"Io nelle figure di #VincenzoAgostino e di #AugustaSchiera rivedevo mia nonna (#FeliciaImpasto, ndr)". Così #LuisaImpastato, nipote di #PeppinoImpastato, durante l’evento organizzato a Palermo lo scorso 04 agosto a Villa Filippina in memoria di #VincenzoAgostino e #AugustaSchiera, due monumenti dell’antimafia: genitori dell’agente di polizia #NinoAgostino, assassinato assieme a sua moglie #IdaCastelluccio (incinta) il 05 agosto 1989 a Villagrazia di Carini.
"Vincenzo e Augusta ci sono sempre stati. Non c'è stata manifestazione, non c'è stato 9 maggio senza la presenza loro fin quando ovviamente ci sono stati - ha detto-. Quest'anno è stata un'immensa assenza quella di Vincenzo che io vedevo immediatamente dal balcone, vedevo la sua barba bianca ma devo dire anche i suoi Grandissimi occhi blu.
Devo dire anche che oggi sembra che lui ci sia. Una cosa molto bella che mi viene da dire pensando a mia nonna, pensando ad Augusta, pensando a Vincenzo, è che è vero, loro hanno perso un figlio. ma ne hanno trovati tantissimi e questa è la dimostrazione di questo impegno che hanno portato avanti nel corso di questi anni, un impegno per la ricerca di verità e giustizia, a differenza di mia nonna che per fortuna è riuscita in vita ad ottenere questa risposta per cui ha lottato, purtroppo Vincenzo e Augusta non sono scomparsi con quella pace nel cuore, però se oggi ricordiamo Nino, se oggi ricordiamo Ida e il loro bambino e soprattutto grazie a Vincenzo e grazie ad Augusta".
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“Nella mia precedente vita ho fatto da poliziotto, ho cercato di assicurare alla giustizia soggetti uomini che si erano macchiati di omicidi, di stragi e che avevano seminato dolore e morte nella Sicilia di quegli anni. E sono consapevole che nella vera lotta alla mafia tutto questo non basta. Ci vuole anche la cultura, ci vuole l'esempio, ci vuole l'impegno, ci vuole l'alternativa etica e morale, ci vuole un progetto condiviso con tutte le altre componenti sociali e istituzionali. #VincenzoAgostino era un guerriero moderno in questo. La sua era un'armatura fatta di valori che rappresentano le fondamenta del vivere civile”. Così #RenatoCortese, già Questore di Palermo, durante l’evento organizzato a Palermo lo scorso 04 agosto a Villa Filippina in memoria di #VincenzoAgostino e #AugustaSchiera, due monumenti dell’antimafia: genitori dell’agente di polizia #NinoAgostino, assassinato assieme a sua moglie #IdaCastelluccio (incinta) il 05 agosto 1989 a Villagrazia di Carini. “Mi porto dietro questa immagine di Vincenzo, questo volto, questa barba che poi è diventata essa stessa simbolo della lotta alla mafia. È nato un rapporto con lui, un legame immediato. Bastava uno sguardo, un gesto e capivamo di essere sulla stessa lunghezza d'onda - ha continuato Cortese. L'ho conosciuto meglio quando poi sono tornato da quest'ora a Palermo in una veste più istituzionale. Ricordo le tantissime e lunghissime chiacchierate negli uffici della Questura. Poi, quando sono stato trasferito a Roma, non c'era giorno in cui lui non arrivava a Roma, mi chiamava anche per pochi minuti, ci vedevamo sotto il Viminale. Lui diceva no devo venire a salutarla perché per trovare il coraggio per andare avanti ma in realtà non sapeva che in realtà era lui la fonte di ispirazione con la sua presenza e col suo esempio era fonte di ispirazione e di coraggio”.
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"Il collaboratore della giustizia è l'arma risolutiva nella lotta contro la mafia". Così il direttore di @antimafiaduemila #GiorgioBongiovanni durante la presentazione le libro "Pentiti. Storia, importanza e insidie del fenomeno dei collaboratori di giustizia" (ed. @rubbettinoeditore) scritto dal procuratore Luca Tescaroli.
Durante l'evento, organizzato a Polcenigo (PN) dall'Associazione 'Il Sicomoro Aps' e da ANTIMAFIADuemila, Bongiovanni ha sottolineato come "il pentito, il collaboratore della giustizia, è la chiave per entrare nel cuore di #CosaNostra, conoscere i suoi segreti e smantellare l'organizzazione".
Anche l'allora capo di Cosa nostra #SalvatoreRiina aveva compreso "che i magistrati avevano trovato un'arma risolutiva"; per questo inserì all'interno del famoso '#papello' l'abolizione della legislazione sui collaboratori mentre stava ricattando lo Stato a suon di bombe. Con questo libro Tescaroli - ha continuato Bongiovanni - vuole far comprendere ai cittadini l'importanza di questo strumento. Questo è essenziale, soprattutto ora che si cerca di smantellare la legge sui collaboratori della giustizia, di svuotarla, di modificarla, in modo che nessuno più si penta". "I cittadini - ha aggiunto - devono essere consapevoli, quando vanno a votare, se nel programma politico di un governo c'è la lotta contro la mafia e il rafforzamento della legislazione a favore dei collaboratori della giustizia".
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#CollaborazioneGiustizia #ProtezioneGiustizia #Giustizia #Mafie #Pentiti #SistemaGiudiziario #ProcuratoreTescaroli #LucaTescaroli #RubbettinoEditore
"Bisognerebbe individuare soluzioni che rendano appetibile la collaborazione. È previsto che, prima di ottenere la libertà, il collaboratore debba rimanere in carcere per un decennio, periodo che può essere ridotto a seguito dell'applicazione della liberazione anticipata, diciamo di due anni e mezzo. Ora, se si incidesse su questo tetto di necessaria permanenza in carcere, si renderebbe certamente più appetibile la scelta collaborativa. Si potrebbe pensare a rendere più efficiente il sistema di protezione affidato al servizio centrale di protezione e alle articolazioni territoriali costituite dai NOP, in modo da migliorare le esigenze della vita quotidiana".
Queste sono state le parole del procuratore della Repubblica di Prato Luca Tescaroli durante la serata in cui è stato presentato il suo ultimo libro, Pentiti (edito da @rubbettinoeditore). Il magistrato ha elencato diversi punti di miglioramento che si potrebbero adottare in merito alla legislazione sui collaboratori di giustizia.
"Uno degli obiettivi fondamentali delle collaborazioni - ha detto - dovrebbe essere quello di permettere a chi collabora con la giustizia di poter accedere al mondo del lavoro, di avere un'attività lavorativa, perché non può esserci una forma di assistenza sociale a vita per il collaboratore; non è vantaggioso per lo Stato”.
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"Il nostro manifesto è molto sintetico e dice 'conosciamo la verità e abbiamo le prove'. Non abbiamo esagerato. Gli ultimi processi, l'appello Cavallini e sui mandanti hanno certificato che la strage è stata organizzata e finanziata dai vertici della P2, protetta dal punto di vista organizzativo in maniera molto attenta dai nostri servizi segreti, ed eseguita da terroristi fascisti. E' la verità e questa diventa la lettura della strategia della tensione, è un passo eccezionale per conoscere fino in fondo la storia criminale e politica del nostro paese". Lo ha detto il presidente dei familiari delle vittime della Strage del 2 agosto 1980 Paolo Bolognesi, durante l'incontro a Palazzo D'Accursio, presente il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi. "E' una cosa che lascia sgomenti. Abbiamo avuto un presidente del consiglio che è stato membro della loggia P2, addirittura gli hanno intitolato un aeroporto. Portano avanti leggi che sono punti focali del piano di rinascita democratica. Sembra che chi è al governo non è che abbia compreso bene le verità processuali. E' una lacuna notevole per la nostra democrazia", ha aggiunto, spiegando che la richiesta dei familiari è che venga riconosciuta la matrice fascista dell'attentato.
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antimafiaduemila #stragedibologna #paolobolognesi
Oggi il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha partecipato, in rappresentanza del Governo, alle cerimonie di commemorazione della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. In mattinata, il titolare del Viminale si è recato a Palazzo d’Accursio dove, dopo aver incontrato insieme alle autorità presenti i familiari delle vittime, ha tenuto un intervento per ricordare i tragici eventi di 44 anni fa.
Alla conclusione dell'intervento un cittadino ha contestato il ministro: "Ministro ci dica del ruolo della Nato sulla strage del 2 agosto e delle organizzazioni 'stay-behind' legate a doppio filo con ufficiali, politici, ispiratori e mandanti della strage del 2 agosto. Ci dica anche di Ustica. Ministro, in qualità di rappresentante del Governo si impegni a desecretare tutti gli atti che riguardano queste stragi che hanno toccato la nostra città. E' inutile che venga qui a fare la passerella".
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“Solo in un paese moralmente finito come il nostro si può pensare di dedicare un aeroporto ad un condannato in via definitiva per frode fiscale, iscritto alla P2 e che per 18 anni ha finanziato Cosa nostra”. Sono state queste le parole di #PierpaoloFarina, presidente e fondatore di #Wikimafia, presente sul palco di via d’Amelio il 19 luglio scorso durante l’evento ‘Noi sappiamo chi siete’.
“Vi dico solo che all’estero hanno già ribattezzato l’aeroporto Milano Malpensa ‘Bunga Bunga’ airport. E questi sono i patrioti, quelli che tengono all’immagine dell’Italia, quelli che manganellano gli studenti al 23 maggio, quelli che cancellano l’abuso d’ufficio e censurano i giornalisti Rai. Questi dicono di ispirarsi a Paolo Borsellino: gentile presidente del Consiglio Giorgia Meloni, voi con queste iniziative indecenti il nome di #PaoloBorsellino avete perso ogni diritto di farlo!”
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#antimafiaduemila #trattativastatomafia #stragediviadamelio #19luglio92
“Continua a essere propinata una narrativa delle stragi antistorica e distorta rispetto alle verità emerse: quella della mafia brutta e cattiva da un lato e dello Stato buono e integerrimo dall'altro, oppure quella ancora più pericolosa che oggi non esiste più l'emergenza mafia, nonostante l'esistenza di progetti di attentato ancora in corso”.
Sono state queste le parole di @marta_capaccioni , attivista di @_ourvoiceit, durante la manifestazione del 19 luglio in via d’Amelio per ricordare il giudice #PaoloBorsellino e gli agenti della sua scorta.
“Vengono eroicizzate le figure di #Falcone e #Borsellino, trasformate in mausolei della memoria, svuotando di senso il loro servizio, la loro lotta e la loro profonda coerenza, ma soprattutto dimenticando che le loro furono vite segnate da continui isolamenti, delegittimazioni e attacchi politici e mediatici. Si omette volontariamente che furono lasciati soli fino all'ultimo giorno e traditi dall'interno delle istituzioni”.
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#antimafiaduemila #trattativastatomafia #stragediviadamelio #19luglio92
"Il processo trattativa Stato-mafia, che certi intellettuali da tastiera, spesso rintanati dietro la loro scrivania accademica di palazzo, hanno subito bollato come una boiata pazzesca. Non per il merito, ci mancherebbe; solo dei folli utopisti avrebbero il coraggio di leggersi quasi diecimila pagine di sentenze al cui interno, nonostante le assoluzioni nel nome del popolo italiano, sono state scritte ricostruzioni che dicono molto. Fatti che pesano come macigni" ha ricordato @jamilelsadi, redattore di ANTIMAFIADuemila e attivista di @ourvoiceit dal palco di via d'Amelio durante l'evento 'Noi sappiamo chi siete'.
"Basti pensare alla mancata perquisizione del covo di Riina da parte del ROS dei Carabinieri, all'improvvida iniziativa che sempre il ROS dei #Carabinieri, durante le stragi del '92, in piena trattativa con ##Cosanostra, aveva in spregio ai doveri d'ufficio. Quel muro contro muro tra lo Stato e Cosa Nostra, come disse lo stesso #MarioMori, per non parlare della mancata cattura di #BernardoProvenzano tramite #LuigiIlardo e tanto, tanto altro.
Un processo scomodo che portò Cosa Nostra a organizzare un progetto di attentato nei confronti del sostituto procuratore nazionale antimafia Nino Di Matteo, al tempo PM di punta del pool che conduceva l'accusa".
"Furono proprio #TotòRiina e #MatteoMessinaDenaro a condannare a morte #NinoDiMatteo perché con il processo trattativa Stato-mafia si era spinto troppo oltre. Altro che boiata pazzesca e altro che antimafia della fuffa, come dicono taluni".
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#antimafiaduemila #trattativastatomafia #stragediviadamelio #19luglio92
Ennesimo scandalo al Csm. La consigliera laica #RosannaNatoli ha rassegnato le sue dimissioni dalla Sezione disciplinare. L’avvocata, eletta in quota Fratelli d’Italia, il 3 novembre 2023 ha convocato e ricevuto nel suo studio di Paternò la giudice di Catania Maria Fascetto Sivillo, che si trova a processo davanti alla stessa Sezione.
Il nuovo terremoto del Csm Non ha come epicentro l'udienza di martedì scorso sul caso Sivillo, su cui pende un procedimento disciplinare per la condanna a tre anni e sei mesi inflitta dal tribunale di Catania per aver preteso la cancellazione di una cartella esattoriale da parte dell'agenzia delle riscossioni siciliana. Nel corso del dibattimento la giudice ha rivelato alla commissione di avere una "cosa grave da raccontare", e cioè quell'incontro privato con la sua conterranea Natoli. Il suo avvocato, Carlo Taormina, ha poi consegnato la pennetta Usb con l'audio del colloquio e le 130 pagine della trascrizione nelle mani del presidente della sezione disciplinare, Fabio Pinelli. Un paio d'ore dopo è arrivata la comunicazione delle dimissioni della consigliera che, di conseguenza, non si è presentata al plenum di ieri.
Natoli dà consigli alla magistrata su come difendersi dalle accuse nei suoi confronti, nonostante sia uno dei giudici che dovranno valutare – e in parte hanno già valutato – la sua condotta.
Proprio nei giorni scorsi #SebastianoArdita, oggi procuratore aggiunto a Catania, su cui tra l’altro la Natoli avrebbe posto il veto al Csm per la sua nomina come capo della procura etnea, a Reggio Calabria ha parlato proprio del codice etico della #magistratura. Una lectio magistralis che, senza timore di smentita, a molti Consiglieri farebbe bene. Anzi, farebbe scuola.
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L’ennesimo scandalo al Csm, consigliera Natoli si dimette
Ennesimo scandalo al #Csm. La consigliera laica #RosannaNatoli ha rassegnato le sue dimissioni dalla Sezione disciplinare.
L’avvocata, eletta in quota #FratellidItalia, il 3 novembre 2023 ha convocato e ricevuto nel suo studio di Paternò la giudice di Catania Maria Fascetto Sivillo, che si trova a processo davanti alla stessa Sezione.
Il nuovo terremoto, che fa tremare ancora una volta Palazzo Bachelet, ha come epicentro l'udienza di martedì scorso sul caso Sivillo, su cui pende un procedimento disciplinare per la condanna a tre anni e sei mesi inflitta dal tribunale di Catania per aver preteso la cancellazione di una cartella esattoriale da parte dell'agenzia delle riscossioni siciliana.
Nel corso del dibattimento la giudice ha rivelato alla commissione di avere una "cosa grave da raccontare", e cioè quell'incontro privato con la sua conterranea Natoli. Il suo avvocato, Carlo Taormina, ha poi consegnato la pennetta Usb con l'audio del colloquio e le 130 pagine della trascrizione nelle mani del presidente della sezione disciplinare, Fabio Pinelli.
Un paio d'ore dopo è arrivata la comunicazione delle dimissioni della consigliera che, di conseguenza, non si è presentata al plenum.
Dall’audio pubblicato su Il Fatto Quotidiano si evince chiaramente che Natoli dà consigli alla magistrata su come difendersi dalle accuse nei suoi confronti, nonostante sia uno dei giudici che dovranno valutare – e in parte hanno già valutato – la sua condotta.
Nei loro anni al Csm, gli ex consiglieri togati #NinoDiMatteo e Sebastiano Ardita - che hanno affrontato in prima persona gli scandali Palamara e quello sulla fantomatica Loggia Ungheria - a più riprese hanno detto che il compito del Csm è quello di “segnalare ogni aspetto di possibile disfunzione per l’amministrazione della giustizia e di lesione dell’indipendenza e autonomia della magistratura nel suo complesso e nei confronti del singolo magistrato”.
L’esatto contrario, dunque, di ciò che traspare
“Mi è capitato di leggere le parole che il Presidente della Repubblica #SergioMattarella ha rivolto agli italiani. Avrei voluto leggere altre parole. Quando anni fa fu eletto Sergio Mattarella, io dissi che mi aspettavo i fatti e non le parole. Ci sono state le parole in parte, ma i fatti non ci sono visti. Resta del tutto in evasa la richiesta di verità e giustizia sui mandanti del massacro di #PaoloBorsellino e della sua scorta”.
Sono state queste le parole di #SalvatoreBorsellino, fratello del giudice Paolo Borsellino ucciso in via d’Amelio il 19 luglio del 1992, nell’ambito dell’evento ‘Noi sappiamo chi siete’.
“Non basta ricordare via d’Amelio, ma bisogna capire ciò che avvenne e perché avvenne e soprattutto sapere da che parte stare, senza sé e senza ma. Al di là delle sentenze di assoluzione di uno Stato che non vuole condannare sé stesso, ci sono personaggi scomparsi o ancora in vita, che hanno guadagnato il nostro eterno disprezzo per aver tradito Paolo Borsellino e per aver coperto le vere responsabilità e le vere motivazioni del suo massacro. Ecco, queste sono le parole che avrei voluto sentire dal nostro Presidente. Purtroppo non le ho sentite. Ma noi, come dice lo slogan di questa manifestazione, noi sappiamo chi siete!
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#antimafiaduemila #trattativastatomafia #stragediviadamelio #19luglio92
#19luglio1992, un’autobomba esplode in #viadAmelio, ai piedi del Monte Pellegrino, da cui sovrasta il suggestivo Castello Utveggio. Vengono uccisi il giudice #PaoloBorsellino assieme agli agenti di scorta #AgostinoCatalano, #WalterEddieCosina, #EmanuelaLoi, #ClaudioTraina e #VincenzoLiMuli.
Quel vicolo cieco è un inferno: l’odore del sangue si mescola con la puzza di fumo e di benzina; i palazzi sventrati; il panico fra la gente. A 32 anni di distanza, tramite testimonianze e analisi di atti e documenti, continuiamo a porci domande sulla strage di via D’Amelio. Domande necessarie soprattutto in un momento in cui, come oggi, da più parti si cerca di cancellare la componente istituzionale dietro la strage, imboccando filoni investigativi per cui a voler eliminare Borsellino sarebbe stata solo #Cosanostra. Senza complici. Solo #mafia.
Piste che non fanno luce su chi siano i mandanti esterni che hanno ordinato la morte di Borsellino e perché. Sul perché ci sia stata l’accelerazione della strage. Su chi ha preso l’agenda rossa dall’auto in fiamme. Chi sono i soggetti esterni a Cosa nostra e che ruolo hanno giocato nella realizzazione della strage?
Per capire quali sono queste verità mancanti vi proponiamo un #docuvideo che abbiamo realizzato in occasione del 31° anniversario della strage di via d’Amelio. Perché oggi, come allora, a che se Cosa nostra ha cambiato strategia, non significa che si sia arresa.
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#StrageViaDAmelio #VeritaMancanti #Documentario #agendarossa #mandantiesterni #trattativastatomafia #trailer
“Io ho cominciato a fare quello che faccio soltanto dopo che mio fratello è stato ucciso. Quindi, ho un grosso debito da pagare. Un debito da pagare a Paolo - ha proseguito #SalvatoreBorsellino - ad Agostino, a Claudio, a Emanuela, a Vincenzo e a Walter”.
Sono queste le parole commosse di Salvatore Borsellino, fondatore del @movimentoagenderosse. Il fratello del giudice #PaoloBorsellino era presenta questa mattina alla caserma Lungaro di #Palermo, sede dello storico reparto scorte della città, per il consueto momento di raccoglimento che si celebra alla vigilia dell’anniversario della strage di via d’Amelio tra familiari di vittime di mafia, poliziotti e agenti di scorta in pensione e in servizio e membri della società civile.
“Qui non ci sono autorità, non ci sono istituzioni, c’è soltanto il questore perché è il padrone di casa ed è grazie a lui che siamo qui”, ha aggiunto Borsellino. “Mancano quelle autorità, quelle istituzioni che trasformano questi giorni in una parata, in una passerella; quando invece ancora da loro aspettiamo quella verità e quella giustizia che ancora non ci hanno dato. Purtroppo, le ultime sentenze hanno allontanato ancora la speranza di avere verità e giustizia”.
“Io sono certo che me ne andrò, come #VincenzoAgostino e come tanti altri, senza avere avuto questa verità”, ha detto amareggiato Borsellino. “Ma a noi non importa avere la verità nelle aule processuali - ha concluso - noi sappiamo chi siete, lo sappiamo e continueremo a combattere per avere questa verità e questa giustizia che fino a oggi è stata negata, venga finalmente alla luce”.
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#Palermo ricorda #PaoloBorsellino e gli agenti della scorta AgostinoCatalano, #WalterEddieCosina, #EmanuelaLoi, #ClaudioTraina e #VincenzoFabioLiMuli, uccisi dal tritolo mafioso 32 anni fa, il #19luglio1992.
All'interno dell'evento "Noi sappiamo chi siete", organizzato dal @movimentoagenderosse, dopo il minuto di silenzio e la lettura della poesia "Giudice Paolo" di Marilena Monti.
Alle 17.30 si terrà il dibattito "Dietro le stragi: verità nascoste, verità negate". Intervengono #SalvatoreBorsellino, #NinoDiMatteo, #SaverioLodato, #FabioRepici (avvocato familiari vittime di mafia), #RobertoScarpinato (ex magistrato, senatore). Modera @aaronpettinari (caporedattore ANTIMAFIADuemila).
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🗣️ @aaronpettinari
Sono quasi 25 anni che esiste @ANTIMAFIADuemila. In tutti questi anni abbiamo seguito inchieste e processi sulle stragi di Capaci, via d'Amelio, quelli sulle stragi del 1993, fino ad arrivare al processo sulla trattativa Stato-mafia.
Fin dal primo numero cartaceo, e poi nel sito internet, abbiamo sempre espresso l'intento per cui è nato questo giornale: contribuire, nel nostro piccolo, al raggiungimento della verità sulle stragi del biennio '92/'93.
Siamo sempre stati convinti che solo facendo luce sui “#MandantiEsterni” a #Cosanostra nelle cosiddette “#stragidiStato” potremo risorgere dalle ceneri di una seconda Repubblica fondata sul sangue di #Falcone e #Borsellino.
E solamente arrivando a queste verità scomode potremo auspicare ad una vera democrazia libera dall'oppressione mafiosa.
Con questo speciale in tre parti (Via d'Amelio, la nostra #verità) mettiamo in fila tutte quelle zone d'ombra che ancora restano da chiarire con un invito alla #ProcuradiCaltanissetta di non focalizzarsi solo su un tassello, quello riguardante l'inchiesta #mafiaAppalti, e non al mosaico completo.
In questo momento storico c'è chi vorrebbe riscrivere la storia riducendo le motivazioni delle stragi esclusivamente a interessi economici di mafiosi, imprenditori e politici della prima repubblica. La realtà è ben diversa: c'era una convergenza di interessi che andava oltre le mafie. Anche di questo parliamo nel #dossier. Buona lettura.
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#antimafiaduemila #antimafia #TrattativaStatoMafia #StragediviadAmelio #viaDamelio #19luglio1992
“C’è un mondo capovolto per cui alla fine gente che è stata condannata per #mafia, anche se riabilita come #Cuffaro, che rientra in #politica e magistrati che hanno combattuto la mafia, come #NinoDiMatteo, che vengono additati come appestati da politici o anche da colleghi. Questo credo sia intollerabile”.
Così #SigfridoRanucci, dialogando con il giornalista @luca_sommi, nella rassegna “#Dedalo” a Parma. Il conduttore di @reportrai3 ha commentato la #sentenza della #Cassazione sul #processo #TrattativaStatomafia.
"C’è stato il tentativo di dire che la trattativa non c’è stata, che è stata un’invenzione dei magistrati. Voglio ricordare che la prima persona a parlare di #trattativa è il Colonnello #MarioMori, uno degli imputati poi assolto, nell’udienza di Firenze dove disse che parlando con Ciancimino disse ma questi cosa vogliono per fermare questa guerra allo Stato’”.
“Secondo i pm questo spunto ha fatto credere a #Cosanostra che trattando con lo Stato si poteva ottenere qualcosa e quindi hanno aumentato il quantitativo di attentati”. “Leggendo tutte le motivazioni di tutti i gradi giudizi sul processo trattativa uno ha una consapevolezza: che i fatti siano avvenuti”, ha affermato Ranucci. “Poi si possono giudicare dal punto di vista giudiziario, ma quei fatti storicamente sono avvenuti. Cosa è indegno? E’ indegno che alcuni politici e alcuni giornalisti, purtroppo, hanno additato i magistrati dicendo che si erano inventati questa storia”.
Non solo. Secondo Ranucci la Cassazione non spiega come sia possibile, “se questa trattativa non è avvenuta, che #MatteoMessinaDenaro e #BernardoProvenzano siano stati latitanti per 30-40”. “Questo le sentenze non lo spiegano. E quindi credo che una verità giudiziaria ci potrà essere soltanto quando lo Stato sarà pronto a processare sé stesso”.
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“Mi ha accennato che c’era una #trattativa tra la mafia e lo Stato ma che durava da un po’ di tempo. Dopo la #stragediCapaci si dice che c’era un colloquio tra la mafia e alcuni pezzi infedeli dello Stato”. Erano queste le parole di #AgnesePirainoLeto, moglie di #PaoloBorsellino, ricordando ai magistrati di Caltanissetta quanto le disse il marito il 15 luglio 1992, quattro giorni prima di essere assassinato da #Cosanostra.
“Il 15 luglio 1992, verso sera, conversando con mio marito in balcone lo vidi sconvolto - continuava nella sua deposizione ai pm la vedova del giudice - mi disse testualmente: ho visto la #mafia in diretta, perché mi hanno detto che il generale #Subranni era #punciutu”. Un’informazione, ricorderà Agnese Borsellino, che il #magistrato dava come per certa e di una gravità tale che “quando gliel’hanno detto dice addirittura che ha avuto conati di vomito perché per lui l’Arma e chi la compone e chi ne fa parte era sacra e intoccabile”.
Passano tre giorni da quella cena, Paolo Borsellino durante una passeggiata sul lungomare di Carini con la moglie le dirà “che non sarebbe stata la mafia a ucciderlo, della quale non aveva paura, ma sarebbero stati i suoi colleghi ed altri a permettere che ciò potesse accadere”.
Il 19 luglio una Fiat 126 imbottita di tritolo esplode in via d’Amelio, Borsellino morirà insieme agli agenti di scorta #EmanuelaLoi, #AgostinoCatalano, #VincenzoLiMuli, #EddieWalterCosina e #ClaudioTraina.
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