07/02/2023
«Abitare dentro la circonvallazione di Milano ormai è elitarismo puro. Come New York ma senza essere New York, manco per cinque minuti e manco per sbaglio. Milano città notturna. Quando mai? La sera alle 21 solo un turista chiederebbe un piatto al ristorante perché tutti sanno che «le cucine stanno per chiudere» e, tolti i ritrovi molesti della movida tipo sui Navigli o “in Isola”, per il resto la capitale morale è un grande dormitorio silenzioso in cui non c’è niente fuori dagli orari d’ufficio. Trovi da pippare h24 e brutti localini coi cocktail annacquati più cari d’Italia, ma un bar prima delle sei del mattino è quasi impossibile. Milano città del lavoro? Sì, nel senso che il lavoro diventa tutta la tua vita, non fai altro.
Quando cerchi casa capisci che c’è qualcosa di malato. Dopo quella con la vasca in cucina, ho vissuto nella «casamera», la casa-camera. Diciotto metri quadrati (credo non fosse del tutto a uso abitativo) dietro corso Genova. Mi sentivo mezzo ricco. Facevo colazione da Cucchi e nel mio palazzo abitava Bianca Balti, ma avevo un frigo tipo minibar da nave e una piastra singola a induzione. Pavimento come nei campi di basket in lattice nero, il termosifone non c’era, però c’era un «coso», un sifone a ventola strano e rumoroso. All’epoca spendevo solo 550 euro, roba che oggi nemmeno per il box per il motorino.
Il concetto che tu debba lavorare per spendere quasi tutto il tuo stipendio nell’affitto e nel costo della vita è un incubo. Chi pensa sia vero, normale o lecito attraversare mezza Italia per mille euro al mese si renda conto che nemmeno George Orwell in “1984” era arrivato a immaginare un mondo del genere».
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