01/12/2023
Sánchez rivince contro ogni pronostico
di Miguel Calzada
Pedro Sánchez ce l’ha fatta ancora: nuovo Governo con lo spettro del franchismo che si aggira per la Spagna
Sei mesi fa sembrava impensabile ma adesso è realtà: comincia il terzo governo Sánchez, dopo aver sfidato la matematica è riuscito a siglare un accordo impossibile. Ci sarà un governo a guida socialista con l’appoggio di altre sette forze politiche, isolando così in parlamento una destra nostalgica e golpista.
Che in politica le apparenze ingannino lo diceva già Machiavelli, autore molto adeguato all’attuale situazione sp****la, convulsa ed interessantissima. Ma forse la frase da ricordare è quella di André Gide: “In questo mondo è importante non avere l’aria di ciò che si è”. Soltanto oltrepassando il divario tra apparenze e realtà è possibile capire Pedro Sánchez come uomo politico.
Di come Pinocchio imparò a camminare
La storia di Pedro Sánchez è stata raccontata già mille volte ma si ingrandisce ad ogni passo. Un signor nessuno dentro del Partito Socialista, un tizio grigio che non ce la faceva a brillare, occupato maggiormente con faccende amministrative e regolamentazioni europee, normative per proteggere i consumatori, ecc. Profilo ideologico neutro, stile faccio quello-che-dice-il-partito, ed una bella presenza (sopranominato Ken come il compagno di Barbie). Se è così bello dev’essere veramente stupido, si pensava.
Il destino volle che in un periodo di guerra interna (siamo al 2014), fossero indette consultazioni primarie e che una candidata in pectore alla segreteria, Susana Díaz, non volendo bruciarsi, preferì aspettare per fare il salto e rimanere ancora un po’ come presidente dell’Andalusia. Sceglie dunque un “utile idiota”, un burattino da maneggiare per alcuni anni nei quali non c’è niente da fare perché è garantita la permanenza del Partito Popolare (PP) al Governo con Mariano Rajoy. Uno che sorride bene e non darà problemi, riscalderà la poltrona per la grande baronessa del sud ed allo stesso tempo impedirà di occuparla a rivali pericolosi dentro del partito.
Ed un giorno Pinocchio prende vita come per magia e vuole tanto diventare un politico vero: in meno di due anni Pedro Sánchez costruisce una personalità propria e si ribella. Susana Díaz è implacabile e muove i suoi contatti per destituirlo come segretario nel 2016. Ma lui ricomincia da zero e nel 2017 vince contro Susana Díaz altre primarie. Con tempi di record, un anno dopo è presidente del Governo grazie ad una audace mozione di sfiducia contro Rajoy. Nel 2020 ci sarà il suo secondo governo, in coalizione con Podemos e con Pablo Iglesias come vicepresidente. Ed adesso è arrivato il giorno del terzo.
Essere di sinistra perché a destra c’è già troppa roba
In nove anni scarsi Pedro Sánchez si è trasformato in una delle personalità politiche più importanti della storia recente di Spagna e d’Europa, dove è in pratica l’ultimo esponente vittorioso della vecchia socialdemocrazia welfarista. In questo rapido viaggio, si è creato un profilo chiaramente di sinistra nel suo partito. Ma perché?
Perché prima di tutto Sánchez è uno stratega che sa leggere il momento politico. Con Podemos in ascesa e le destre radicalizzate, la giocata da fare era proprio quella: aprirsi alla sinistra ed ai nazionalisti invece di demonizzarli. Con Trump e Steve Bannon che nel frattempo trionfano a livello mondiale, esportando le loro fake news distopiche, soltanto tornare all’essenza socialdemocratica (lavoro, diritti civili, dialogo) aveva senso.
Cosa cambia con il nuovo governo? Sinistra più debole, destra più radicale
Pedro Sánchez è di nuovo a capo del Governo. Allora tutto resta uguale? Per niente. Ci sono cambi molto importanti e che senza dubbio avranno delle conseguenze. La più evidente è che il Governo rischierà maggiormente di rimanere senza appoggi per fare passare leggi. Le elezioni di luglio hanno dato dei numeri difficili che, nonostante tutto, Sánchez ha potuto utilizzare. Ne ha bisogno con ben sette forze politiche per stare al potere. Il Governo sarà ovviamente con marchio e maggioranza socialista, un partito che oramai ha preso in mano, ma serviranno sempre i voti di:
Sumar: una coalizione di una decina di partiti a sinistra dei socialisti, compreso Podemos, che stanno dentro ma a forza perché sono stati maltrattati ed emarginati dalla ex-amica Yolanda Díaz (non confondere con Susana Díaz, ormai in pensione, curioso che le due donne più importanti nella vita politica di Sánchez portino lo stesso cognome).
Nazionalisti da tutte le parti: in concreto, i catalani di destra (Junts), i catalani di sinistra (ERC), i baschi di destra (PNV), i baschi di sinistra (Bildu), i galiziani di sinistra (BNG) ed i canari di destra (CC).
Si avvera così una definitiva “italianizzazione della politica sp****la”, un’ espressione molto amata dai giornalisti anche se prende come esempio l’Italia di alcuni decenni fa. Sánchez ha dovuto siglare accordi con tutte queste forze separatamente, riuscendo così ad avere il voto positivo di tutto il parlamento tranne quello della destra nemica di sempre, il Partito Popolare (PP), e la sua costola di ultradestra, Vox, con la quale tutti gli altri partiti hanno dichiarato ripetutamente che non faranno mai accordi (il che non è sorprendente se si prende in considerazione che Vox ha proposto esplicitamente di “legalizzare” tutti loro tranne il PSOE).
Un’altra conseguenza evidente è la radicalizzazione delle destre, che si situano oggi a livelli ideologici dei primi anni della democrazia (fine ’70, primi ’80), ma andando sempre indietro rischiamo di prendere in considerazione anche il colpo di Stato e la dittatura militare. Le ultime settimane hanno visto delle manifestazioni importanti, soprattutto l’unica convocata esplicitamente dal PP, che è stata massiccia e relativamente civilizzata (poca presenza di simbologia franchista).
Altro discorso è quello che accade ogni sera alle porte della sede del Partito Socialista, in pieno centro di Madrid, dove si danno convegno diverse tribù di freaks (i giorni più caldi circa 5.000 presenze, niente a che vedere con i 100.000 di quella del PP). Ci sono franchisti, nazisti, i cattolici di sempre, una nuova formazione che dice di essere comunista filoalbanese… Sistematicamente finiscono la nottata facendo a botte con la polizia. C’è varietà di bandiere e tanta esplosione creativa. La bandiera della Spagna franchista con l’aquila nera imperiale che si usava allora, la bandiera dei falangisti spagnoli che furono un’adattamento delle camicie nere italiane, la bandiera dei ribelli carlisti che provocarono diverse guerre civili per opporsi al liberalismo del XIX secolo, la bandiera dei famosi Terzi militari che vincevano le guerre quando c’era Carlo V, c’è la bandiera franchista ma adesso l’aquila ha due teste e non si capisce perché dato che l’aquila bicefala da queste parti non si è mai usata… Così fino ad arrivare all’inquietante bandiera attuale ma con un’importante strappo al suo centro: lo scudo non c’è più, qualcuno l’ha tolto.
La destra impazzita che sogna un colpo di stato
Quest’ultimo simbolo si collega con un’idea che la destra accarezza da alcuni mesi. Come al solito, l’idea viene prima a Vox… poi il PP comincia a adottarla. È affascinante il meccanismo a specchio in questo senso: gli ultimi anni hanno visto un governo a trazione Podemos, cioè le misure più importanti, sostanziali e che hanno suscitato polemiche erano idee di Podemos che il PSOE poi portava a termine. Adesso capita lo stesso nel fronte opposto. L’idea di strappare lo scudo è semplice e diretta come tutto quello che viene da Vox: dov’è il Re? Perché quello scudo è il suo, ma forse la destra -da sempre supermonarchica ed ultracattolica- non vuole avere un Re se questo non interviene adesso per farla vincere (come ci sono stati cori anche anti-Papa perché chi vuole un Papa se non interviene politicamente quando ci serve?).
E questa è soltanto una delle molte manovre inquietanti delle destre. Sempre con quella dinamica (Vox urla sfacciatamente, il PP modera il tono ma mai rinnega quello che hanno detto) nelle ultime settimane abbiamo sentito dire che Pedro Sánchez ha fatto un colpo di stato, che è un nuovo dittatore, che il suo governo è illegale e che dovrebbe essere fermato dal Re o dall’esercito o dalla brava gente che manifesta per le strade di Madrid al grido di “Viva Franco!”.
Siamo così in quel terreno paradossale dove si muove benissimo Steve Bannon e pure Isabel Díaz Ayuso, presidente della regione di Madrid e giovane promessa del PP. Sembra questione di tempo che prenda il posto dell’attuale leader, il noioso signore Feijoo che non ha le capacità minime per tempi così convulsi, sembra un politico di fine Ottocento, più adeguato per democrazie censitarie e consociative con gli industriali.
Il paradosso è che quelli che tifano per un colpo di stato accusano Sánchez di avere fatto un colpo di stato per il semplice fatto di avere negoziato con le forze parlamentari per avere i voti necessari per ve**re eletto in prima votazione (dopo le elezioni politiche celebrate a luglio senza nessuna irregolarità).
Andiamo ai numeri per esaminare questo “colpo di stato”:
L’appoggio preso da Sánchez riunisce 12.506.682 dei voti espressi lo scorso luglio. In seggi sono 179 (la maggioranza è a quota 176).
Il PP più Vox sono 11.177.348 voti, ovvero 171 seggi.
Un milione e mezzo di vantaggio e una dinamica parlamentare normale in qualsiasi democrazia occidentale. Come mai allora questo golpismo strisciante? A cosa si possono mai appigliare? Se in mesi ed anni precedenti il ritornello della destra era che i comunisti stavano per conquistare il paese, oppure il regno di Marocco tramite oscure manovre… adesso lo spauracchio torna ad essere la Catalogna ed il suo desiderio d’indipendenza. In concreto, la legge per l’amnistia che Sánchez ha offerto in cambio dell’appoggio parlamentare.
La legge d’amnistia come casus belli
Parliamo dunque di perdonare tutti gli accusati per i fatti del 1 ottobre 2017, quando il governo catalano (in mano alla coalizione nazionalista della destra di Junts + la sinistra di ERC) organizzò un referendum per l’indipendenza senza l’autorizzazione dello Stato spagnolo. Ci furono scontri di piazza, feriti ed una dichiarazione d’indipendenza fittizia che fu abortita pochi secondi dopo.
Alcuni dei leader indipendentisti andarono in galera e poi furono graziati dallo stesso Sánchez. Altri, come Puigdemont, il leader della destra nazionalista catalana, fuggirono in esilio ed adesso potranno tornare grazie a questa legge d’amnistia. Ma non soltanto loro, anche centinaia di cittadini indipendentisti che presero parte agli scontri e che devono ancora rispondere alla giustizia per quei fatti. Ed anche una ottantina di poliziotti che quei giorni hanno esagerato col manganello.
È un’amnistia come tutte le amnistie, cioè, è per tutti gli imputati, che stiano da una parte o dell’altra. È per un conflitto politico e non per la delinquenza comune. È per fare un passo in avanti nella risoluzione di quel conflitto.
Non tanto diverso, per esempio, dalla legge per l’amnistia che si fece nei primi anni del ritorno alla democrazia, lasciando liberi i tantissimi prigionieri politici (di sinistra sì, ma anche di destra… perché come stiamo riscoprendo questi giorni si può essere più di destra di Franco). Fatto curioso: sapete chi altri furono favoriti per una legge di amnistia non tanto tempo fa? Gli implicati nel fallito colpo di stato di 1981, tutti militari, tutti a piede libero senza subire nessuna condanna.
Invece questa legge di amnistia sta veramente rivoltando lo stomaco di tutto il grande popolo della destra spagnolo, assolutamente tutti, siano i fanatici dei bitcoin o gli antiabortisti dell’Opus Dei. L’accusa è che si concede tutto ai catalani, che si sta rompendo la sacra unità di Spagna (uno dei valori più forti del franchismo) e che la legge non è uguale per tutti.
Le analisi fatte sono di un semplicismo insultante, del tipo “se io domani rubo in un negozio nessuno mi farà una legge a misura”, ignorando tutto sulle amnistie e rifiutando ogni possibilità che la politica crei giustizia. Questo è uno dei punti chiave, infatti.
Le destre urlano che non si rispetta la separazione di poteri e tifano da anni per una giuridicizzazione della politica (non per caso la maggioranza dei magistrati sono dichiaratamente conservatori). Così è ormai abituale in Spagna che tutte le leggi fatte dalle sinistre sono portate al Tribunale Costituzionale dalle destre per cercare di annullarle (cosa che infatti fecero con lo statuto di Autonomia catalano, sopprimendolo in gran parte ed inaugurando così la strada indipendentista che portò verso un referendum illegale).
E anche abituale il numero enorme di politici che portano in tribunale altri politici per cose dette in parlamento o in una televisione qualsiasi. Le destre spingono perché la politica finisca in aula, davanti a un giudice che tante volte è vicino al PP, alcune addirittura a Vox, ci sono anche esponenti dei socialisti… ma non esiste niente più a sinistra. Il paradosso qui è che si parla della Giustizia come di un meccanismo imparziale, asettico e onesto che deve risolvere tutto, mentre allo stesso tempo si pubblicano grafiche e statistiche con il numero di magistrati pro-PP, pro-Vox, pro-PSOE. Impossibile spiegare loro che tantissime leggi sono una proiezione di una lotta politica che è stata vinta prima (come capire il diritto del Lavoro senza questo?). Impossibile spiegare loro che, se tutto è politica, se i magistrati sono politicizzati, se il conflitto catalano è indiscutibilmente politico, non è fantascienza trovare una soluzione politica che, tra le altre conseguenze, abbia anche quelle giuridiche.
Cosa ci aspetta nei prossimi mesi? Probabilmente caos e confusione
Qual è lo scenario più probabile nel futuro immediato? Senza dubbio, Sánchez dovrà diventare l’equilibrista più bravo al mondo per tenere in piedi questo governo. Con i baschi (siano di destra o di sinistra) convintissimi di appoggiarlo, e la sinistra catalana di ERC pure, tutto il rischio si trova nel Junts di Puigdemont, un partito da sempre impelagato in casi di corruzione e negli ultimi otto anni dedicato monotematicamente al discorso referendum-amnistia-referendum, dimenticandosi assolutamente del resto di questioni sociali ed economiche (terreno nel quale ERC sta lavorando e crescendo).
Oggi come oggi non sembra verosimile che Junts possa essere un socio di governo affidabile come ERC o il resto di forze che hanno reso possibile questo terzo governo Sánchez. Se dovessero esserci problemi giudiziari con la legge di amnistia, Junts ritirerebbe l’appoggio e tutto il lavoro legislativo rimarrebbe bloccato. Delle nuove elezioni sono anche un’opzione probabile a medio termine, con un risultato che in teoria dovrebbe essere praticamente lo stesso dello scorso luglio ma non si sa mai perché storicamente ci sono state fette dei socialisti che si sono lasciati spaventare dal conflitto catalano ed hanno abboccato al discorso delle destre su quell’argomento (rimangono in carica due o tre presidenti regionali socialisti che si sono manifestati contro la legge di amnistia).
Ancora una volta, la Catalunya è il focus della politica sp****la ed il fattore che deciderà di cosa si parlerà e cosa si farà nei prossimi mesi.
Come sempre che c’è tanto rumore, tante bandierine, tanta gente offesa… forse è importante fermarsi per non dimenticare l’importante. E per ricordare Gide che allertava sul non avere l’aria di ciò che realmente si è.
Queste ultradestre spagnole che prendono un po’ di Franco, un po’ del nazismo, un po’ di Elon Musk si stanno nutrendo tanto dei cosiddetti influencers che popolano ultimamente YouTube, podcast, TikTok, Instagram e gruppi di Telegram. Sembrano ragazzi giovani, molto interessati a fare sport ed a diventare piccoli imprenditori. Sembrano non avere la più pallida idea di storia, politica, filosofia e tutto il resto. Hanno l’aria di essere appena arrivati e voler capirlo tutto; quindi, il formato più popolare sono interviste-lampo con diversi personaggi del mondo della politica, della economia, coaching, psicologi ed altro. Sembra stiano parlando della dieta, del digiuno intermittente, degli sport di contatto, di viaggiare al sudest asiatico, ma poi piano piano cominciano a dire che questo governo è illegale, che ci sarà una catastrofe e che bisogna fare qualcosa. Tra tutte le cose, ce n’è una che si ripete in tutte queste interviste, podcast e chiacchierate: perché se il mio datore di lavoro mi paga X io in busta paga prendo soltanto Y? Fanno la scena di ti**re fuori la nomina di qualcuno. Si scandalizzano. E tutti questi soldi che mancano dove vanno? Sono per i ladri, per i politici, così vivono bene.
Per fortuna, non sembra realista pensare che Franco possa continuare a farci del danno. Neanche Carlo V o la Santissima Inquisizione. Probabilmente, e nonostante la paura che dovrebbe fare ad ogni persona decente, nemmeno l’omofobia o il razzismo avranno un lungo percorso in queste società di oggi. Vestigia di un passato che non vuole morire. Invece le destre stanno costruendo una vera e propria nazione di ignoranti che non capiscono a cosa servono né le tasse né lo Stato, e questo sì che potrebbe avere conseguenze nefaste per i lavoratori in maniera immediata. Sono pronti per privatizzare quel che resta ed a spartire il bottino tra amici e parenti.
Figurarsi, dopo tutto, hanno l’aria di essere franchisti, nazisti, omofobi, razzisti ma realmente sono neoliberisti. Non è che siamo troppo indaffarati analizzando le loro bandierine e alla fine la bandiera che conta è solo quella del denaro?
Pedro Sánchez ce l’ha fatta ancora: nuovo Governo con lo spettro del franchismo che si aggira per la Spagna Sei mesi fa sembrava impensabile ma adesso è realtà: comincia il terzo governo Sánchez, dopo aver sfidato la matematica è riuscito a siglare un accordo impossibile. Ci sarà un governo ...