro affari In Inghilterra, in Svizzera, in Francia e in Italia. Affari di tutti i tipi.
La sua guerra di annientamento contro l’innocente Ucraina impone di ricordare, specialmente ai simpatizzanti nostrani alla Michele Santoro, con chi abbiamo a che fare. Un uomo senza scrupoli. Che censura la libera stampa e stronca il dissenso popolare con anni di galera per presunta disobbedienza civile, in virtù del suo nuovo divieto che impedisce di manifestare contro la guerra in Ucraina. Un Paese praticamente raso al suolo e dove il despota ha spedito un contingente di ragazzi che nella loro vita hanno conosciuto un unico uomo al potere: Vladimir Vladimirovich Putin. Giovani militari russi, neanche ventenni, mandati a combattere e a morire in Ucraina. Sono la cosiddetta “Generazione Putin“. Giovanissimi, dunque, «alcuni per lo più provenienti dai posti più sperduti del Paese», si legge nei reportage del Corriere della Sera, che ha raccolto le testimonianze nelle città d'origine, in Siberia, ai piedi degli Urali o al confine con la Mongolia. Paesi spesso sperduti dove non tutti torneranno, forse, neppure in una bara, per una degna sepoltura.
La guerra di Putin sta mettendo in ginocchio l'economia dell'Ucraina, ma un prezzo alto verrà pagato anche dagli altri Paesi del mondo. Ben otto miliardi di esseri umani stanno rischiando di dover mettere in discussione ogni loro modello di vita, ogni loro abitudine per la spaventosa aggressività del presidente russo, impegnato a nascondere una debolezza politica interna che egli spera di compensare perseguendo il sogno di un nuovo impero russo. Per giustificare il suo disegno, Putin afferma che mille anni fa russi, ucraini e bielorussi erano un popolo solo e che da allora nulla è cambiato. Pretese, in realtà, antistoriche, perché non tengono in alcun conto la volontà di quei popoli, chiaramente espressa col voto (in Ucraina) o nelle piazze, come in Bielorussia. E qui risalta la differenza fondamentale tra l'alleanza occidentale e le ambizioni imperiali di Mosca. Putin vuole essere come Gengis Khan, padrone di un Impero. Ma proprio la Storia dovrebbe insegnargli che sacrificare la libertà di un popolo pone solo le basi per una crisi molto più grave.
Diventa difficile immaginare come potrà essere il futuro del popolo russo sottomesso al potere dispotico di un uomo che odia l’Occidente e che crede di poter sovvertire l’ordine costituito del globo a suo piacimento, innescando di continuo guerre, spargendo distruzione e sacrificando la vita di tanti ragazzi con la testa ancora piena di sogni e di speranze. Putin arriva a compiere le peggiori nefandezze pur di ot-tenere ciò che si è prefisso, adottando sistemi che sconvolgono l’intera comunità mondiale, come la distruzione di intere città e le barbare uccisioni di inermi civili, uomini, don-ne e bambini, cadaveri abbandonati sulle strade o gettati in fosse comuni, che fanno rivoltare le coscienze.
Finché al Cremlino resterà Putin, la Russia si troverà rinchiusa in una nuova cortina di ferro, costretta a rinunciare ai benefici degli scambi culturali, industriali e finanziari. Si vede a occhio n**o che il Paese rischia di dover vivere anni di stagnazione economica. Anche se beffati dalla stampa di regime, i russi hanno compreso che la politica di Vladimir Putin non è in grado di creare condizioni per una vita normale e che antepone i sogni geopolitici al benessere dei cittadini comuni. Ecco perché si spera che la crisi nei rapporti con l’Occidente possa finalmente porre fine al “sistema Putin“. Il malcontento è grande e potrebbe trasformarsi in una protesta dai connotati fortemente politici.
Di certo, dopo la guerra in Ucraina, l’ordine mondiale dovrà riassestarsi su un equilibrio e una cooperazione tra potenze medie e grandi che non condividono gli stessi modelli di società e gli stessi valori che ha in mente lo “zar“ e che, verosimilmente, continueranno a non condividerli. Una sorta di guerra fredda 2.0, insomma, che porterà inevitabilmente a sacrificare finanche i normali rapporti tra la gente che sta al di là della nuova “cortina“ e noi occidentali, minacciati di continuo da un Putin visibilmente in difficoltà e per questo sempre più rancoroso e perciò anche più pericoloso.
Con il discorso alla nazione, con cui il dittatore ha spiegato il perché ha riconosciuto le repubbliche del Donbass, Putin ha riavvolto il nastro della storia: «Da tempo immemorabile, le persone che vivono nel sud-ovest di quella che storicamente è stata terra russa si definivano essi stessi russi e cristiani ortodossi. Questo era il caso prima del XVII secolo, quando una parte di questo territorio si unì allo Stato russo». Storicamente, siamo ai tempi di Ivan il Terribile, primo zar di tutte le Russie, e di Pietro il Grande, primo imperatore di Russia. Ma non manca nemmeno Caterina II. Eccolo, il Pantheon di Vladimir Putin: Ivan, Pietro e Caterina. La Russia, secondo il nuovo zar, non sa che farsene della democrazia liberale, non sa che farsene del confederalismo: la Russia è un impero! «Da tempo immemorabile», dice. E così, il resto sono frattaglie della storia. Abbiamo uno zar e un imperatore di tutte le Russie, nuovo di zecca: Vladimir il Grande.
Lo conoscevamo da più di vent’anni come un leader cinico, freddo, pronto a usare lo strumento militare (come in Cecenia all’inizio della sua carriera politica, in Georgia nel 2008, nella stessa Ucraina nel 2014, in Siria nel 2015, adesso in Ucraina), ma non a lanciare la Russia, l’Europa e il mondo in un’avventura dagli esiti imprevedibili e comunque drammatici. Ci sbagliavamo. Il Putin che abbiamo visto recentemente e che minaccia di ricorrere alle armi nucleari è un leader aggressivo, non più lucido ma rabbioso. Non il solito giocatore di scacchi ma un energumeno che agita la mazza. «Se qualcuno pensasse di interferire dall’esterno», disse, «sappia che la nostra reazione sarebbe im-mediata, qualcosa che il mondo non ha mai sperimentato prima».
In soli due mesi di attività belliche, con l’utilizzo di carri armati, bombe e missili, in Ucraina si sono registrate decine di migliaia di vittime civili e militari, si sono avuti stupri e torture, circa sette milioni di persone (quasi tutte donne, bambini e anziani, perché gli uomini fino ai 60 anni sono rimasti a combattere) hanno lasciato il Paese, intere città come Mariupol sono state rase al suolo. Una catastrofe. Paesaggi che fino a qualche mese fa brillavano di mille colori sono divenuti improvvisamente spettrali. Si respira ovunque soltanto aria di distruzione e di morte, tra le nuvole buie dei disastri provocati dagli invasori.
È’ difficile infilarsi nella testa di un leader che ha di fatto deciso di entrare in conflitto con l’intero Occidente. E che cosa faremo noi, gli europei e gli americani, di fronte al colpo di mano del Cremlino? Basteranno le sanzioni? Ci sono già, e altre arriveranno e saranno, prevedibilmente, sempre più pesanti. Si cercherà di tagliare fuori la Russia dalle relazioni politiche ed economiche internazionali per danneggiarla il più possibile. Ma molto dipenderà dall’evoluzione degli scontri militari. I comandi russi lanciano appelli alla resa delle truppe ucraine. E se non accadesse? Se la Russia tentasse di controllare per intero l’Ucraina, potrebbe trovarsi impantanata in una specie di Vietnam europeo, con decine di Paesi pronti a finanziare e armare un eventuale movimento di resistenza nazionale che prevedibilmente sorgerebbe nel Paese occupato. E poco cambierebbe se all’attacco sopravvivesse, come sembra probabile, una Ucraina magari dimezzata ma ancora indipendente. Ci sarebbe un confine che non sarebbe molto diverso dalla linea di contatto che per anni, nel Donbass, ha visto attacchi e contrattacchi. Quasi sicuramente arriverebbero in Ucraina volontari della diaspora nazionale ma anche volontari (e mercenari) da altri Paesi. A quel punto, l’ingresso dell’Ucraina nella Nato sarebbe certo.
E lo zar Putin, responsabile anche delle stragi di civili ucraini, finirebbe confinato nella sua mega-villa sul Mar Nero, destinatario di un probabile mandato di cattura internazionale, schiacciato dalla delusione di non essere entrato nei libri di storia per aver emulato le gesta di Pietro il Grande, come aveva sempre sognato. Invece, gli toccherà l’umiliazione di figurare nelle pagine dei peggiori criminali di guerra. Che non è proprio il massimo per chi ha vissuto, per più di vent’anni, trastullandosi con i destini del mondo.

01/05/2022

Il mondo tra due fuochi

di NICOLA APOLLONIO

Diventa assai difficile poter dire quale delle due guerre sia la più grave, se quella che stiamo combattendo da un paio d’anni contro il maledetto Covid o l’altra più recente, quella che il guerrafondaio Putin ha voluto scatenare contro l’Ucraina, col rischio nemmeno tanto velato di coinvolgere nella sventura l’intero mondo. La differenza tra i due pericoli è che uno si può bloccare in qualsiasi momento, basterebbe un pizzico di buona volontà, un negoziato fra le parti interessate al conflitto; mentre l’altro, subdolo come può esserlo soltanto un virus, s’incunea nel nostro organismo in gran silenzio, magari quando stai chiacchierando amabilmente con gli amici, o quando assisti a un dibattito politico, oppure nel momento di festeggiare il compleanno o la laurea di un parente. Sei attorniato da facce allegre, allegro tu stesso, e fra i pensieri che ti ruotano nella mente non c’è sicuramente quello che potresti sentire, da un momento all’altro, uno strano fremito, la gola che ti brucia, la fronte che comincia a scottare, e l’inizio di un’antipatica tosse che ti rallenta il respiro.
Qui non ci sono i carri armati con la stella rossa che sparano cannonate e abbattono edifici di dieci piani, incitandoti a rifugiarti nelle viscere della terra, in qualche scantinato, o meglio, se puoi, a scappare via, al di là della frontiera. La guerra militare, quella fatta di bombe e di missili, per tragica che sia, è tutta lì, sul campo di battaglia, corpo a corpo, faccia a faccia. Se hai un po’ di fortuna, riesci perfino a evitarla, visto che sai dove si trova il tuo nemico. Ma quell’altra, la terribile guerra sanitaria, quella che diventa subito “pandemia“, che spazia al di là dei confini, che s’accende in una mattina d’autunno in uno dei mercati degli animali di una metropoli cinese, quella guerra di cui nessuno riesce a capire dove e quando potrà colpire sacrificando milioni di vite, uomini, donne e bambini di ogni età e di ogni razza, è sicuramente la peggiore delle guerre che l’umanità avrebbe preferito non conoscere, perché costretta più a subire che a lottare.
Il Covid non è quel mostro cingolato che spara p***e di fuoco trasformando le città in cumuli di macerie: il Covid è quel maledetto virus col quale si può ve**re in contatto in qualsiasi momento, dietro a ogni angolo, invisibile, pronto a infilarsi vigliaccamente nei tuoi polmoni, nelle tue viscere, nel tuo cervello. Sa fare più vittime lui – come in effetti ha già fatto – che qualsiasi arma nucleare tattica.
Così, in questo primo scorcio del terzo Millennio, il mondo è impegnato a dover fare i conti con due guerre simultanee, una più disastrosa dell’altra. E tutti, di qua e di là dagli oceani, siamo col fiato sospeso. Non sappiamo quale evoluzione potrà avere il conflitto scoppiato nell’Europa orientale, ma sappiamo che potrebbe essere fermato in un attimo, se soltanto il presidente della Federazione Russa lo volesse. Invece, nessuno al mondo può prevedere per quanto tempo ancora gli umani saranno obbligati a convivere col più piccolo dei micidiali parassiti. Basta un raffreddore, un colpo di tosse, poche linee di febbre perché la tua vita venga letteralmente stravolta.
Come si fa a scegliere fra una guerra e un’altra se l’una e l’altra sanno provocare soltanto dolore e lutti? Militare o sanitaria che sia, ogni guerra riesce sempre a tenere il mondo sospeso tra due fuochi. Ed è quello che sta succedendo a noi, abitanti di un pianeta eternamente insoddisfatto.

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