27/10/2024
di Luigi Galdi d’ Aragona*
*Ufficio Legislativo del Presidente Giunta regionale dal luglio 2006 al dicembre 2022 -
Gentile Direttore leggo su L’Ora del 25 ottobre il servizio di Luca Restaino che reca, a mio avviso, alcune imprecisioni. Viene affermato che in Veneto vi è stata una legge regionale che ha consentito il terzo mandato perché ha recepito, in costanza di mandato di Zaia, la legge 165 posticipando il divieto ai successivi governi regionali e che detta legge non è stata impugnata. Non è proprio così. Il divieto di terzo mandato, come è noto, è posto dalla legge 165 che, entrata in vigore nel 2004, ha attuato la riforma Costituzionale del 1999 individuandone i principi fondamentali fra cui il divieto di terzo mandato. La riforma del 1999 richiedeva alle Regioni di scegliere, con l’ approvazione di un nuovo Statuto, la forma di governo, ossia scegliere se il loro Presidente doveva essere eletto direttamente dagli elettori ( forma cd. presidenziale) o dalla maggioranza dei consiglieri in seno ai diversi Consigli regionali ( forma cd. assembleare). Nel caso della forma diretta la legge 165, entrata in vigore nel 2004, ha previsto il divieto di terzo mandato. La prima domanda da farsi è da quando decorre il divieto posto dalla legge 165. A questa domanda, per i principi generali del diritto, non può che rispondersi che il divieto è valso e varrà per le elezioni regionali che si sono tenute e che si terranno dopo la scelta della forma di governo, ossia dopo l’approvazione dei singoli Statuti. Quando il Veneto ha adottato lo Statuto che ha scelto la forma di governo di elezione diretta con conseguente imposizione del divieto di terzo mandato era il 2012 e Zaia era al primo mandato, il divieto quindi non avrebbe potuto valere che per le elezioni successive ossia del 2015 e 2020 ed è per questo che oggi Zaia non può essere rieletto per la terza volta intendosi questa quella terza volta successiva alla approvazione dello Statuto del 2012. Lo stesso è accaduto in Lombardia. Nel 2008, quando la Lombardia approva lo Statuto che prevede l’elezione diretta, Formigoni è al terzo mandato, il divieto posto dalla 165 sarebbe anche qui entrato in vigore solo per i mandati successivi, poi la sua esperienza si concluderà nel 2013 candidandosi ed essendo eletto una ultima volta nel 2010. A questo punto giova una considerazione. La prima stagione statutaria agli albori delle Regioni si è conclusa nel 1971 con l’approvazione con Legge del Parlamento italiano dei singoli statuti. Per le Regioni ordinarie gli Statuti, con piccoli distinguo, affermavano una forma di governo assembleare, ossia il Presidente di Regione eletto in seno al Consiglio dalla maggioranza dei consiglieri. Questa previsione è stata nel corso del tempo attenuata dalle diverse leggi elettorali regionali- si pensi alla Campania, indicazione del capo della coalizione, futuro Presidente, con premio di maggioranza - che non hanno però mutato le forme di governo regionali che rimanevano sostanzialmente e formalmente assembleari. Solo la successiva stagione statutaria prevista dalla riforma del 1999 avrebbe introdotto l’elezione diretta con una valenza non dichiarativa di un mutamento già esistente ma costitutiva della nuova forma di governo. Il presidenzialismo regionale veniva quindi introdotto dai nuovi Statuti e dal tempo della loro approvazione sarebbe poi decorso il divieto di terzo mandato nel rispetto del principio della legge nel tempo che non può che valere per il futuro. La legge della Regione Veneto, come altre poche leggi analoghe, ha evidenziato nulla altro che il principio della legge che dispone per l’avve**re- approvato lo Statuto il divieto non sarebbe che potuto valere per i governi successivi, sottolineando in tal modo quanto gia accaduto nella vicina Lombardia. In verità si potrebbe anche discutere della efficacia di tali ed analoghe leggi che non prevedendo alcuna nuova regola non hanno valenza innovativa limitandosi a tradurre il principio esistente che ogni legge non può che valere per l’ avve**re e con esso il divieto di terzo mandato dopo l’approvazione dei singoli Statuti. Per altro aspetto, qualora si voglia in ogni caso attribuirgli un senso, la legge in Veneto, al pari di ogni altra simile legge, costituirebbe al più una norma transitoria di prima applicazione ed è questo uno degli ulteriori motivi per cui una legge regionale che consentisse oggi in Campania, dopo 15 anni in cui lo Statuto approvato nel 2009 ha trovato applicazione, la possibilità di un terzo mandato sarebbe illegittima, a tacere della sua inefficacia. In verità, in Campania, solo Bassolino, che all’ entrata in vigore del nuovo Statuto era al suo secondo mandato assembleare, l’avrebbe potuta legittimamente approvare chiarendo e sottolineando ciò che già era chiaro e immanente nell’ordinamento regionale ossia che il divieto sarebbe valso solo per il futuro potendo così governare, se eletto, sino al 2020. Concludendo, affermare che leggi regionali abbiano consentito ai Presidenti di Veneto e Lombardia un terzo mandato non risponde a verità e non rispetta l’ordinamento. In Veneto e Lombardia non vi è stata alcuna violazione o deroga al principio fondamentale di divieto del terzo mandato fondata su di una legge regionale che quel principio ha recepito ma solo l’applicazione di una verità fondamentale ossia che la legge vale per l’avve**re che in questi casi si identifica nel giorno successivo alla approvazione dei nuovi Statuti in attuazione della riforma del 1999. Se così non fosse, ossia se fosse la legge regionale a dovere determinare la decorrenza del divieto di terzo mandato facendolo poi discendere da una legge che sopravviene dopo 15 anni e che quel divieto recepisce, non solo verrebbe travolta la piramide ordinamentale e il rapporto fra le fonti, Costituzione, principi fondamentali attuativi della norma Costituzionale e legge regionale, ma si consentirebbe a quest' ultima di incidere sui diritti fondamentali civili e politici di ognuno di noi ed a nulla varrebbe attrarre l’intervento regionale alla potestà concorrente. Non si discute dell’elezione o meno di un governatore per la seconda, terza o quarta volta, ma di cosa voglia significare per il nostro ordinamento, il nostro contratto sociale, la nostra Costituzione, essere cittadini, elettori, politici, governanti, nel rispetto di regole così profondamente connesse con il nostro vivere sociale che non possono certamente dipendere dalla volontà di singole Regioni qualora a queste venisse riferito illegittimamente il potere di derogare ai principi fondamentali della nostra comunità.