08/02/2025
«La mia nascita porta con sé un trauma che si è manifestato in una diaspora. Mia madre, quando era incinta di me, è dovuta fuggire dalla Somalia assieme a mio padre e mio fratello per raggiungere la Tanzania, dove io sono venuta alla luce. Infatti, all’epoca, in Somalia c’era molto razzismo a la nostra etnia non era ben vista. I “Wazigua” venivano discriminati perché erano quelli con i capelli duri, labbra grosse e naso grande. Mio fratello è stato mandato in Italia prima di me, io quando sono arrivata in Italia avevo cinque anni e sono entrata prima in affido e poi in adozione presso la mia famiglia, i Mancino, perché la mia famiglia aveva già preso accordi uno dei miei zii già presenti in Italia. Era il maggio del 1985: i miei genitori, la sorella di mia madre e suo marito vennero a prendermi a Fiumicino. Quando arrivai a Ravenna, ad aspettarmi calorosamente, c’erano mia nonna, mio fratello Emanuele, la mia futura madrina e il mio padrino del battesimo, così come sua figlia e tante persone del condominio in cui ho abitato per anni. Solo nel 2000 ho saputo che appartengo all’etnia Wazigua. Noi Wazigua crediamo di provenire dalla Tanzania ma siamo incerti sulle nostre origini, forse i miei avi si erano spostati dalla Tanzania verso la Somalia. I miei nonni, i miei genitori e tanti altri parenti sono nati e cresciuti in Somalia. I motivi dello spostamento di secoli fa da Tanzania, Kenya, Mozambico verso la Somalia sono, per alcuni gruppi come il mio, di natura economica e per altri gruppi di bantù (noi siamo bantù, ma questo ceppo comprende tantissime etnie), il motivo è stato quello della schiavitù. La paura che ho provato quando ho riflettuto sulle mie origini e quelle dei Wazigua l’ho raccontata nel secondo singolo “Eccoci qua”, perché parla di vari viaggi: quello di mia madre e mio padre e mio fratello e il mio nel ventre di mia madre dalla Somalia alla Tanzania, quello mio e di mio fratello e dei tanti miei parenti dall’Africa all’Italia, quello antico dei miei avi, quello degli attuali miei parenti che a fatica sono riusciti ad andare in America come rifugiati Wazigua, stando per tanti anni nei campi profughi in Kenya, quello di alcuni miei parenti che non ce l’hanno fatta e si sono tolti la vita qui in Italia, a causa del razzismo e dei traumi di quando erano piccoli»
La musica che libera i pensieri, tira fuori gli stati d’animo e svolge una funzione catartica dentro al corpo e nello spirito. Una vita non facile, ma che sa trovare il coraggio di farsi avanti, curare il dolore e iniziare a respirare aria pulita. E cantare diventa un modo per ricongiungersi con l...