30/10/2024
Il Taranto finalmente “liberato”
di Nicola Savino
Stavolta è finita davvero. Finalmente. La lunghissima (e tormentatissima) era Giove sta volgendo definitivamente al termine. E’ vero, manca la chiusura ufficiale della trattativa con il passaggio (sia formale che effettivo) delle quote ai nuovi soci, ma nonostante qualche isolata voce discorde, probabilmente frutto dell’invidia e dell’impossibilità di far parte in qualche modo degli organigrammi che si andranno a disegnare, si è ormai ad un passo del “closing” (quelli bravi si riempiono la bocca di tale espressione). Insomma, il presidente più osteggiato e più vituperato della storia della Taranto calcistica se ne va. Era ora, è proprio il caso di dire, perché il deterioramento dei rapporti tra la città e la dirigenza uscente aveva raggiunto un punto di non ritorno.
Ci vorranno ancora una decina di giorni per definire il passaggio, ma qualche sparuto buontempone (eufemismo) va ancora cianciando di “bluff”, di mancanza di liquidità dei nuovi proprietari, di ipotesi peregrine, di castello di sabbia e senza fondamenta. A tali vaghe prospettive, si può obiettare che nessun miliardario, per quanto “sbonnato” (in Val Brembana usa dire così) di soldi, butterebbe mai dalla finestra 270mila dollari (a tanto ammonterebbe il bonifico effettuato nei giorni scorsi), per di più esponendosi a penali salate, sempre previste in ogni tipo di preliminare. Dunque, ci vorrà ancora un po’ di pazienza, ma l’intera combriccola che ha fatto danni inenarrabili è fuori da ogni tipo di gioco. Anche coloro che sono scesi dal carro prima che deragliasse del tutto.
Tentare di spiegare come mai Massimo Giove sia riuscito ad inimicarsi la quasi totalità della piazza tarantina non è un inutile esercizio retorico. Intanto c’è un dato inequivocabile: lui era il presidente in carica all’epoca del quel famigerato Taranto – Catania di 22 anni fa, fonte di ogni male e ancora oggi dolorosa e mai rimarginata ferita del popolo rossoblu. Ma, al di là di un doveroso riferimento storico, ciò è che è difficile sviscerare è il grado di non gradimento raggiunto da un personaggio, al quale comunque per correttezza vanno riconosciuti indubbi meriti.
E’ incontestabile che negli anni della serie D, abbia speso tanto, ma purtroppo spesso male. E comunque la promozione ottenuta con il colpo di testa di Santarpia sul campo del Lavello è traguardo fondamentale, come pure la salvezza abbastanza tranquilla nella prima stagione di C, i playoff sfiorati la stagione seguente e quelli raggiunti appena qualche mese fa (seppur “macchiati” dalla penalizzazione che impedì di poter partire da una posizione più vantaggiosa) sono risultati tutt’altro che disprezzabili. Anzi.
Eppure, a parte qualche inguaribile sostenitore che pure per lungo tempo ha goduto di immeritati palcoscenici mediatici, la gran parte dei tifosi non vedeva l’ora che Giove fosse estromesso. Le cause? Innanzitutto, l’opacità della gestione e la scelta di circondarsi di collaboratori che, pur sicuramente preparati, da tempo non godevano (a torto o a ragione) della stima e della considerazione generali. E poi negare l’accredito a giornalisti non graditi, concedendolo soltanto a chi in qualche modo fosse uniformato ai voleri presidenziali. E ancora una comunicazione lacunosa e improntata a menzogne spudorate. Su tutto, il molto presunto errore informatico di febbraio scorso al quale attribuire la “colpa” della penalizzazione. Quanto sarebbe stato più semplice dire la verità, assumendosene in toto la responsabilità. Un’umana ammissione che avrebbe impedito speculazioni e ulteriori problematiche.
E invece Giove ha atteso che fosse ufficializzata l’impossibilità di utilizzare lo stadio “Iacovone” per gran parte dell’anno corrente e per quello seguente (fatto che, peraltro, ogni persona di buonsenso aveva messo in preventivo nel momento in cui a Taranto furono assegnati i Giochi del Mediterraneo) per annunciare il suo formale disimpegno, peraltro a pochi giorni dalla conferenza stampa in cui in p***a magna veniva presentata la stagione in corso. E invece ha ulteriormente “sporcato” il suo mandato con i mancati pagamenti di agosto e di ottobre che comporteranno sanzioni pesanti da parte degli organi della giustizia sportiva, mettendo fortemente a rischio la permanenza nella categoria.
Ma, per fortuna, i presidenti prima o poi vanno via, ma il Taranto resta. E dunque bisogna fare i conti con l’attuale situazione che definire preoccupante appartiene più alla sfera delle speranze che della realtà oggettiva. L’organico è visibilmente mediocre, mancano figure fondamentali (direttore sportivo, direttore generale, responsabile del settore giovanile che va totalmente rifondato), bisogna intervenire presto e bene in ogni anfratto della vita societaria e sportiva. Tutto questo aspetta i nuovi soci, chiunque essi siano.
A questo proposito, non deve stupire che regni sovrana la riservatezza: in certi ambiti finanziari, è la regola. Che si tratti di singoli investitori o di fondi o comunque aziende di elevato livello, resta un vincolo ferreo: si parla a cose fatte (e firmate). D’altronde, non essendo il Taranto Calcio una società quotata in Borsa, non ci sono particolari obblighi verso i soci. E i tifosi, quel popolo che vive e soffre di una passione senza limiti? Devono saper aspettare e sperare che un’operazione che comporterà un esborso economico di svariati milioni di euro non sia frutto di un estemporaneo capriccio, ma di scelte ponderate. Nessuno butta i soldi, sia chiaro: si tratta di un investimento che solo il tempo e le azioni concrete potranno definire compiutamente.
Bisogna essere consapevoli che l’acquisizione del Taranto non è figlia di particolare amore verso il rosso e il blu, né di predilezione per il calcio (o per le cozze), ma soltanto di interesse economico: rilevare un club sull’orlo del fallimento, risanarlo, risollevarlo in virtù di importanti risultati sportivi e con la prospettiva di poter disporre nell’arco di un paio d’anni di uno stadio moderno e funzionale, atto a produrre nuovi introiti, ecco i passi per poter presentare sul mercato una società appetibile, da poter eventualmente rivendere guadagnandoci sopra.
Oggi, senza Giove, il futuro è sicuramente meno nebuloso. Lo spettro del fallimento e la conseguente scomparsa dal panorama calcistico nazionale sono stati definitivamente cancellati. E (pur ricordando come un incubo i tempi di Serpentara, Mariano Keller, Grumentum...) anche un’eventuale retrocessione non sarebbe un dramma – detto con la morte nel cuore – con una società seria e motivata alle sp***e. Basti ricordare i recentissimi casi del Bari, del Trapani, del Catania. Però bisogna fare presto, se davvero si vuole coltivare l’obiettivo della permanenza in serie C.
Questo bisogna chiedere alla nuova proprietà, non lo stato di famiglia, il codice fiscale e magari anche il gruppo sanguigno. A tempo debito, si saprà ciò che è necessario sapere, ma dopo anni di gestione nebulosa, pretendere che si sappia tutto e subito appare sinceramente eccessivo e pretestuoso.