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RETRO MOVIE  Cineclub Viaggio nel fantastico mondo della settima arte

Viaggio attraverso la settima arte e i suoi grandi maestri che hanno creato questa nuova forma di linguaggio per immagini e l'hanno diffusa nel mondo.

IL GIOCATTOLO (1979) diretto da Giuliano MontaldoTutta l’opera ruota attorno ad un oggetto piccolo, apparentemente insig...
02/09/2023

IL GIOCATTOLO (1979) diretto da Giuliano Montaldo

Tutta l’opera ruota attorno ad un oggetto piccolo, apparentemente insignificante. Montaldo, tuttavia, vede nella pi***la un giocattolo pericoloso, un oggetto del desiderio che alla fine dei conti non serve più come semplice difesa personale; esso diventa un effettivo strumento di perdizione. Un po’ come l’anello che Frodo, il protagonista de Il signore degli anelli, deve gettare tra le fiamme del monte Fato; sebbene sia un oggetto piccolo, finisce con l’essere un’arma non solo verso gli altri, ma anche verso sé stessi. Regista e sceneggiatori giocano su questo, riflettono sull’importanza o meno di possedere una pi***la. Allo stesso tempo Montaldo si fa beffe di quel filone machista dei poliziotteschi italiani come Milano calibro 9, Roma a mano armata o Cani arrabbiati di Mario Bava; egli mette alla berlina la virilità di guardie e ladri ponendo come protagonista il mattatore Manfredi. Quest’ultimo, sebbene il suo personaggio si sforzi (e in alcuni casi ci riesce) di essere un duro, resta pur sempre un uomo medio e molte volte anche mediocre.
Un altro elemento preso in ostaggio dalla curiosità del regista di Sacco e Vanzetti e Giordano Bruno, è il matrimonio. La famiglia tradizionale si è sfasciata, inutile cercare di rincollare i pezzi. Ada e Vittorio non hanno figli e il loro è un rapporto logoro, senza più interessi, consumato difronte alla televisione che non passa più niente di interessante o dentro grandi centri commerciali. Il consumismo è forse l’altro grande antagonista di questa pellicola, assieme al disordine sociale e anche al pensiero di un presente non più roseo ma grigio, come la fotografia del film e le musiche di Ennio Morricone."

Citazione dalla pagina "Un'Indagine Di Una Cittadina Al di Sopra Di Ogni Sospetto", tratta dall'articolo "Il giocattolo – Nino Manfredi, da mite contabile a spietato giustiziere"
a cura di Lorenzo Borzuola -26 Novembre 2021.

Link diretto alla fonte contenente l'articolo completo:
https://derzweifel.com/.../il-giocattolo-1979-film.../

IL GIOCATTOLO, di (1979)




Soggetto: Sergio Donati
Sceneggiatura: Nino Manfredi, Sergio Donati, Giuliano Montaldo
Fotografia: Ennio Guarnieri
Musiche: Ennio Morricone
Montaggio: Nino Baragli
Scenografia: Luigi Scaccianoce
Fonte scatto: https://mubi.com/it/it/films/il-giocattolo

IL SENSO DI UMBERTO ECO PER IL CINEMAIN UN'INTERVISTA DI ENRICO GHEZZIOspite di Enrico Ghezzi a "Fuori Orario", Umberto ...
05/01/2022

IL SENSO DI UMBERTO ECO PER IL CINEMA
IN UN'INTERVISTA DI ENRICO GHEZZI

Ospite di Enrico Ghezzi a "Fuori Orario", Umberto Eco racconta il suo amore per il cinema, iniziato quando era ragazzo e vedeva più di un film al giorno. Eco rivela come la sua narrativa sia stata influenzata dal cinema più che dalla letteratura e in particolare dal film "Ombre rosse".
https://www.youtube.com/watch?v=W3_WcSw2UUU

Ospite di Enrico Ghezzi a "Fuori Orario", Umberto Eco racconta il suo amore per il cinema, iniziato quando era ragazzo e vedeva più di un film al giorno. Eco...

«Nessuno esce vivo da questo pianeta»E se la presenza di spirito va scemando? L'83enne Anthony Hopkins si confronta con ...
16/08/2021

«Nessuno esce vivo da questo pianeta»
E se la presenza di spirito va scemando? L'83enne Anthony Hopkins si confronta con questa domanda in «The Father». In aprile ha vinto l'Oscar come miglior attore protagonista per il suo ritratto di un padre affetto da demenza.

Di Marlène von Arx 25.7.2021

Sir Anthony, come ha vissuto finora il periodo pandemico?

Abbastanza bene, in realtà. Ho deciso di accettare la situazione. Ho qualche anno sulle spalle, quindi non ho corso alcun rischio. Sono stato a casa a leggere, dipingere, suonare il piano. Ho lavorato senza sosta negli ultimi cinque o sei anni, quindi è stato bello avere una pausa.

Ora «The Father» è finalmente arrivanto al cinema. Il film è raccontato dalla prospettiva di un uomo anziano con demenza. Anche allo spettatore non è sempre chiaro cosa sia reale e cosa no, proprio come per il protagonista Anthony. Sperimenta anche Lei queste mescolanze di realtà e illusione nella vita reale?

Tutta la mia vita mi sembra un po' un'illusione, quindi non era un ruolo difficile per me. A volte penso: a me è successo davvero tutto questo? Ho 83 anni e mi sembra la lunga vita di qualcun altro.

Come attore deve imparare molte cose a memoria. Non ha problemi?

Sono diventato più lento, ma non sono ancora così smemorato. Ho una buona memoria per i numeri. Florian Zeller ha chiamato il personaggio «Anthony» e poi ho introdotto la vera data del mio compleanno nel dialogo nell'ufficio del dottore. Se conosco il testo, il resto è facile, il cervello subentra automaticamente e improvvisa il ruolo in modo realistico. Ma dopo un po' ho iniziato ad avere dolori agli arti e ho anche una teoria sul perché.

Perché?

Se si pensa intensamente alla vecchiaia per molto tempo e si finge di avere la demenza, a un certo punto il cervello non riesce più a distinguere tra ciò che è reale e ciò che è recitazione. Bisogna ricordare al cervello che si sta solo giocando un ruolo, e divertirsi mentre si lavora.

In che modo il tema della demenza influisce sulla sua vita?

Il padre di un amico di famiglia a Malibù ne soffriva. Pensava che l'Oceano Pacifico fosse il fiume Hudson a New York e non riconosceva nessuno. La famiglia ne ha passate tante, ma alla fine è morto serenamente. Forse l'oblio è il modo confortante della natura di spegnersi. Ma quando ho visto il film, vi ho riconosciuto in gran parte mio padre, anche se non mi sono consapevolmente ispirato a lui.

Anche suo padre soffriva di demenza?

Non soffriva di demenza, ma aveva un problema di cuore e alla fine era depresso. Sapeva essere duro e polemico e spesso si scontrava con me. Credo che si sia risentito del fatto che avevo più anni davanti a me. Col tempo ho imparato a frenare un po' questo mio lato irascibile.

Come si mantiene mentalmente in forma?

Leggo molto. Dipingo e suono il piano cinque giorni alla settimana. E non sono pezzi facili! Non perché voglio esibirmi alla Carnegie Hall, ma per mantenere attivo il mio cervello. Memorizzo anche cose per esercitare la mente.

Cosa sta dipingendo in questi giorni?

In questo momento è una collezione infinita di facce e occhi. E sto sperimentando con i colori per fare dipinti di ispirazione latino-americana. Dopotutto mia moglie è colombiana. Ma non ho una formazione da pittore. Anni fa, il designer di «Jurassic Park» e vero artista Stan Winston è venuto una volta per un barbecue e, quando ha visto i miei dipinti, mi ha detto di non prendere lezioni. Dovrei solo dipingere. «Dipingi e muori felice», disse lo scrittore Henry Miller. E così dipingo senza un obiettivo. Ma sembra che i quadri piacciano alla gente, perché vengono comprati.

Pratica anche dello sport?

Sì, cinque giorni alla settimana. A casa ho un tapis roulant e dei manubri. Sono abbastanza forte e muscoloso, lo sono sempre stato. Faccio attenzione anche alla mia flessibilità. Cerco di mantenere un atteggiamento solare quando una nuvola scura passa nella mia testa. Quello che mi aiuta di più è probabilmente la prospettiva. Ne ho viste tante: gli anni del dopoguerra in Gran Bretagna e Galles, per esempio. Sono nato poco prima della Seconda Guerra mondiale e ricordo gli ultimi anni del conflitto, la distruzione e la miseria in generale del periodo che seguì. Siamo sopravvissuti e si continua.

È molto attivo sui social media e spesso è accompagnato da un gatto. È un amante dei felini?

Sì, ho sempre avuto gatti, fin da quando ero ragazzo. Amo il mio gatto Niblo. Lo abbiamo adottato dieci anni fa a Budapest e lo abbiamo portato a casa con noi. Amo e rispetto tutti gli animali, mai sottovalutare la loro intelligenza. È terribile come la gente tratti male gli animali. Recentemente abbiamo salvato un cane ferito. È interessante il modo in cui gli animali attraversano la vita. Non sono benedetti - o maledetti - dalla conoscenza del tempo e dell'impermanenza. Si può imparare molto da loro. E, naturalmente, causano anche molta tristezza quando muoiono.

Pensa spesso alla morte?

La cosa più tragica della vita è la morte. La vita è finita, nessuno esce vivo da questo pianeta. Ecco perché ho l'atteggiamento di godermi il presente, perché non si sa mai cosa verrà. O come scrive T. S. Eliot: «Ho visto vacillare il momento della mia grandezza, e ho visto l’eterno Lacchè reggere il mio soprabito ghignando...».

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