21/11/2021
Lo cito di sfuggita, all’inizio della puntata (link in bio, oppure: https://spoti.fi/3x8XtJ4)
Sono convinto che Muhammad Ali avesse una intelligenza istintiva incredibile. Non solo sul ring, dove riusciva a trovare ordine nel caos frenetico creato dalla sua stessa inusuale velocità, ma anche sul piano del reale e dell’attualità politica, dove era riuscito a essere, ben prima delle possibilità tecnologiche, una media platform con un messaggio molto definito (civil rights e pacifismo).
Quella cosa che Lebron James ha costruito negli anni, per Ali fu semplicemente modo di essere e di vivere (di cui i media si innamorarono, anche perché stava nascendo un pubblico nuovo).
Bello, atipico e problematico, sfidò commissioni e governo rifiutando la leva per il Viet-Nam, vero e proprio punto di svolta simbolico della storia del nostro contemporaneo.
Vidi “Quando Eravamo Re” alla sua uscita nel ‘96 e ne rimasi totalmente abbagliato. Non solo per Rumble in the Jungle, uno dei momenti di sport più epici e potenti mai costruiti e realizzati, ma anche per la sublime capacità del mio eroe di governare i processi di comunicazione (ma questo l’ho capito con il tempo).
Media hacking, diremmo oggi, in quel caso di puro cuore.
Ali non era un politico, è stato un’icona pop, un simbolo radicale, estetico e morale, per un’America che stava cercando di capire chi volevesse diventare.
Dovessimo cercarne le contraddizioni, le troveremmo, come possiamo vederle in troppe reazioni contemporanee, anche quelle che ci appaiono vicine dal punto di vista dei valori.
Ultimo consiglio su Ali, per approfondire: Federico Buffa queste storie le racconta molto bene.
https://spoti.fi/3x8XtJ4