19/08/2017
PAOLO Fonico
28 Agosto 2015 arena552
D: Da quanti anni lavori in Arena?
P: Da 5 anni
D: Come vengono selezionati i fonici dalla Fondazione Arena?
P: L’azienda che vince l’appalto con la Fondazione seleziona il personale attraverso Curriculum Vitae.
D: Che differenza c’è tra l’Arena e gli altri teatri?
P: In Arena siamo 7/8 fonici, nei teatri al chiuso in genere ce ne sono uno o due.
E’ estremamente diverso perché la struttura di un teatro è fatta per poter essere vicini al palco, è al chiuso. Il suono viene distribuito bene anche perché nei teatri moderni vengono calcolate bene le rifrazioni all’interno. L’Arena è una situazione “anomala” perché è aperta, con le gradinate dove ci sono grandi rifrazioni sonore ed è estremamente complicato e non ben strutturata per far circolare il suono.
D: Essendo un teatro all’aperto dove far fronte ai problemi legati al tempo, ad esempio il vento. Gli eventi atmosferici cambiano il suono?
P: Indubbiamente, quando c’è più umidità, più calore, più freddo e soprattutto quando l’aria si muove cambia completamente l’aspetto sonoro di un luogo.
D: In questi casi come intervenite?
P: Con il sistema di amplificazione a disposizione si cerca di correggere l’audio all’interno dell’Arena, facendo in modo di compensare sia l’ascolto da un punto di vista di amplificazione, sia di equalizzazione e compensazione delle frequenze che possono essere più o meno penalizzate dal tempo atmosferico.
D: Cosa si prova a lavorare in teatro unico come l’Arena?
P: L’esperienza è unica. Capita di lavorare in spazi aperti, come in uno stadio, comunque l’Arena è unica in quanto è un’esperienza molto particolare lavorare in un teatro costruito in epoca romana. E’ un’esperienza molto diversa sia per dimensioni, per tutto quello che ruota intorno all’organizzazione, agli orari, alle comunicazioni che vengono fatte all’interno, in retropalco per il personale e gli artisti, sono diverse per questo tipo di teatro.
D: Ogni opera chiede un intervento sul sonoro diverso?
P: No, abbiamo un set up che funziona per tutte le opere, la parte di ripresa sonora è uguale per tutte le opere.
Ciò che è differenziato è in base alle scene, alla loro dislocazione, la dislocazione dei musicisti, del coro, delle comparse.
Abbiamo zone più alte, le quote, da dove escono le comparse e gli artisti che devono avere dei riporti sonori e video.
Noi ci occupiamo anche dell’aspetto di distribuzione video in quanto le distanze all’interno dell’Arena devono essere coperte da riporti video che rimandano la scena (telecamere di scena) dal punto di vista frontale ma anche della direzione del direttore d’orchestra perché alcune arie sono cantate o musicate (dall’orchestra di palcoscenico) dal retropalco o dietro le scenografie e non si vede il direttore d’orchestra che dirige. Le telecamere permettono di guidare altri direttori d’orchestra che stanno dietro il palcoscenico o negli arcovoli e devono dare segnali di uscita alle comparse o di attacco al coro o all’orchestra di palcoscenico.
D: Tu sei anche un musicista. Quali sono le tue opere preferite?
P: Sì sono un pianista.
Le mie opere preferite sono la tosca e Il barbiere di Siviglia per allestimenti e perché mi è piaciuto molto il cast.
La Tosca aveva una marcia in più dal punto di vista scenico in quanto il regista De Hana ha avuto occhio nel riempire il palco, un teatro come l’Arena è difficile da riempire dal punto di vista scenico, scenografico e coreografico. Secondo me la Tosca e Il barbiere di Siviglia sono le più riuscite a livello scenico e di cast ma anche le altre sono belle.
In questi anni mi è piaciuta anche la Turandot e Butterfly come allestimento scenico. Secondo me hanno avuto un grosso successo scenico e coreografico. E’ Puccini l’autore, si parla di opere solide musicalmente e espressivamente e molto più affine alla sensibilità musicale odierna.
Anche Aida mi piace, del periodo verdiano è l’opera più completa e matura.
D: Essendo un musicista come vivi lo spettacolo messo in scena?
P: L’orecchio è penalizzato perché lavorando in retropalco non mi gusto tutta la riuscita dell’opera, tutto quello che ascolto bene è il suono anche perché non abbiamo le problematiche del dover stare chiusi in una sala audio. Quindi non posso, ad esempio, dare un giudizio sulla performance di una cantante, non vedo il risultato finale.
D: Il rapporto con i colleghi e il personale dell’Arena?
P: Ci sono talmente tanti settori all’interno dell’Arena, chi si occupa delle luci, trucco e parrucco, sartoria e molti altri, da un certo punto di vista è un po’ dispersivo e non hai modo di conoscere tutti dall’altro, essendo tutti “sulla stessa nave”.
Gli operatori che operano attorno allo spettacolo sono quasi 1400 quindi è difficile avere una sorta di rapporto. Con i miei colleghi fonici c’è un rapporto strettissimo perché si fa squadra, lavoriamo insieme da anni e ormai abbiamo un nostro linguaggio anche un nostro modo di vivere le cose in maniera più allegra nonostante “la routine” di lavorare tutte le sere per spettacoli che si ripetono.
Con alcuni settori e persone abbiamo più affinità perché ci si incontra di più durante lo spettacolo, con altri invece per partito preso, a volte, teniamo le distanze per lavorare al meglio. Ma anche fra noi fonici si decide che un collega è più adatto a parlare con gli artisti e un altro con un dirigente. Comunque cerchiamo di avere la maggior collaborazione possibile con gli altri settori senza pestare i piedi a nessuno e senza cercare di ostacolarci per far sì che lo spettacolo funzioni.
D: Hai famiglia?
P: Sì sono sposato e ho una bambina.
D: Come si fa a gestire la vita famigliare con questo tipo di lavoro?
P: Come tanti altri lavori, come i ristoratori, come chi lavora a turni, occorre organizzarsi.
D: L’inverno cosa fai?
P: L’inverno suono il pianoforte, faccio anche concerti, insegno e ho uno studio di produzione dove faccio registrazioni, arrangiamenti e per alcune rassegne e spettacoli faccio il fonico e il tecnico audio.