21/08/2024
In una città come la nostra, sempre pronta a dividersi su ogni cosa, financo quelle su cui ci si aspetterebbe consenso unanime, non può certo meravigliare apprendere delle polemiche che in queste ore stanno accompagnando l'attività in corso in via Anfiteatro, alla ricerca dei resti dell'antico monumento romano. Si tratta al momento solo di un'indagine preliminare tramite georadar, utile a ottenere informazioni che potrebbero (condizionale d'obbligo) indirizzare uno scavo archeologico vero e proprio.
Operazione fortemente voluta da eminenti studiosi del settore, non da qualche sprovveduto improvvisato. Eppure ciò non è bastato a convincere e placare le solite immancabili voci contrarie.
Il motivo delle critiche è presto detto: nella foga di dover "turistificare" ogni cosa, tipica di questi tempi moderni, nessuno a dire dei bene informati sarebbe disposto a pagare un solo centesimo per vedere quei resti, quando a Roma c'è il Colosseo e a Verona l'Arena.
Discorso chiuso allora.
Fare archeologia però ha scopi diversi da quelli, pure importanti, di attirare i tanto agognati visitatori. Serve a capire com'erano le nostre città, come cambiarono nel corso del tempo, com'era la vita di quei tempi lontani. Rintracciare i segni di attività scomparse.
Fare archeologia significa fare storia. E ciò vale ancora di più per Taranto, una delle metropoli più importanti del Mediterraneo antico, della quale però sappiamo poco. Motivo per cui dovremmo rallegrarci per ogni possibile occasione utile a darle lustro ulteriore.
P.s.:
1 - Nessuno pensa che diventeremo ricchi se mai quei resti verranno messi in luce. Anche se non capiamo come ampliare gli itinerari culturali del centro cittadino possa essere motivo di disappunto.
2 - Nessuno perderà casa e non sarà necessario "abbattere mezza città" per scavare. Ipotesi non contemplata in alcun progetto.
3 - Ancora qualche giorno di pazienza e potremo tornare a invadere di auto il cortile dell'ex mercato coperto.