11/09/2020
“Io non spengo nessun motore” fu pronunciato con dolcezza, quasi fosse scontato che la nave avrebbe comunque attraccato. La Mare Jonio veniva da una tempesta che portava con sé le grida della bella Italia vicina, del lontano inferno lasciato al caldo libico. E poi le preghiere degli uomini e donne con bambini soccorsi da un naufragio, da un incubo che ondeggiava nel blu profondo del Mediterraneo: migranti, meglio conosciuti. La Guardia di finanza di Lampedusa però voleva il silenzio e con esso l’insabbiamento dei nomi e dei volti di coloro che erano a bordo, della verità su quanto scorre nella vita quotidiana delle coste dei Paesi Nordafricani: uno sparito che ha cambiato nomi nel tempo, ma che prosegue discutibilmente in un silenzio-consenso. Pietro Marrone, capitano della Mare Jonio, veniva indagato un anno fa per aver ignorato le parole della pattugliatore lampedusano: per poi perdere la patente di navigazione, le chiavi del mare, l’accesso ai motori della nave, ma non l’anima del pescatore che da più di trent’anni conosce la stessa sfilata da parte di Tripoli e dei suoi militari.
Gli “amici” non sono in Libia, lì si muore. Si urla e si guarda al mare come miraggio, come colore profondo che persuade la vista alla speranza.
Allora Pietro Marrone, con la stessa calma piatta dell'acqua all’alba, ha riacceso la Mare Jonio: rotta Sud del Mediterraneo centrale. Nessun accordo che tenga, soccorrere non è vergogna: questa è solo di coloro che chiudono gli occhi a fronte delle parole e del sangue che macchia le acque dove passiamo l’estate a bagnarci, e l’inverno a scacciare i pensieri. Sopra i cadaveri di chi cercava una casa, dopo aver lasciato la sua.
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[ Lavinia Nocelli / Quite Society ]