23/05/2024
𝐈 𝐂𝐀𝐌𝐏𝐈 𝐅𝐋𝐄𝐆𝐑𝐄𝐈 𝐏𝐑𝐈𝐌𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋’𝐄𝐑𝐔𝐙𝐈𝐎𝐍𝐄 𝐃𝐈 𝐌𝐎𝐍𝐓𝐄𝐍𝐔𝐎𝐕𝐎
Una descrizione accurata dei Campi Flegrei e dei bagni termali presenti prima e dopo la nascita di Monte Nuovo la effettua Leandro Alberti, domenicano bolognese, perché li visita durante il suo viaggio a 𝗺𝗮𝗴𝗴𝗶𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝟭𝟱𝟮𝟲, quindi 12 anni prima, e vi ritorna successivamente all’eruzione annotando nel suo libro “𝐷𝑒𝑠𝑐𝑟𝑖𝑡𝑡𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑎 𝑙’𝐼𝑡𝑎𝑙𝑖𝑎…” edito nel 1550, gli effetti del catastrofico evento.
È una importante testimonianza poiché effettua una disamina del 𝗽𝗿𝗶𝗺𝗮 e 𝗱𝗼𝗽𝗼 eruzione raccontando particolari inediti non più visibili nella nostra epoca ma significativi per risalire alle origini e alle funzioni che avevano alcune strutture archeologiche.
Salto, per non dilungarmi eccessivamente, i precedenti ed inizio il suo racconto da quando arriva a Baia:
“Ritrovandomi quivi nell'anno della gratia 𝗺𝗶𝗹𝗹𝗲 𝗰𝗶𝗻𝗾𝘂𝗲𝗰𝗲𝗻𝘁𝗼 𝘃𝗲𝗻𝘁𝗶 𝘀𝗲𝗶 del mese di Maggio con alquanti compagni e con la Barchetta varcando per questi luoghi e curiosamente considerandogli, e giunto a questo luogo, ove era 𝗕𝗮𝗶𝗲, e già essendo hora del pranzo, fussimo condutti dalla guida nostra ad una parte dell'edificio di Baie posta nel mare, che parea un scoglio, nel quale per alcuni rusceletti fatti nel mezo di esso, trascorreano l'onde marine, mo’ parendol di passare avanti, mo’ di ritornare a`dietro secondo il movimento dell'acqua marina, onde a noi tal cosa gran piacere ci dava.
Scesi adunque in questo luogo, & apparecchiata la mensa, & essendoci portati li cibi dal lito (ove era sceso uno dei nostri & fatto il fuogo, havea apparecchiato i cibi), con gran piacere mangiando, alquanti pescatori portandoci delli 𝗥𝗶𝘇𝘇𝗶 𝗺𝗮𝗿𝗶𝗻𝗶, delli quali quivi gran d'abondanza se ritrova, onde gran trastullo ne pigliassimo vedendoci posti in
mezo dell'acque, & anche sotto li piedi vedendole trascorere per quelli rusceletti.
Finito il pranzo con tali piaceri, scendesimo al litto, & alquanto caminato presso dette ripe, ove erano gia li prefatti soperbi edifici, ritrovasimo li 𝗕𝗮𝗴𝗻𝗶, 𝗻𝗼𝗺𝗶𝗻𝗮𝘁𝗶 𝗱𝗶 𝗕𝗮𝗶𝗲, ma dalli medici, 𝗦𝗶𝗹𝘃𝗮𝗻𝗶, dalla Dea Selva. Vedensi quelli alquanto cavati ne dette ripe.
Passando più avanti seguitando le prefatte ripe, presso al litto del mare, appare una gran stanza cavata nelle dette sassose ripe, ove sono i 𝗕𝗮𝗴𝗻𝗶
𝗱𝗶 𝗧𝗿𝗶𝘁𝗼𝗹𝗶, talmente dalli medici nominati, ma dal volgo, di Cicerone, & parimente di Prato per essere ne Prati, nella Via di 𝗧𝗿𝗶𝗽𝗲𝗿𝗴𝗼𝗹𝗮 ad Anversa, passato l'𝗛𝗼𝘀𝗽𝗶𝘁𝗮𝗹𝗲 a' man sinistra di detta Via, ove è una Grotta per la quale alquanto scendendo se dimostra la sorgiva dell'acqua. Et che siano questi li 𝗕𝗮𝗴𝗻𝗶 𝗱𝗶 𝗖𝗶𝗰𝗲𝗿𝗼𝗻𝗲, oltra la commun' openione, anche lo dice Boccaccio nel libro delle Fontane scrivendo che trassero detto nome per esser nella Villa di Cicerone nomata Achademia. Vero è che non furo fatti ne tempi di Cicerone, ma dopo la sua morte da Antisteo, ch'a lui successe nella detta Villa, li quali poi ornò con verso Laurina liberto di Cicerone, lasciando quivi la sua memoria, come dice Plinio. Et ciò fece per dimostrare l'amore che portava a Cicerone. Egliè questo luogo molto bello, con grand'artificio cavato nella sassosa rupe, ove erano intagliate le figure degli huomini accenando colle mani al membro, al quale era questa acqua profittevole. Sono hora per maggior parte guasti questi Bagni, quali erano sontuosamente dipinti di finissimi colori, come infino ad hoggi appare in qualche parte.
Quivi scaturiscono l'acque solamente una volta il giorno & similmente la notte, secondo il principio & fine della Luna. Escono esse calde con gran fumo, & entrano in un vaso cavato, anch'egli fatto nel sasso, & come è pieno parte d'esse scendino fuori la stanza per un ruscelletto, chi mette capo nel mare, & parte ritornano al luogo, ove escono.
Sopra questo Bagno alquanti gradi salendo, ritrovasi una Grotta artificiosamente nel sasso cavata, sei piedi alta, & cinque larga tortuosamente girando, di soave odore. Nella quale entrando alcun in piedi, quasi in continente comincerà a sudare, ma se a basso caminera' presso al pavimento, si rifreschera'. Entrato alquanto che'l sarà a' man destra, & un puoco essendo scenduto, vedrà un'acqua bella & chiara tanto calda, che a' fatica la potrà toccare, de la quale molti pensano, che sia quella che scenda di sotto nel 𝗕𝗮𝗴𝗻𝗼 𝗱𝗶 𝗖𝗶𝗰𝗲𝗿𝗼𝗻𝗲 per secretti rusceletti.
Volendosi bagnare alcuno, gli fa bisogno, havendo caminato dui passi, di pigliare il camino alla destra, & avanti caminando arriverà ad una pietra la quale e' nominata il 𝗖𝗮𝘃𝗮𝗹𝗹𝗼. Oltre di questo, passando sopra la calda polvere, ritroverà il fine di quella Grotta, ove ha lasciato il scolpello di cavar più oltra.
…
Lasciando questi luoghi del 𝗦𝗲𝗻𝗼 𝗕𝗮𝗶𝗮𝗻𝗼 e ritornando a quella 𝗙𝗼𝘀𝘀𝗮, per la quale dicessimo passare il Pesce dal 𝗦𝗲𝗻𝗼 𝗟𝘂𝗰𝗿𝗶𝗻𝗼 𝗮𝗹 𝗟𝗮𝗴𝗼 𝗱'𝗔𝘃𝗲𝗿𝗻𝗼 quale hoggidi totalmente è otturata, per la rovina fatta dal fuocho nel mille cinquecento trenta otto (come poi se dimostrerà) & passata detta Fossa, ritrovavansi avanti detta rovina, li 𝗕𝗮𝗴𝗻𝗶 𝗱𝗶 𝗧𝗿𝗶𝗽𝗲𝗿𝗴𝘂𝗹𝗮. Avanti che seguita la descrittione d'alcuni Bagni, che erano in questi luoghi, voglio nominare altri Bagni ch'erano intorno il 𝗟𝗮𝗴𝗼 𝗱𝗶 𝗔𝘃𝗲𝗿𝗻𝗼.
Et prima se ritrovava à man sinestra d'esso, il 𝗕𝗮𝗴𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹'𝗔𝗿𝗰𝗼, talmente nominato dalla figura dell'edificio, ove se ritrovava. Eravi poi il 𝗕𝗮𝗴𝗻𝗼 𝗱𝗶 𝗥𝗮𝗻𝗲𝗿𝗶𝗼 così chiamato dall'auttore.
Piegandosi dall'altro lato del Lago, per passare à 𝗣𝘂𝘇𝘇𝗼𝗹𝗶, vi erano gli antidetti Bagni di Tripergola già detti vecchi. Et così erano nomati avanti la rovina del 1538 dalla 𝗖𝗮𝘀𝗮 𝘁𝗿𝗶𝗽𝗮𝗿𝘁𝗶𝘁𝗮 o' fosse divisa in tre parti, ove erano conservate le veste & altre cose di quelli, quali quivi erano passati à ba****si. 𝗗𝗮 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗶 𝗕𝗮𝗴𝗻𝗶 𝘁𝗿𝗮𝘀𝘀𝗲 𝗶𝗹 𝗻𝗼𝗺𝗲 𝗹𝗮 𝗴𝗿𝗮𝗻𝗱𝗲 𝗖𝗼𝗻𝘁𝗿𝗮𝗱𝗮 𝗱’𝗵𝗮𝗯𝗶𝘁𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗽𝗶𝗲𝗻𝗮, che quivi era avanti detta rovina, avenga che la fosse 𝗮𝗯𝗯𝗮𝗻𝗱𝗼𝗻𝗮𝘁𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗹𝗶 𝘁𝗲𝗿𝗿𝗲𝗺𝗼𝘁𝘁𝗶 & 𝗶𝗻𝗰𝘂𝗿𝘀𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗱𝗲𝗶 𝗣𝗶𝗿𝗮𝘁𝗶.
Invero ella era una bella Contrada piena di honorevoli edifici, ma per non esser habitata di mano in mano rovinavano. Et essendo il caso horrendo del fuogo (come io dimostrerò) ogni cosa è somersa, & quivi è fatto una montagna alta da tre miglia. Ma avanti descriva tal è tanto caso, voglio nominare alcuni Bagni, & descrivere alcuni edifici, ch'erano qui & nelli luoghi vicini, sopra questa parte dell’Averno, ove si vede Tripergula & l'antidetti Bagni vi è 𝗠𝗼𝗻𝘁𝗲 𝗖𝗵𝗿𝗶𝘀𝘁𝗼 talmente nominato (secondo il volgo) perché (dicono) Christo nostro servatore quindi passasse colle squadre de Santi Padri ritornando dall'inferno.
Vedeii poi il 𝗕𝗮𝗴𝗻𝗼 𝗱𝗶 𝗦. 𝗡𝗶𝗰𝗼𝗹𝗼̀. Vi fù imposto a questo Bagno tal nome sovenendo alli poveri, come facea S. Nicolò. Poscia se dimostra il 𝗕𝗮𝗴𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗦𝗰𝗿𝗼𝗳𝗮. E qui vicino il 𝗕𝗮𝗴𝗻𝗼 𝗱𝗶 𝗦. 𝗟𝘂𝗰𝗶𝗮 et vi fu posto tal nome per essere molto profittevole agli occhi.
Appare poi il 𝗕𝗮𝗴𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗔𝗿𝗰𝗼𝗹𝗼, che trasse tal nome dalla forma dell'edificio. Etiandio nominasi 𝗕𝗮𝗴𝗻𝗼 𝗱𝗶 𝗦. 𝗠𝗮𝗿𝗶𝗮. Seguita il 𝗕𝗮𝗴𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗖𝗿𝗼𝗰𝗲, vi fu posto tal nome per esser giovevole alli mali de piedi, delle mani & del costato. Ne quali luoghi forono l’insegne della Passione di Christo nostro redentore, & pertanto così della Croce fu detto.
Poscia al lito de'l mare scorgiese il 𝗕𝗮𝗴𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗖𝗮𝗻𝘁𝗮𝗿𝗲𝗹𝗹𝗼, talmente chiamato dalla forma dell’edificio. Da un lato di questo Bagno se dimostra il 𝗕𝗮𝗴𝗻𝗼 𝗱𝗶 𝗙𝗼𝗻𝘁𝗮𝗻𝗮. Acquistò tal nome dal sorgere a simiglianza della Fontana.
Avanti che più oltra passi agli altri Bagni vicini, voglio narrare il gran caso occorso al luogo della Contrada di Tripergole sopra descritta e alli luoghi conturni, nell’anno 𝟭𝟱𝟯𝟴 nel giorno di S. Michele di Settembre.
Essendo prima sentiti per piu giorni alcuni terremoti con tanto paventevole tuono & rimbombo, si aperse la terra qui à 𝗧𝗿𝗶𝗽𝗲𝗿𝗴𝗼𝗹𝗮, che parvero rovinasse tutta la machina mondiale, essendo il Cielo sereno. Onde tutti i circostanti popoli stupefatti stando, & come fuori di se istessi, cominciorno ad uscire di questa apertura fiamme di fuogo conducendo seco cenere accompagnata da sassi affochati con gran fiume & caligine.
Erano portate dette pietre con tanto impeto al Cielo, ch'era cosa maravegliosa da vedere, & paventosa da considerare. Essalando altresì 𝗴𝗿𝗮𝗻 𝗳𝘂𝗿𝗶𝗮 𝗱𝗶 𝘃𝗲𝗻𝘁𝗼 da ogni lato, erano portate da ogni lato l'antidette cinere, & massimamente verso 𝗣𝘂𝘇𝘇𝗼𝗹𝗶 e 𝗡𝗮𝗽𝗼𝗹𝗶, ove con tanto impeto erano condotte dal vento, che passando altresì Napoli arrivarono a 𝗦. 𝗦𝗲𝘃𝗲𝗿𝗶𝗻𝗼 (da Napoli venti quattro miglia discosto) guastando, & rovinando ogni cosa, & massimamente gli 𝗮𝗹𝗯𝗲𝗿𝗶 & 𝗮𝗻𝗶𝗺𝗮𝗹𝗶.
Aperta adunque la terra, & uscendo le fiamme di fuogo con pietre & cenere, talmente intorno intorno à detta apertura l'antidette ceneri composero colle pietre spongose le rive, che ne risultò un'alto & largo Monte, rimanendovi nel mezo un bucco, di larghezza (come si puote giudicare) di passa cinquanta, alle radici girando quattro miglia.
Per tal apertura & composizione di Monte, 𝘀𝗼𝗻𝘃𝗶 𝗿𝗶𝗺𝗮𝘀𝗶 𝘀𝗼𝘁𝘁𝗼 𝗺𝗼𝗹𝘁𝗶 𝗕𝗮𝗴𝗻𝗶 𝗱𝗶 𝗧𝗿𝗶𝗽𝗲𝗿𝗴𝗼𝗹𝗮, 𝗰𝗼𝗻 𝗴𝗿𝗮𝗻 𝗽𝗮𝗿𝘁𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗔𝘃𝗲𝗿𝗻𝗼, 𝗱𝗲𝗹 𝗟𝘂𝗰𝗿𝗶𝗻𝗼, & etiando alquanto l'acque marine paiono à dietro esser retratte per gran spazio.
Cessata la gran furia delle fiamme di fuogo, quale uscivano, rimase quest’alto Monte nella sommità con detta bocca ritonda, sempre più in giù strengendosi, à simiglianza d'un arteficioso Theatro, tal che nel fondo d'esso, vi è solamente una picciola piazza, ove si vede chiara acqua, dalla quale di continuo essala fumo d’odore di Solfo. Laonde sono perduti assai Bagni molto giovevoli alli mortali.
Vicino alla 𝗰𝗵𝗶𝗲𝘀𝗮 𝗱𝗲 𝗦. 𝗠𝗮𝗿𝗶𝗮, evi il bagno dell'𝗢𝗹𝗲𝗼 𝗣𝗲𝘁𝗿𝗼𝗹𝗶𝗼, talmente dimandato perché vedesi uscire insieme coll'acqua un certo liquore che par oglio, tanto nel colore quanto nel odore. Appare etiandio alle radici del monte qual è di sopra di detta chiesa il 𝗯𝗮𝗴𝗻𝗼 𝗱𝗶 𝗖𝘂𝗹𝗺𝗮, così chiamato dal detto monte. Poscia, lungo il lito, ritrovasi il 𝗯𝗮𝗴𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗦𝗼𝗹𝗲 𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗟𝘂𝗻𝗮. E perciò così è detto che si come il sole e la luna superano le stelle nel splendore, così parimente quest'acqua avanza tutte l'altre acque nella virtù. E a quella non si vi può passare, eccetto per le rovine d'alcuni antichi edifici. E quivi vedesi quest'edificio tutto derocato e dal mare somerso. Vero è che cavando alquanto l'arena, sorge l'acqua grassa e di colore varia. Già fu nominata quest'acqua 𝗯𝗮𝗴𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗴𝗹𝗶 𝗜𝗺𝗽𝗲𝗿𝗮𝗱𝗼𝗿𝗶.
Ritrovasi poi il 𝗯𝗮𝗴𝗻𝗼 𝗱𝗶 𝗚𝗶𝗺𝗯𝗼𝗿𝗼𝘀𝗼. Ha tratto questo nome dalla figura dell'edificio, quale è alzato a simiglianza del gibbo. Scendesi a quest'acqua per alcuni gradi.
Si vede poi il 𝗯𝗮𝗴𝗻𝗼 𝗱𝗲𝘁𝘁𝗼 𝗙𝗼𝗻𝘁𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗩𝗲𝘀𝗰𝗼𝘃𝗼, essendo stato ristorato da un vescovo, come dicono alcuni, o sia, come vogliono altri, per esser molto usata quest'acqua dalli grandi prelati, li quali per la abbondanza delle delitie soleno esser podagrosi, per esser quest'acqua giovevole alle podagre.
Salendo poi alcuni passi, se dimostrano i 𝗯𝗮𝗴𝗻𝗶 𝗱𝗲 𝗙𝗮𝘁𝗶𝘀, forse così nominati dal Fatto per lo quale furon ritrovati, come dicono alcuni, ma, come vogliono altri, dalla volta da cui sono coperti, cioè fatti.
Appare poi il 𝗯𝗮𝗴𝗻𝗼 𝗱𝗶 𝗕𝗿𝗮𝗰𝘂𝗹𝗮, per aventura talmente detto per esser basso e ritondo il luogo. Evi etiandio in questi luoghi il 𝗯𝗮𝗴𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗦𝗽𝗲𝗹𝘂𝗻𝗰𝗮, così nominato dalla spelunca ove è posto. Conforta il cervello. E come dice Galeno, bevendone ogni giorno di essa calda cinque dramme, serà sanato dall'infermitati che sono sopra e altresì sotto il diastemma.
𝐶𝘰𝑛𝘵𝑖𝘯𝑢𝘢 …
𝙸𝚗𝚝𝚛𝚘𝚍𝚞𝚣𝚒𝚘𝚗𝚎 Biagio Sol
𝙿𝚊𝚛𝚝𝚒𝚌𝚘𝚕𝚊𝚛𝚎 𝚍𝚎𝚕𝚕’𝚒𝚖𝚖𝚊𝚐𝚒𝚗𝚎 𝚝𝚛𝚊𝚝𝚝𝚘 𝚍𝚊 : Theatrvm civitatvm nec non admirandorvm Neapolis et Siciliae regnorvm
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