Stylos Casa Editrice

Stylos Casa Editrice Casa editrice valdostana La Stylos editrice è stata fondata nell’agosto 1999.

Nata con l’ambizione di diventare un sicuro punto di interscambio culturale e un riferimento preciso per studiosi ed autori valdostani e non solo, fin dalle prime pubblicazioni la Stylos editrice si è caratterizzata per la diversificazione della propria produzione editoriale che spazia dalla saggistica storica e critico-letteraria alla critica d’arte, dall’etnografia all’antropologia, dalla filoso

fia alla teologia, dalla narrativa alla poesia, dalla medicina naturale ed alternativa alla letteratura per l’infanzia. La politica editoriale perseguita della Stylos editrice, infatti, aspira a raggiungere e a soddisfare un pubblico ampio e differenziato, offrendo testi variegati, fruibili sia dagli specialisti che dai lettori abituali od occasionali; in quest’ottica si pone anche la tendenza a promuovere e valorizzare gli scritti di giovani autori e ricercatori, nonché la capacità di coniugare sapientemente il rigore scientifico con l’eleganza tipografica dei libri prodotti. La Stylos editrice, oltre ad occuparsi della produzione, distribuzione, diffusione e commercializzazione dei libri che escono per i suoi tipi, negli ultimi anni si è specializzata anche in consulenza editoriale per conto terzi che presta prevalentemente a vantaggio di soggetti pubblici e privati nonché dei numerosi autori desiderosi di sottoporre al giudizio di esperti qualificati i loro testi. La Stylos editrice, pertanto, tra i vari servizi editoriali che mette a disposizione dei propri clienti, annovera anche la valutazione di testi, l’editing, la redazione, la correzione bozze nonché l’elaborazione di indici vari (indici ragionati, analitici, tematici, cronologici, dei nomi, dei luoghi, delle date, ecc.). La Stylos editrice, infine, nel gennaio 2011 ha avviato una filiale operativa a Chieri, in provincia di Torino, e, nel luglio 2012, ha inaugurato un’ulteriore filiale operativa a Trofarello, sempre in provincia di Torino, trasferita, a fine 2014, a Chieri.

LA STYLOS EDITRICE CI SARÀ, CON I SUOI LIBRI, IN PARTICOLARE CON L'ULTIMO VOLUME PUBBLICATO, LA SILLOGE POETICA DI PAOLA...
29/06/2022

LA STYLOS EDITRICE CI SARÀ, CON I SUOI LIBRI, IN PARTICOLARE CON L'ULTIMO VOLUME PUBBLICATO, LA SILLOGE POETICA DI PAOLA MARIA BEVILACQUA, "LA FELICITÀ NON È PER SEMPRE".
PARTECIPATE NUMEROSI!!!!

Per acquistare la prima silloge poetica di Paola Maria Bevilacqua, inviate un e-mail all'indirizzo editricestylos@virgil...
20/05/2022

Per acquistare la prima silloge poetica di Paola Maria Bevilacqua, inviate un e-mail all'indirizzo [email protected], con i vostri dati completi (nome, cognome, indirizzo, codice fiscale). Riceverete il libro direttamente a casa vostra.
Buona lettura!!

07/05/2022
03/05/2022

La Stylos editrice di Aosta è lieta di comunicare che venerdì 13 maggio 2022, alle ore 18.00, presso l'auditorium della Biblioteca regionale di Aosta, si terrà la presentazione della silloge poetica di Paola Maria Bevilacqua intitolata "La felicità non è per sempre".

Interverrà l'Autrice.

Modera il dibattito: Sabrina Brunodet, Direttrice editoriale

Ingresso libero.

Si riportano, qui di seguito, la biografia dell'Autrice e la prefazione alla silloge del poeta Umberto Druschovic.

BIOGRAFIA

Paola Maria Bevilacqua è nata a Milano il 25 gennaio 1963 e vive nel canavese.

Giornalista pubblicista freelance, è un'animalista e un'ambientalista.

In gioventù ha praticato con successo il tennistavolo: in questa disciplina sportiva ha gareggiato come atleta della Nazionale del Comitato Italiano Paralimpico e ha scalato le classifiche nazionali ed internazionali fino a ricoprire il numero due del ranking mondiale.

In ambito letterario, ha all'attivo la pubblicazione di alcune liriche nella rivista "Viaggi di-versi" edita dalle Pagine e di un romanzo fantasy, recentemente dato alle stampe per i tipi della PAV edizioni, dal titolo "Tra luce e buio".

PREFAZIONE

“Oh, le parole prigioniere / che battono, battono furiosamente / alla porta dell’anima…”. Questi versi della grande poetessa Antonia Pozzi, estrapolati dalla splendida e, al contempo, angosciante lirica “La porta che si chiude” del 1931 possono, forse, fungere da esergo, da viatico, per aiutarci a interpretare questa prima raccolta di poesie di Paola Maria Bevilacqua. Un esordio poetico, questo, che si allontana da ogni schema ortografico e sintattico precostituito, esula dai canoni classici, financo dalle più recenti avanguardie, e presta il fianco a quel filone che taluni definirebbero “postmoderno”, avviato negli ultimi anni ’90 e proseguito ai primi del nuovo millennio, che trova ancora oggi nuovo ossigeno in alcune frange letterarie. Un filone che, affrancandosi da ogni regola, predilige un versificare breve, brevissimo, estremamente conciso, spesso anche ermetico, decisamente chiuso. Qui il germe semantico è lo stato d’animo interiore che l’autrice descrive senza fraseggi o lirismi. Ogni verso è un pensiero, o meglio, una stilettata, un colpo di fioretto che penetra nelle carni di chi legge. Ad ogni affondo la lama subito si ritrae, pronta a colpire nuovamente, e con altra angolatura, al verso successivo. La parola è sempre dura, tagliente, financo caustica nei confronti, così pare, di ogni aspetto dell’esistenza. O quasi. La linfa, l’essenza profonda emergono in una sequenza fatta di “attimi” – come recita la poesia d’esordio – di spezzoni emotivi che quasi mai seguono un filo logico narrativo o un sentiero facilmente percorribile. La sostanza c’è, eccome, ma risulta priva di tessuto connettivo. A un sentimento, a un’emozione, a una riflessione ne segue subito un’altra apparentemente slegata dalla precedente. La scrittura è volutamente sincopata, di continuo strozzata in un incedere complessivamente criptico. Una scelta stilistica che, va detto, in molti casi disorienta il lettore e lo induce ad una rilettura attenta, alla ricerca di collegamenti e di indizi nelle poesie precedenti o successive. I temi e gli argomenti cambiano sovente all’interno della stessa poesia. Arduo, pertanto, ma stimolante, il compito di chi legge, che la Bevilacqua pare voglia assegnargli. Sotto tale luce il dettato poetico risulta essenzialmente, ma riteniamo anche volutamente, episodico e frammentato. Anche i titoli, in prevalenza monolessemici, riflettono tale stesura. Tecnicamente non si ravvisa la ricerca di schemi sintattici, di sistemi metrici, di rime o assonanze; quasi assente, se non all’inizio, la partizione in strofe. Pregevoli risultano le numerose sinestesie che, unite ad alcune metafore, sostengono e colorano l’ordito narrativo. La significazione semantica spazia su più angolature. La vita, nel suo insieme, appare come fiamma di candela, “vittima al passaggio del tempo” a cui “le favole non appartengono più”; solo le stelle, “gioielli lontani”, allietano lo spirito. Lo scorrere dei giorni risulta permeato di “fiori senza profumo e colori senza anima”, laddove tutti i pensieri “pesano sul cuore”. Ogni cosa appare come “schiuma di salsedine sul viso” che, per la Bevilacqua a volte dona piacere ma sovente brucia. Alcuni versi lasciano i lettori sgomenti e riflettono un grido angosciante della scrittrice, come ad esempio “poteva essere vita / invece è solo disgusto”. Lei stessa si definisce “anima travagliata” che conosce“le poesie di un cuore che sanguina”. Prevale su ogni cosa un senso di inquietudine, di amarezza, di acida disillusione verso gli accadimenti della vita in cui “farine poco raffinate / graffiano l’umano palato”; a nulla vale l’anelito a “pace, serenità e solitudine”. L’autrice rifugge da “le lotte e le realtà del quotidiano”. “Granelli sul cuore graffiano la mia essenza” è la sua amara constatazione, per cui ogni pensiero si annulla in “una musica funebre”. Solo la natura pare consolarla, in quanto “Madre sovrana”. Tuttavia, rimane sempre la speranza, “dispensa di viveri per l’inverno dell’anima”. E, in soccorso, giunge anche l’amore in cui consolano i ricordi di “baci scambiati e carezze regalate” e i cui giorni erano segnati da “voli di gabbiano/ e risacca d’onde spumeggianti”. È lei stessa a dirci che “travolta da onde di te/ sono gioia infinita”. La passione si condensa ne “la tua pelle scaldata che profuma di vita”. Ma l’amore può anche trasformarsi in delusione, per un “noi che non fa rima con futuro” e tutto diventa un “urlo di donna nella notte” o anche “pianto a dirotto e pugni all’infinito”. E’ l’impermanenza dell’amore. E’ la vita che si fa, la vita che si disfa. Nulla è definitivo nello scorrere dei giorni. Gioia e dolore si alternano, come il buio e la luce, come il pianto e il sorriso. Una sola cosa pare certa e sicura; ce la confida la Bevilacqua in quel verso che diventa aforisma, quasi una sentenza tanto da assurgere a titolo della silloge: “La Felicità non è per sempre”.

Umberto Druschovic

15/06/2021

DA LEGGERE. FINO ALLA FINE 😍😍😍😍😍


Sono quasi arrivato in ufficio quando sento il telefono squillare.
Irene Cell.
Cavolo, l'ho lasciata a scuola dieci minuti fa, penso a uno sciopero improvviso, una chiusura straordinaria, altalene che si sono appena rotte, a possibili tsunami, apocalissi incombenti, satelliti in rotta di collisione, la fine della realtà così come la conosciamo.
Ansioso?
No, perchè?
Non avevo collegato l'auricolare, quindi lascio momentaneamente alla guida Nostro Signore, e la sua tendenza a sovrasterzare, e rispondo.
"Tesoro, tutto bene?"
Una voce decisamente diversa dalla mia piccolina.
"Sono la dirigente scolastica della scuola di sua figlia" - pausa lunga quanto il passaggio dall'usare ossa di parenti come pettini fino alla scomparsa del Don Bairo, poi riprende - "prima di chiamarmi tesoro, almeno mi inviti a cena."
Trattengo legioni di va******lo ma mi calmo all'istante.
"Ci sto, però paga lei con i soldi ottenuti dal furto del cellulare di mia figlia. Immagino vada tutto bene, perchè mi chiama, Irene ha dimenticato qualcosa?"
"No, anzitutto non si preoccupi, va tutto benissimo, Irene è qui vicino a me, avrei bisogno di parlarle. Con una certa urgenza."

Occacchio.
Preside.
Certa urgenza.
Sono fottuto.
Uh.
Stavolta sto dall'altra parte del cazziatone, ok, posso affrontarlo.

Chiamo per avvertire del ritardo e torno indietro.
Con la spavalderia di quello che ha visto più uffici del preside che supermercati, busso ed entro.
Scena.
Una signora con capelli raccolti a crocchia, maglione grigio Eternit su gonna nera Era Una Così Brava Persona, occhiali dalla montatura rosa e diamantati, sciarpa con più colori di quanti un uomo possa mai conoscerne. Rughe come piovessero, ma nei punti giusti, in quelli dove riconosci una bella vita.
Irene è seduta davanti alla scrivania, non si volta verso di me, non ha lo sguardo basso. Tre stagioni di Lie To Me non possono mentire, il suo corpo sta dicendo
"Ho fottutamente ragione io."
Tutto questo dura pochi attimi, interrotti dal mio porgerle la mano sorridendo.
"Salve, sono il papà di Irene, cosa è successo?"

A pagina 3 del manuale della Brava Preside c'è il capitolo "Abbassare gli occhiali quel tanto da ottenere uno sguardo deciso", quindi parla.
"Preferirei lo raccontasse lei."
Ok, ci sto. Se ha sbagliato, giusto che paghi, se ha ragione, tutto finirà uscendo da quella porta, giochiamo secondo le tue regole.
La guardo e chiedo di iniziare. lo fa.
Non vedeva l'ora. E' incazzata come quando una bimba avanti a lei di un solo passo le fregò l'ultimo Rarity in offerta.
"Dopo che sei andato via" - parte a razzo - "non hanno aperto subito il cancello, sono rimasta fuori a chiacchierare con le altre. Quando ha suonato, c'è stata la solita corsa per entrare" - guarda la signora - "come se la scuola dovesse scappare da un momento all'altro o avessero messo un numero chiuso. Comunque, aspetto che i lemmings si ammazzino per entrare per primi e, intanto, faccio come te, mi guardo intorno" - adesso guarda me - "hai presente i due papà di quel ragazzino di terza?"

Li ho presenti sì.
La dimostrazione di come, anche quando pensi di essere bravissimo a nasconderti o a non far capire nulla, ti stai solo illudendo. Ogni mattina fanno una tenerezza infinita nel cercare di non far vedere cosa ci sia tra loro, più uno che l'altro. Una mano che sfiora l'altra per un attimo, il movimento della testa che vorrebbe poggiarsi su una spalla ma si ferma in tempo, la distanza tra due fianchi quasi inesistente, un abbraccio senza cingersi.
E come si guardano quando il ragazzino sparisce dentro il portone.
Certo che li ho presenti.
Metà delle mamme li invidiano ricordando quella passione.

"Sì, certo, che è successo?"
"Ecco, di solito vanno via insieme, oggi erano con due macchine, uno dei due, per salutare l'altro, lo ha baciato."
"Quindi?"
"Niente, erano bellissimi, ho alzato un pollice sorridendo."
"Non capisco ancora."
"Mentre entravo, sono passata vicino a una signora" - adesso la voce cambia e diventa ringhiante - "che li ha chiamati con una br**ta parola" - punta un dito verso la preside - "che non ripeterò! Nemmeno adesso! Siete i grandi, avete sicuramente capito quale. Dicevo, questa signora dice che sono degli schifosi" - pausa - "parolaccia, e gli dovrebbe essere impedito di mostrarsi davanti alle scuole."
"E tu?" - ma già intuivo.
"Io mi sono fermata e le ho urlato una br**ta cosa..." - adesso abbassa la testa.
Guardo la preside.
"Cosa ha detto?"
"Ha detto che se ci fosse una legge così stupida la prima a dover essere cacciata sarebbe lei e la sua faccia da st***za."

Evita di sorridere!
Pensa a Jar Jar. Ricorda le umiliazioni da bambino. Pensa alla Bombazzi che la faceva girare come fosse allenata da Guardiola ma a te non è arrivata mai, pensa a come ti hanno trattato da Leonix.
Non basta, sto sorridendo. E lo faccio orgoglioso.
Riprendiamo in mano la situazione, sono dentro un ufficio e sono stato richiamato per questo.
Serio.
Molto serio.
Dannatamente serio, direi anche incazzato.
Raduno a me le legioni infernali e parlo.
"Senta, non venga a dirmi che sarà punita per questo perchè..."
Non arrivo nemmeno alla e di Senta. la preside ha un sorriso migliore, o peggiore, del mio.
"Non ci penso nemmeno. La signora ha, come può immaginare, alzato un putiferio prendendosela con Irene, spalleggiata da alcune amiche presenti, sarà contento di sapere che loro erano quattro e le persone dalla parte di sua figlia tutto il piazzale" - mano sul petto - "me compresa. Mi perdoni se l'ho fatta preoccupare, dovevo solo far vedere di aver fatto qualcosa per la parolaccia, tutto qui."
Mi tende la mano. E' calda. la stringo e mi trovo anche l'altra a circondare la mia.
"Sia fiero di lei."

Lo sono.

Usciamo dall'ufficio. Lei con il suo zainetto, io col mio.
"Sei arrabbiato per la parolaccia?"
"Sì, ti avrei preferito più creativa. St***za è banale, su."
"Ero arrabbiata... davvero non ce l'hai con me?"
La guardo negli occhi e vedo la donna che sta diventando.
Mondo, ti sto consegnando una ragazza che non meriti.
"Irene, hai fatto benissimo, non bene, benissimo. I signori che hanno detto?"
"Nulla, sono andati via."
"Spero solo stiano bene."
"Papo, non potevo ignorare... la signora è stata davvero cattiva e ho visto le altre dire di sì alle sue cattiverie..."
"Irene, come dice la canzone, chi sei tu?"
"Un gatto."
"E un gatto...?"
"Padroni non ne ha."
"Tranne mamma. Fila in classe, forza."

E sorride.
E con lei il mondo.

Irene ha 12 anni.
Lo ha capito lei.
Non ci vuole molto, su.

(Dal web)

05/10/2020

E’ morta a 77 anni la presidente nazionale dell’Anpi Carla Nespolo. Prima donna a ricoprire l’incarico e la prima a non aver partecipato alla guerra di Resistenza, era arrivata alla guida dell’Associazione nazionale partigiani nel novembre 2017 succedendo a Carlo Smuraglia. “Con immenso do...

13/03/2020

Buongiorno a tutt* 😘😘😘😘😘
05/07/2019

Buongiorno a tutt* 😘😘😘😘😘

Buongiorno 😘😘😘😘😘
01/07/2019

Buongiorno 😘😘😘😘😘

Buona domenica 😍😍😍😍😍
30/06/2019

Buona domenica 😍😍😍😍😍

Tramonti marittimi... 😍😍😍😍😍
27/06/2019

Tramonti marittimi... 😍😍😍😍😍

Indirizzo

Piazza Emile Chanoux, 30/c
Aosta
11100

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