05/06/2024
« Neuropei!! »
È fatta!! L’italietta di fine millennio è riuscita a centrare i parametri e ad entrare in p***a magna nell’Europa delle élites. L’obiettivo era, per il governo, più di una scommessa: era il suo stesso lasciapassare per continuare l’opera intrapresa. Ora siamo europei; anzi neuropei. E già, perché l’ubriacatura del successo ha portato in piazza il governo e i suoi accoliti, musicanti e intellettuali a libro paga, per festeggiare l’insperato evento. Altrove, in Europa, la cosa è scivolata via senza enfasi e circhi equestri.
Ma a questo una ragione c’è: noi eravamo quelli che rischiavano di più. Avevamo i parametri più sballati, abbiamo fatto più imbrogli degli altri, abbiamo perfino pagato una tassa, l’Eurotassa, per accomodarci nel salotto buono dell’Europa. Adesso, tuttavia, bisognerà vedere in quale angolo saremo confinati visto che il bello e il cattivo tempo, comunque, lo faranno sempre la Francia e la Germania. La lotta per la conquista della poltrona più potente, quella della Banca Centrale Europea, ha visto una forte contrapposizione dei due... colossi e poco c’è mancato che l’Unione andasse alla malora per il litigio franco-tedesco.
L’Italia, dunque. Certo ci aspetta il ruolo del parente povero: ci siamo, ci tollereranno, ma non avremo vita facile. Ed è ovvio. Chi si fiderebbe di un Paese che ha fatto della corruzione il suo solo modo di ti**re a campare? Chi si fiderebbe di un Paese che lascia scappare Toni Negri, il gen. Kappler, Bettino Craxi (nessuno capì che la richiesta di cittadinanza tunisina inoltrata dalla moglie al governo dello stato africano altro non era che il passaporto del marito? Non vorrei ora vergognarmi di avere pensato giusto allora) e, buon ultimo, il venerabile Licio Gelli? Chi si fiderebbe di un Paese che, a fronte di stanziamenti plurimiliardari, finiti ad amici e partiti, non è mai riuscito a creare infrastrutture degne di una nazione civile e industrializzata ed offre servizi da preistoria? Chi si fiderebbe di un Paese in cui i sindacati, e qualche famiglia dedita all’industria, governano il mondo del lavoro e i delicati intrecci dell’economia con metodi alquanto discutibili? Chi si fiderebbe, ancora, di tante altre cose, ma qui mi fermo, che non vanno e per le quali non esiste la cosiddetta volontà politica per porvi rimedio?
Diciamolo con sincerità: siamo il peggiore Paese dell’Unione europea. Abbiamo buttato a mare la nostra storia, la nostra cultura, il nostro territorio (l’alluvione in Campania ne è l’ennesimo esempio) e forse anche la voglia di sperare nel meglio, nel futuro. Ci hanno indottrinati sulla assoluta necessità di entrare nell’euro spacciandocelo come la panacea per tutti i mali; ma non ci siamo fatti incantare più di tanto. Quello che non ci hanno detto, infatti, è che l’euro servirà ai soliti noti (Agnelli & Co.), ammesso che ora sappiano respingere l’attacco della concorrenza degli altri paesi non avendo più dove mungere soldi per consolidare i bilanci e farci pagare i loro debiti.
Personalmente, poi, non riesco ad amare questa Europa così come è stata imposta. Certo, il vile denaro è importante, ma non è tutto. Avere cominciato col portafogli, anziché dalla cultura, dal patrimonio culturale di ogni popolo, di ogni regione, ha prodotto solo la nascita di un supermercato in cui si rischia di trovare tutto e non poter comprare nulla per mancanza di capacità comunicativa.
In buona sostanza, si corre il serio rischio di consolidare i pochi potentati economici di Europa e U.S.A. a scapito della qualità della vita globale dei molti milioni di cittadini che vivranno uno stato di indigenza allargato (agli altri paesi). Poveri e pazzi. Neuropei, appunto.
(Da: Insieme – n. 267 maggio 1998)
Questo scrivevo allora e lo sottoscrivo ancora oggi.