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Cronache della Sera Cronache della Sera: il "piccolo" quotidiano che sogna di diventare grande
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Immaginate solo per un attimo se qualcun altro in Italia si fosse azzardato a proporre una modifica di legge elettorale ...
30/10/2024

Immaginate solo per un attimo se qualcun altro in Italia si fosse azzardato a proporre una modifica di legge elettorale per rimanere in campo. Apriti cielo, saremmo stati inondati da dichiarazioni, dirette social, sorrisini e battutine. Ed invece Vincenzo De Luca può. E non se ne comprende onestamente il motivo. Proprio lui che non perde occasione per invocare rispetto democratico, rigore delle regole. Stavolta può e vuole farlo. Costi quel che costi. Eppure la regola c’è: due mandati e via. Fosse anche per colui che ha portato pace, libertà ed economia. La Campania sta facendo di tutto, con la complicità delle forze politiche, per strappare ogni regola, per instaurare principi particolari e pericolosi per il prosieguo. Diciamo inediti. «Il pallone è mio e non si gioca più», per intenderci. E se così fosse perchè un sindaco che si reputa bravo non potrebbe forzare l’incandidabilità e candidarsi in Consiglio regionale, o peggio ancora restare alla guida del suo paese vita natural durante. Altro che sorrisi e battute, qui c’è da piangere. E sono tutti complici. Si vocifera, infatti, che alla fine tutti alzeranno la mano, come sempre.

Franco Alfieri torna nella sua casa di Torchiara. Al sindaco e presidente della provincia di Salerno (sospeso) sono stat...
30/10/2024

Franco Alfieri torna nella sua casa di Torchiara. Al sindaco e presidente della provincia di Salerno (sospeso) sono stati concessi gli arresti domiciliari, dopo l’udienza di Riesame. Nulla cambia per gli altri indagati che resteranno ai domiciliari, in attesa, semmai, di un nuovo ricorso che potrà essere presentato in Cassazione. L’impianto accusatorio regge, in sostanza, davanti al tribunale del Riesame che, sostanzialmente, ha legittimato la competenza della Procura di Salerno, così come l’utilizzo delle intercettazione facendo ve**re meno, in pratica, alcune esigenze cautelari per le quali Alfieri era stato inizialmente tradotto in carcere. D’altronde in queste ultime tre settimane di nuove carte ne sono state acquisite tantissime. Tanto a Capaccio Paestum, quanto in Provincia di Salerno e nei comuni di Battipaglia e Novi Velia. Così come diverse sono state le persone ascoltate in Procura. Un intenso lavoro investigativo che ancora conduce la Guardia di Finanza. Resta tutto da chiarire anche il filone che ha toccato il consigliere regionale Luca Cascone, oltre che il dirigente della Provincia di Salerno, Angelo Michele Lizio.
Fin qui, l’aspetto giudiziario sta facendo il suo corso in tutte le sue sfaccettature. Resta in piedi l’aspetto prettamente politico. La sospensione di Alfieri, fino a quando non cadranno tutte le misure cautelari, resterà in piedi. Quindi dal vertice di Palazzo di Città a Capaccio Paestum e dalla provincia di Salerno. E i tempi potrebbero non essere brevi se non arriveranno elementi utili alla scarcerazione o al prosieguo delle indagini. Insomma, al di là dell’eventuale ricorso in Cassazione, potrebbero anche passare dei mesi in attesa della conclusione delle indagini. Un tempo lunghissimo per le istituzioni che già soffrono tra preoccupazione e indecisione da più di tre settimane. Non fosse altro che sia Comune di Capaccio Paestum che Palazzo Sant’Agostino sono enti attenzionati dalla Procura della Repubblica nell’ambito dell’inchiesta in corso. Il pressing sulle dimissioni di Alfieri resta, soprattutto da parte del Partito democratico salernitano che vorrebbe in un senso o nell’altro chiudere la partita della Provincia, anche in vista dei prossimi appuntamenti elettorali, evitando così anche fuoco amico o fibrillazioni interne, considerati anche i tempi che corrono e lo scontro acceso tra De Luca e il Nazareno. Il tempo potrebbe essere indispensabile per evitare strappi o cambi di posizione o correnti. Sul fronte centrodestra, invece, nulla si muove, in attesa delle decisioni della magistratura. Sostanzialmente, da Capaccio a Salerno, la battaglia politica non ha portato grossi risultati e le dimissioni di Alfieri, paradossalmente, potrebbero essere motivo di indecisione o, addirittura, di frammentazione interna ai partiti della coalizione di centrodestra che qui a Salerno, ma anche in Campania, non navigano sempre nella stessa direzione. E, in tutto ciò, la partita per le Regionali potrebbe ancor di più complicare ogni passaggio e ogni indicazione. Insomma, se la giustizia farà il suo corso, come sempre, resta il nodo politico tutto da sciogliere e risolvere. In fondo, con una classe politica diversa probabilmente questo sistema, o sistemi (che sono in tutto e per tutto politici), non avrebbero motivo di esistere. O sarebbero, comunque, stati debellati dopo un paio d’anni. Ed invece, qui in questa terra, resistono più dei sistemi totalitari.

Non so se l'alluvione di 70 anni fa o le successive abbiano insegnato qualcosa. Credo di no, considerato che la mano del...
27/10/2024

Non so se l'alluvione di 70 anni fa o le successive abbiano insegnato qualcosa. Credo di no, considerato che la mano dell'uomo (altro che cambiamento climatico) è stata sempre più pesante. So invece che esiste un territorio sempre più consumato, devastato.

Fiumi deviati, tombati, montagne bucate e progetti che verranno e che solo la presentazione fa preoccupare. Opere pubbliche che vengono realizzati sempre più con materiali scarsi, che hanno una vita breve. Un territorio sempre più fragile, senza attenzione, cura e manutenzione, con amministrazioni sempre più distratte in altro. D'altronde la manutenzione non porta voti. Ma, possiamo aggiungere, può salvare vite.

Mesi fa ci ha appassionato il braccio di ferro tra De Luca e il governo sui fondi di sviluppo e coesione. Quelli che praticamente l'Europa vorrebbe che fossero utilizzati per interventi strutturali, per la salvaguardia e il benessere del territorio. Ed invece qui sono stati utilizzati per altro. Ad esempio per pagare il concerto dei Pooh in piazza della Libertà, solo per citarne uno. O quelli che saranno utilizzati per le Luci a Salerno, con buona pace della Iren che a Torino (quasi a loro spese) ha già acceso quelle vere.

Infine il sistema delle allerte. Giallo, arancione, rosso. Un sistema che ha praticamente sostituito gli uffici tecnici e di manutenzione dei territorio. Un sistema che è servito e serve per pulirsi solo la coscienza.

di Luigi Galdi d’ Aragona**Ufficio Legislativo del Presidente Giunta regionale dal luglio 2006 al dicembre 2022 - Gentil...
27/10/2024

di Luigi Galdi d’ Aragona*
*Ufficio Legislativo del Presidente Giunta regionale dal luglio 2006 al dicembre 2022 -

Gentile Direttore leggo su L’Ora del 25 ottobre il servizio di Luca Restaino che reca, a mio avviso, alcune imprecisioni. Viene affermato che in Veneto vi è stata una legge regionale che ha consentito il terzo mandato perché ha recepito, in costanza di mandato di Zaia, la legge 165 posticipando il divieto ai successivi governi regionali e che detta legge non è stata impugnata. Non è proprio così. Il divieto di terzo mandato, come è noto, è posto dalla legge 165 che, entrata in vigore nel 2004, ha attuato la riforma Costituzionale del 1999 individuandone i principi fondamentali fra cui il divieto di terzo mandato. La riforma del 1999 richiedeva alle Regioni di scegliere, con l’ approvazione di un nuovo Statuto, la forma di governo, ossia scegliere se il loro Presidente doveva essere eletto direttamente dagli elettori ( forma cd. presidenziale) o dalla maggioranza dei consiglieri in seno ai diversi Consigli regionali ( forma cd. assembleare). Nel caso della forma diretta la legge 165, entrata in vigore nel 2004, ha previsto il divieto di terzo mandato. La prima domanda da farsi è da quando decorre il divieto posto dalla legge 165. A questa domanda, per i principi generali del diritto, non può che rispondersi che il divieto è valso e varrà per le elezioni regionali che si sono tenute e che si terranno dopo la scelta della forma di governo, ossia dopo l’approvazione dei singoli Statuti. Quando il Veneto ha adottato lo Statuto che ha scelto la forma di governo di elezione diretta con conseguente imposizione del divieto di terzo mandato era il 2012 e Zaia era al primo mandato, il divieto quindi non avrebbe potuto valere che per le elezioni successive ossia del 2015 e 2020 ed è per questo che oggi Zaia non può essere rieletto per la terza volta intendosi questa quella terza volta successiva alla approvazione dello Statuto del 2012. Lo stesso è accaduto in Lombardia. Nel 2008, quando la Lombardia approva lo Statuto che prevede l’elezione diretta, Formigoni è al terzo mandato, il divieto posto dalla 165 sarebbe anche qui entrato in vigore solo per i mandati successivi, poi la sua esperienza si concluderà nel 2013 candidandosi ed essendo eletto una ultima volta nel 2010. A questo punto giova una considerazione. La prima stagione statutaria agli albori delle Regioni si è conclusa nel 1971 con l’approvazione con Legge del Parlamento italiano dei singoli statuti. Per le Regioni ordinarie gli Statuti, con piccoli distinguo, affermavano una forma di governo assembleare, ossia il Presidente di Regione eletto in seno al Consiglio dalla maggioranza dei consiglieri. Questa previsione è stata nel corso del tempo attenuata dalle diverse leggi elettorali regionali- si pensi alla Campania, indicazione del capo della coalizione, futuro Presidente, con premio di maggioranza - che non hanno però mutato le forme di governo regionali che rimanevano sostanzialmente e formalmente assembleari. Solo la successiva stagione statutaria prevista dalla riforma del 1999 avrebbe introdotto l’elezione diretta con una valenza non dichiarativa di un mutamento già esistente ma costitutiva della nuova forma di governo. Il presidenzialismo regionale veniva quindi introdotto dai nuovi Statuti e dal tempo della loro approvazione sarebbe poi decorso il divieto di terzo mandato nel rispetto del principio della legge nel tempo che non può che valere per il futuro. La legge della Regione Veneto, come altre poche leggi analoghe, ha evidenziato nulla altro che il principio della legge che dispone per l’avve**re- approvato lo Statuto il divieto non sarebbe che potuto valere per i governi successivi, sottolineando in tal modo quanto gia accaduto nella vicina Lombardia. In verità si potrebbe anche discutere della efficacia di tali ed analoghe leggi che non prevedendo alcuna nuova regola non hanno valenza innovativa limitandosi a tradurre il principio esistente che ogni legge non può che valere per l’ avve**re e con esso il divieto di terzo mandato dopo l’approvazione dei singoli Statuti. Per altro aspetto, qualora si voglia in ogni caso attribuirgli un senso, la legge in Veneto, al pari di ogni altra simile legge, costituirebbe al più una norma transitoria di prima applicazione ed è questo uno degli ulteriori motivi per cui una legge regionale che consentisse oggi in Campania, dopo 15 anni in cui lo Statuto approvato nel 2009 ha trovato applicazione, la possibilità di un terzo mandato sarebbe illegittima, a tacere della sua inefficacia. In verità, in Campania, solo Bassolino, che all’ entrata in vigore del nuovo Statuto era al suo secondo mandato assembleare, l’avrebbe potuta legittimamente approvare chiarendo e sottolineando ciò che già era chiaro e immanente nell’ordinamento regionale ossia che il divieto sarebbe valso solo per il futuro potendo così governare, se eletto, sino al 2020. Concludendo, affermare che leggi regionali abbiano consentito ai Presidenti di Veneto e Lombardia un terzo mandato non risponde a verità e non rispetta l’ordinamento. In Veneto e Lombardia non vi è stata alcuna violazione o deroga al principio fondamentale di divieto del terzo mandato fondata su di una legge regionale che quel principio ha recepito ma solo l’applicazione di una verità fondamentale ossia che la legge vale per l’avve**re che in questi casi si identifica nel giorno successivo alla approvazione dei nuovi Statuti in attuazione della riforma del 1999. Se così non fosse, ossia se fosse la legge regionale a dovere determinare la decorrenza del divieto di terzo mandato facendolo poi discendere da una legge che sopravviene dopo 15 anni e che quel divieto recepisce, non solo verrebbe travolta la piramide ordinamentale e il rapporto fra le fonti, Costituzione, principi fondamentali attuativi della norma Costituzionale e legge regionale, ma si consentirebbe a quest' ultima di incidere sui diritti fondamentali civili e politici di ognuno di noi ed a nulla varrebbe attrarre l’intervento regionale alla potestà concorrente. Non si discute dell’elezione o meno di un governatore per la seconda, terza o quarta volta, ma di cosa voglia significare per il nostro ordinamento, il nostro contratto sociale, la nostra Costituzione, essere cittadini, elettori, politici, governanti, nel rispetto di regole così profondamente connesse con il nostro vivere sociale che non possono certamente dipendere dalla volontà di singole Regioni qualora a queste venisse riferito illegittimamente il potere di derogare ai principi fondamentali della nostra comunità.

Senza nulla togliere alla vetrina internazionale del Festival qualcosa nel tempo ha insospettito. Non ci giriamoci intor...
26/10/2024

Senza nulla togliere alla vetrina internazionale del Festival qualcosa nel tempo ha insospettito. Non ci giriamoci intorno. Una gestione manageriale, a tratti (quasi tutti) privata e familiare che nel pubblico ha i suoi benefici in termini economici, anche nelle perdite, come è nel caso della Fondazione che a quanto pare avrebbe qualche saldo negativo nel suo bilancio. Un struttura mastodontica che si mantiene in piedi tutto l'anno e che non vive, certamente, in povertà. Con tanto di discendenza - tanto cara da queste parti - familiare.

Fondi pubblici, soprattutto. Per il GFF una valanga. Quelli hanno preoccupato Gubitosi quest'anno che si è agganciato al treno politico fatto da partire da Vincenzo De Luca, con il quale, un sorta di rapporto di ‘amore e odio’ si mescola ad ogni edizione. Per poi, a Festival concluso, accusare l'allora ministro Sangiuliano con tanto di protesta romana.

Questa provincia è piena di manager privati con soldi pubblici. Che decidono cosa fare, a chi chiamare (senza gare e procedure) con i soldi di tutti noi. Vere e proprie clientele, superando ogni pubblica procedura. Sarebbe bello per un anno misurare le proprie forze senza contributi pubblici. Vale per Gubitosi ma per tanti altri che abbondano dalle nostre parti.

L’ennesimo e forse ultimo braccio di ferro di Vincenzo De Luca passa attraverso la sua ricandidatura. Una prova di forza...
25/10/2024

L’ennesimo e forse ultimo braccio di ferro di Vincenzo De Luca passa attraverso la sua ricandidatura. Una prova di forza per ora utile a serrare le fila, trattare e assicurarsi il futuro politico. Per lui e soprattutto per il figlio deputato Piero De Luca che allo stato non godrebbe di nessun salvagente. La forzatura sul ‘terzo mandato’ è il segno che da qui ad un anno il Nazareno dovrà offrire le giuste rassicurazioni politiche. Ma la prima mossa va giocata subito, così come annunciato nel corso dell’ultimo vertice di maggioranza a Palazzo Santa Lucia. L’operazione è semplice e non dovrebbe avere troppe ripercussioni. De Luca vuole recepire la legge del 2004 che di fatto cambia il «calendario dei mandati», azzerandone almeno uno e consentendone un terzo. Per ora senza cambiare l’assetto della legge elettorale che porterebbe fibrillazioni nella sua stessa maggioranza. D’altronde già nel corso dell’ultimo vertice c’è chi ha mosso dubbi sulle procedure, sui possibili ricorsi e conseguenze, oltre ad un ‘contenzioso’ politico che si aprirebbe con il Partito democratico nazionale che in più occasioni in queste ultime settimane ha ufficialmente sbarrato la strada a De Luca per la terza volta verso Palazzo Santa Lucia. Tra i dubbiosi c’è Mario Casillo, asse portante del Pd napoletano, che ha già perso diversi pezzi nell’area partenopea. La mediazione di Casillo al momento non avrebbe sortito effetti e resterebbe congelata in attesa di chiarimenti con Elly Schlein. Da lì in poi ci sarebbe la vera conta.

Ma sulla ricandidatura di De Luca qualche problema interpretativo non mancherebbe. Anzi una norma inserita nel testo della legge elettorale della Campania di fatto sancirebbe anche il limite dei mandati, rifacendosi alla norma nazionale. Testualmente si legge: « La legge 27 marzo 2009, n. 4, la quale, nel confermare l’elezione diretta, dispone all’art. 1,
co.3, nell’ambito dei principi della legge, che “Si applicano, inoltre, in quanto compatibili con la presente
legge, le altre disposizioni statali o regionali, anche di natura regolamentare, vigenti in materia”». Altre disposizioni statali e di natura regolamentare che, tradotto, potrebbero portare direttamente a ciò che la legge impone: ossia il limite di due mandati. Una legge elettorale che fu riscritta ai tempi della presidenza di Antonio Bassolino. In più il provvedimento che il governatore da qui al 5 novembre vorrebbe portare in aula potrebbe aprire enormi contenziosi. Con la spada di Damocle di una impugnativa da parte della presidenza del Consiglio dei Ministri o peggio ancora di un ricorso all’atto dell’eventuale candidatura, con tutte le conseguenze del caso. Per De Luca ma anche per chi lo sosterrà e si candiderà nelle sue liste.

Nel mentre il bilancio di Salerno varia per la 13esima volta nel corso di questo esercizio finanziario, a Palazzo di Cit...
24/10/2024

Nel mentre il bilancio di Salerno varia per la 13esima volta nel corso di questo esercizio finanziario, a Palazzo di Città arrivano gli ispettori del Ministero. Una verifica sul piano presentato dall’allora assessore al bilancio Paola Adinolfi, nell’ambito del “Salva Città”, e sugli ultimi bilanci per valutarne l’andamento. Piano di rientro che punterebbe tutto sulla vendita di aree comunali. Al momento pare che si sia concretizzata solo quella dell'area dell'ex Cementificio con l'acquisto di due lotti da parte di una società riconducibile a Chechile per la costruzione di un nuovo complesso alberghiero. Gli ispettori del Mef avrebbero, quindi, acquisito tutte le informazioni e, nel breve periodo, potrebbero presentare la loro relazione. L’ispezione, secondo prime indiscrezioni, si sarebbe concentrata in particolare sui tempi di pagamento. Un indicatore che sembrerebbe negativo per il Comune di Salerno. Verifiche che giungerebbero nell’anno nero del bilancio di Palazzo Guerra, più volte variato e finito anche al centro di polemiche per errori sollevati in Consiglio comunale (in particolare dal capogruppo di Forza Italia, Roberto Celano), poi rettificati. Atti che, al di là dell’ispezione, sarebbero già stati trasmessi anche alla Corte dei Conti, insieme ai pareri dei revisori dei conti. Il 16 ottobre un nuovo atto da parte della giunta e dell’assessore al bilancio Eva Avossa (subentrata ad Adinolfi dopo l’ultimo rimpasto) costretta all’ennesima variazione che ora dovrà passare al vaglio del Consiglio comunale, la cui seduta potrebbe tenersi all’inizio del prossimo mese. Inoltre, sui conti di Palazzo di Città pesano anche quelli del Consorzio Famaceutico per il quale sempre Celano ha evidenziato criticità contabili. Si stima una possibile perdita di undici milioni che, inesorabilmente, metterebbe a rischio anche le già precarie casse del comune di Salerno.

...Prendiamo atto della nota dei gruppi di maggioranza che compongono l’amministrazione comunale del sindaco Francese di...
24/10/2024

...Prendiamo atto della nota dei gruppi di maggioranza che compongono l’amministrazione comunale del sindaco Francese di Battipaglia, così come possiamo comprendere la preoccupazione degli uffici comunali che, loro malgrado, si trovano al centro di una inchiesta giudiziaria dai contorni ancora tutti da chiarire e con protagonisti di peso della vita politica e amministrativa della provincia di Salerno. Il Comune di Battipaglia si trova al centro della vicenda, pur senza indagati, ma con una mole di documenti che la Guardia di Finanza ha acquisito da gennaio scorso a qualche giorno fa. È a Battipaglia che si è verificato il subappalto all’Alfieri Impianti che, secondo la Procura di Salerno, è il prezzo delle commesse che Franco Alfieri ha ‘concesso’ alla Dervit che è la stessa ditta che ha utilizzato l’impresa di famiglia del sindaco di Capaccio per alcuni lavori sul territorio battipagliese. Quello che è stato pubblicato su queste colonne non è altro che un iter certo e ufficiale seguito dal Comune di Battipaglia. Non c’è fango, non ci sono illazioni, non c’è nessun attacco agli uffici. Ci sono solo una serie di date e di atti pubblici che seguono un percorso ben specifico. Non siamo noi a tracciarlo ma delibere e determine: c’è un appalto per l’illuminazione che va alla Dervit attraverso una gara, c’è poi un affidamento di altri lavori (senza gara) che poggiano su una intesa tra Comune e Provincia e c’è una richiesta di subappalto alla Alfieri Impianti. Tutto nero su bianco e a prova di smentita siamo pronti anche (a chi vorrà) mostrare i documenti che, sostanzialmente, si trovano, come è giusto che sia, sull’albo pretorio. Ma se la magistratura farà il suo corso, ciò che viene meno, anche in questo caso, è la politica che esce allo scoperto dopo una sollecitazione degli uffici e il loro annuncio (si legge in uno degli articoli pubblicati) di dedicarsi solo all’ordinario. La difesa d’ufficio dei gruppi consiliari c’è tutta e siamo certi che i consiglieri comunali abbiano visionato tutti i documenti. Non fosse altro che sotto i riflettori c’è anche una delibera di giunta. Non fosse così la toppa sarebbe peggiore del buco. Soprattutto quando si scrive di pressione “mediatica fatta di falsità”. Ribadiamo la nostra disponibilità a leggere tutti gli atti. Quando vorranno, se e come vorranno.

Nessun accenno. Tutti zitti. Come se l’argomento non li riguardasse. L’assemblea provinciale del Partito democratico si ...
23/10/2024

Nessun accenno. Tutti zitti. Come se l’argomento non li riguardasse. L’assemblea provinciale del Partito democratico si riunisce ma sul terremoto che ha colpito Franco Alfieri nessuna parola. Trenta minuti o poco più di riunione per eleggere la commissione di garanzia e approvare il rendiconto. Per il resto si vedrà. Eppure Franco Alfieri, esponente del Partito democratico (immediatamente sospeso), oltre ad essere sindaco di Capaccio Paestum è presidente della Provincia di Salerno. Le sue dimissioni potrebbero stravolgere completamente il quadro politico. Dopo la solidarietà delle prime ore, Alfieri resta con il ‘cerino in mano’, perlopiù scaricato dai dem, o meglio dai deluchiani. Sarà lui e soltanto lui a decidere il da farsi, dunque se restare in trincea o lasciare le cariche per difendersi e, semmai, auspicare ad un alleggerimento della misura cautelare. La terza via prevede le dimissioni in blocco dei consiglieri a Capaccio Paestum, dove almeno sette già invocano l’intervento del commissario. Alla fine lo scioglimento dell’assise pestana toglierebbe tutti dall’imbarazzo e favorirebbe anche l’assist di tipo tecnico al sindaco sospeso. Le prossime ore potrebbero essere cruciali. Non fosse altro che occorre recuperare elementi utili da sottoporre al Riesame per convincere i giudici che qualche esigenza cautelare è venuta meno. La strada attualmente è in salita, in considerazione degli sviluppi della maxi inchiesta sugli appalti. Carte, documenti, testimonianze e dichiarazioni, sembra che aumentino sempre di più e toccano al momento diverse istituzioni: Capaccio, Battipaglia, Novi Velia per poi approdare in Provincia e in Consiglio regionale della Campania. Si dice che qualcosina riguardi anche Eboli dove Alfieri si è intravisto poche ore prima dell’arresto. Difficile fare un quadro delle vicende che si intersecano seppur nella loro diversità. Per ora i fatti cristallizzati sono due: gli appalti per la pubblica illuminazione a Capaccio e Battipaglia con il ruolo della Dervit e dell’Alfieri Impianti, dove si indaga per corruzione, e le opere della Provincia di Salerno (Fondovalle, sottopasso Capaccio e Aversana) pagate dalla Regione Campania per le quali è stato tirato in ballo il consigliere regionale Luca Cascone su cui pende l’ipotesi di reato di turbativa d’asta. La politica attende e i deluchiani per ora si tengono alla larga. Almeno fino a quando si conoscerà l’effettiva portata dell’inchiesta in corso della Procura di Salerno. D’altronde c’è da salvare il gruppo storico che dovrà ripresentarsi alle prossime elezioni regionali (con o senza De Luca presidente) e Alfieri ora è diventato un peso, nonostante sia stato (o è) un pezzo da 90 di un sistema politico che ha monopolizzato la provincia di Salerno.

Una delle mosse più controverse della presidenza Alfieri fu, nel giugno 2023, l’abolizione del corpo di Polizia Provinci...
22/10/2024

Una delle mosse più controverse della presidenza Alfieri fu, nel giugno 2023, l’abolizione del corpo di Polizia Provinciale. Un caso unico in Italia, che vide, al tempo, non poca contrarietà da parte non solo delle forze di opposizione, ma anche all’interno dello stesso Palazzo Sant’Agostino. Nonostante le proteste di associazioni e sindacati, però, il politico cilentano che già da alcuni mesi indossava la fascia blu fu piuttosto determinato nel ribadire la necessità dello scioglimento del corpo. Decretata con l’inserimento last minute del punto all’ordine del giorno il 26 Maggio dello scorso anno. Il tutto con non pochi dissapori anche da parte dello stesso stato maggiore del Partito Democratico che, nei giorni successivi l’assunzione di una decisione certamente impopolare, avrebbe espresso perplessità nei confronti della stessa. Così come forti dubbi furono espressi, sia in consiglio che fuori, dai rappresentanti del centrodestra, che parlarono di un ennesimo passo falso. “Mal di pancia”, però, secondo il presidente della provincia, “non ce ne sarebbero dovuti essere”. Ma più che la politica, stando alla versione di fonti informate sui fatti, avrebbe assunto la decisione in modo strettamente “personale”: un dipendente avrebbe, infatti, cercato di denunciarlo per motivi ancora tutti da chiarire. La scelta netta di Alfieri sarebbe stata, però, dettata - formalmente - dalla continuità con un decreto presidenziale risalente all’era Canfora che, tuttavia, fissava, in ottemperanza alla legge Delrio - poi giudicata un errore da molti esponenti del centrosinistra - una riduzione del 50% del personale della Polizia Provinciale. Ma non la sua “abolizione”. Motivazione, questa, ancora tutta da sostenere siccome l’ordinanza dell’ex sindaco di Sarno che guidò l’ente dal 2014 al 2018 fu, in realtà, pienamente ottemperata, con una riduzione del personale a 14 unità. La vicenda finì, tuttavia, sui banchi del Tar: il ricorso contro la soppressione del Corpo di Polizia Provinciale presentato da parte degli ex agenti fu respinto, infatti, dall’organo amministrativo nell’aprile 2024. I giudici diedero ragione alla linea del Presidente, nonostante le perplessità di alti dirigenti della provincia, su tutti di Angelo Lizio, oggi coinvolto nell’inchiesta ma che, all’epoca, sarebbe sembrato non pienamente convinto della decisione, per via delle importanti funzioni rivestite dal corpo e l’estensione della viabilità gestita dall’ente. Da indiscrezioni, secondo i ricorrenti ci sarebbero state non poche difficoltà anche in occasione della presentazione del ricorso al Consiglio di Stato: non sarebbe stato comunicato agli agenti il deposito della sentenza ed il termine per potersi rivolgere al grado più elevato della giustizia amministrativa.

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