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Per riparlare del romanzo classico.
30/08/2024

Per riparlare del romanzo classico.

Didattica delle discipline classiche

Alcune note sulla genesi del romanzo degli antichi

di Marino Faggella

1.Il romanzo, nelle sue varie forme e sottogeneri, è senza dubbio il frutto di una sensibilità tutta moderna, sicché oggi la narrativa costituisce certamente il genere letterario di consumo di maggior successo tra il pubblico medio. Anche in sede critica, secondo la celebre teoria di Lukachs, è diffusa la tendenza a considerare il romanzo e la novella come generi attuali, nati tra il XVIII e il XIX secolo contemporaneamente all’affermazione del ceto borghese. Se quest’ultima teoria non può essere smentita, resta comunque vero anche il fatto che il piacere di narrare e il gusto per la narrativa d’invenzione e d’avventura sono effettivamente antichi quanto il mondo e hanno trovato espressione nel nostro mondo occidentale, già nell’Odissea di Omero, archetipo di tutte le forme romanzesche che sorsero più innanzi.

L’operazione di scoprire le origini del genere narrativo, andando alle sue radici, non è tuttavia agevole, in quanto il romanzo, che ne è la forma più nota, non solo si affermò tardi nella fase ultima della civiltà dei Greci, ma è stato anche scarsamente riconosciuto dai retori come genere a sé, legato solo all’intrattenimento, ed operante in un contesto che tendeva ad esaltare i generi più alti e sublimi come l’epica e la tragedia. Malgrado quest’ultimo pregiudizio, che si sarebbe perpetuato nel tempo fino ai giorni nostri lungo la linea del classicismo fino alla rivoluzione romantica, la produzione narrativa antica non è andata di fatto perduta nel corso della storia e ci è pervenuta, pur sotto forma di digressioni interne ad opere più ampie e di notevole importanza, come il “Satyricon” di Petronio (I secolo d.C.) e le”Metamorfosi di Apuleio (II secolo d.C.) che proprio a causa della loro tecnica intarsiata vengono indicate come appartenenti un po’ impropriamente al genere del romanzo.

2. Gli antichi grammatici e critici, nonostante la loro cura scrupolosa nel classificare e catalogare, talora addirittura in modo cavilloso, i generi letterari, sembrano averne letteralmente dimenticato uno, il cosiddetto “romanzo greco” o “romanzo ellenistico”, lasciando ai moderni il difficile compito di riconoscerlo, definirlo e -cosa non meno importante- dargli un nome. Il termine “romanzo”, infatti, riferito ad un genere della prosa antica, è un evidente anacronismo, che mentre tenta di stabilire con il romanzo moderno somiglianze soprattutto esteriori e formali (racconto in prosa di una certa ampiezza, con una trama unitaria, incentrata su avventure, peripezie, viaggi), finisce soprattutto per dichiarare la difficoltà dei moderni nel definire questo tipo di produzione. Nel silenzio degli antichi, infatti, che evidentemente non lo ritenevano degno dell'attenzione degli uomini colti, appare difficile persino capire come essi designassero questo filone narrativo, al di là forse di termini generici quali fabula in latino o lògos o diéghesis in greco.

3. In realtà, a testimoniare l'esistenza di questo genere letterario sono solo i testi stessi, pervenutici per tradizione diretta o attraverso papiri, la cui abbondanza rivela la diffusione ampia e silenziosa di un altro livello della letteratura, inferiore a quella “alta”, ma ad essa parallelo. I testi a noi noti rivelano peraltro la difficoltà e l'inopportunità di classificare sotto un'unica voce il genere del “romanzo”: proprio come nel romanzo moderno, infatti, sembrano riconoscibili filoni diversi di questo tipo di narrativa, che hanno in comune il motivo dei viaggi avventurosi, ma si distinguono per la presenza o l'assenza della tematica erotica, della metamorfosi, dell'elemento biografico più o meno fantasioso in relazione a grandi personaggi, della parodia.

Il filone per noi meglio rappresentato è costituito da cinque testi pervenuti per intero e risalenti a periodi diversi: le Avventure di Cherea e Calliroe, di Caritone di Afrodisia, databile al più tardi al I sec. d.C.; la Storia efesia di Antea e Abrocomo, di Senofonte di Efeso, probabilmente del II sec. d. C.; le Avventure di Leucippe e Clitofonte, di Achille Tazio, non posteriore alla fine del II sec. d. C.; la Storia pastorale di Dafni e Cloe, di Longo Sofista, datato tra la fine del II e l'inizio del III sec. d. C.; le Storie etiopiche di Teagene e Cariclea, di Eliodoro, di incerta e discussa datazione.

In questi romanzi al tema del viaggio e delle peripezie si mescola il tema amoroso: queste storie, che presentano caratteri stereotipi e banalizzati, si incentrano immancabilmente sulla vicenda di due giovani, che prima di poter coronare il loro sogno d'amore vengono separati e costretti ad affrontare una serie di avventure, talora fantastiche e poco credibili, in un'ambientazione non realistica e con continui colpi di scena. Luoghi e personaggi sono idealizzati, la psicologia è elementare, la distinzione in “buoni” e “cattivi” è stereotipa e il lieto fine è scontato; i due protagonisti, bellissimi, rischiano di frequente la vita e soprattutto si attenta alla loro castità, ma essi riescono a superare ogni difficoltà restando fedeli l'uno all'altra e agendo sempre secondo lealtà e giustizia. Il linguaggio è artificioso e poco realistico, l'ambientazione è in luoghi esotici immaginari e favolosi.

Si tratta di tutte caratteristiche attraverso le quali appare possibile ricostruire il lettore-tipo dei romanzi ellenistici, identificandolo in un ambiente sociale e culturale “medio”, fatto di persone senza grandi conoscenze né pretese letterarie e dunque facili da accontentare, che nei romanzi non cercavano certo problematiche complesse o profondi messaggi morali, ma soprattutto una facile evasione da una realtà quotidiana divenuta in età imperiale piatta e monotona, specialmente nelle regioni orientali del dominio romano. I luoghi fantastici, i personaggi idealizzati, la prevedibilità del lieto fine garantivano appunto uno svago senza profondità, mentre le citazioni colte sparse qua e là nei testi (sono riconoscibili soprattutto influssi di Euripide, il tragediografo più popolare in età ellenistica e imperiale, e riferimenti anche linguistici ad Omero) davano l'illusione di leggere letteratura colta; il perbenismo dominante assicurava infine la moralità di un messaggio in realtà banale e scontato. Questi aspetti del romanzo e il tipo di pubblico al quale esso era destinato spiegano anche il silenzio dei dotti riguardo ad esso, ritenuto evidentemente un genere non abbastanza “colto” da poter essere preso in considerazione da autentici intellettuali e giudicato un genere “di consumo” ad uso di lettori poco raffinati nei gusti e nelle competenze.

4. La finalità di evasione, sganciata però dallo scialbo moralismo dei romanzi d'amore, è altrettanto evidente anche nel filone che potremmo definire “avventuroso” tout court, imperniato sulla narrazione di viaggi in luoghi fantastici e talora mescolato con l'elemento della metamorfosi del protagonista in animale. In questo gruppo si collocano in ambito greco opere come lo pseudo-lucianeo Lucio o l'asino e in ambito latino, ma ad un livello di gran lunga superiore, le Metamorfosi di Apuleio: qui nel canovaccio convenzionale della vicenda di un protagonista, Lucio, trasformato in asino e desideroso di recuperare le sembianze umane, le sue stravaganti avventure sono inserite in una visione di più elevata spiritualità e si rivelano un cammino interiore culminante nella conversione di Lucio al culto di Iside.

La fortuna di questo tipo di romanzi, basati su una notevole inventiva e sulla novità incessante delle vicende, che non di rado sfocia nell'inverosimile e nel comico involontario delle peripezie narrate, trova una testimonianza sui generis nella scatenata parodia che di essi (forse specificamente di un testo assai popolare, le Meraviglie al di là di Tule di Antonio Diogene) fece un grande scrittore come Luciano di Samosata nella sua originalissima Storia vera, ricostruzione volutamente eccessiva ed incredibile di avventure strampalate che trasportano il protagonista dalla Luna al ventre di una balena, facendo il verso alla mancanza di misura degli autori e all'ingenuità dei lettori di simili storie.

Senza dubbio l'esito più alto di questo filone del romanzo greco dovrebbe essere indicato, ancora una volta in ambito latino, nel Satyricon, in cui il tema delle avventure strampalate appare peraltro fuso in maniera del tutto particolare con quello erotico, in una prospettiva che appare tuttavia completamente rovesciata rispetto ai romanzi greci. I numerosi e intricati problemi posti dal capolavoro petroniano, tra cui non ultimo proprio quello del suo effettivo rapporto con il genere del romanzo e, di conseguenza, quello del suo senso più vero, non consentono in realtà neppure di definire con sicurezza il Satyricon un romanzo, poiché la sua forma variegata lascia intravvedere anche altri modelli, in poesia e in prosa, e fa dell'opera un unicum enigmatico e affascinante nel panorama dell'intera letteratura latina.

Prima di Freud, e' stato proprio l'autore di questo romanzo a tentatare con successo l'analisi del profondo. Scendendo a...
29/08/2024

Prima di Freud, e' stato proprio l'autore di questo romanzo a tentatare con successo l'analisi del profondo. Scendendo al di sotto della linea razionale egli ha aperto la strada al romanzo analitico che tanta fortuna ha trovato nel '900.

"L'idiota" di Fëdor Dostoevskij è un capolavoro immortale, un romanzo che affronta temi profondi e complessi.

Il protagonista, il Principe Myškin, torna in Russia dopo essere stato in sanatorio per curare la sua malattia: l'epilessia. Consapevole della caducità della vita e del dolore che spesso lo accompagna, il nostro Principe, puro di cuore, sarà buono e compassionevole con chiunque incontri, senza chiedere nulla in cambio. Tuttavia, la bontà spesso fa sì che il mondo si approfitti di chi la pratica con convinzione. Quando il Principe si innamora perdutamente di Nastas'ja Filippovna, una donna bellissima ma di dubbia reputazione, la trama si complica. Nastas'ja Filippovna, che si fa mantenere vivendo nel lusso grazie agli uomini che frequenta, cercherà di impedire che Myškin si comprometta per un amore che non è degno di lui. Il tragico finale rivela come il fragile equilibrio fra il bene e il male penda sempre dalla parte di quest'ultimo.

"L'idiota" esplora l'innocenza e la purezza di spirito in un mondo avido e corrotto. Il Principe Myškin, con la sua bontà disarmante, rappresenta una mosca bianca destinata alla sconfitta. Nonostante il pessimismo di fondo, il romanzo è piacevole e affascinante. Dostoevskij dipinge una Russia corrotta, ambiziosa e crudele, in netto contrasto con l'animo buono di Myškin.

Un'opera che merita di essere letta e riflessa. La sua eleganza stilistica, la profondità dei personaggi e la tematica centrale rendono questo romanzo un capolavoro senza tempo.

Fëdor Michajlovič Dostoevskij, nacque a Mosca il 11 novembre 1821. Figlio di un medico militare e di una madre di famiglia nobile e molto religiosa, Dostoevskij fu avviato alla carriera militare. Tuttavia, la sua vera passione era la letteratura. Terminati gli studi di ingegneria militare, rinunciò alla carriera e scrisse il suo primo romanzo, "Povera gente," che ottenne un grande successo. Nel corso della sua vita, Dostoevskij produsse una serie di opere psicologiche che esploravano le complessità della condizione umana. Tra i suoi capolavori più noti vi sono "Delitto e castigo," "I fratelli Karamazov," e "L'idiota" . La sua vita fu segnata da sfide personali, tra cui attacchi epilettici e un periodo di esilio in Siberia. Nonostante queste difficoltà, Dostoevskij rimane uno dei più grandi romanzieri della letteratura russa.

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27/08/2024

Tra gli animali il cervello del delfini e' quello che e' piu' vicino a quello umano. Questo spiega la sua straordinaria intelligenza.

Quando la calura estiva diventa arte.
25/08/2024

Quando la calura estiva diventa arte.

«Superata la metà di agosto, Vincent sentí migliorare ancora la sua forma fisica. I benefici non si vedevano solo nel modo in cui dipingeva, ma avevano a che fare con il corpo. Aveva appetito. Mangiava gallette, latte e uova. Il caldo che infuoca, asciuga e illumina, invece di estenuarlo, gli restituiva le energie che per troppo tempo gli erano mancate. Si avventurò nella realizzazione di uno studio in cui cercava di riprodurre l’aria arroventata della mietitura. Il tempo passato all’aperto dei campi gli restituiva un nuovo vigore. Avvertiamo sempre qualcosa che cambia dentro di noi, quando, dopo aver trascorso troppo tempo al chiuso, lasciamo che il corpo entri in relazione con la natura e si liberi, palpiti in accordo con un sentire piú ampio. A volte però Vincent si accorgeva che il caldo era eccessivo. Strabordante. Il sole diventava cosí cocente che si poteva perdere il senno. Ma Vincent non si preoccupava. A suo dire, il senno lo aveva perso già».

(Federico Pace, La più bella estate, Einaudi)

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Vincent van Gogh e l'estate del 1888 a Arles. La storia dell'estate in cui Van Gogh dipinse i girasoli e il cielo stellato in La più bella estate il libro di Federico Pace pubblicato da Einaudi. Insieme a altre straordinarie storie.

23/08/2024

Il fascino del mare si fa sentire anche dai cavalli. Benedetta natura.

Castelmezzano, e' certamente uno tra i piu' interessanti e suggestivi i borghi della Lucania. Nella parte alta del paese...
20/08/2024

Castelmezzano, e' certamente uno tra i piu' interessanti e suggestivi i borghi della Lucania. Nella parte alta del paese le case fanno tutt'uno con il calcare della roccia, confondendosi quasi con essa.

Le scale nella roccia di Castelmezzano, incastonate tra due imponenti massi di pietra, sembrano quasi scomparire in una fenditura segreta, un passaggio nascosto che svela il cuore di questo antico borgo. È come se la natura stessa avesse modellato queste scale, guidando passo dopo passo chi le percorre, tra le mura di pietra e le case che, come se fossero nate dalla roccia, si arrampicano verso il cielo.

Ogni gradino è un invito a scoprire una storia custodita nel tempo, dove le case storiche si aggrappano alla montagna, formando un tutt’uno con il paesaggio circostante. Qui, la roccia non è solo un elemento naturale, ma un’anima viva che abbraccia e protegge il borgo, conferendo a Castelmezzano quell’aura di mistero e bellezza senza tempo.

Passeggiando su queste scalinate, si ha l’impressione di attraversare un portale verso un’altra epoca, dove il silenzio è rotto solo dal suono dei propri passi e dal soffio del vento che accarezza la pietra. È un’esperienza che lascia il segno, un viaggio attraverso il cuore della Basilicata, dove l’arte e la natura si fondono in un abbraccio eterno.



Foto Giuliana S**o

Facendoli passare attraverso il fltro del suo occhio il pittore, maestro dell'impressionismo,  e' riuscito a coniugare i...
18/08/2024

Facendoli passare attraverso il fltro del suo occhio il pittore, maestro dell'impressionismo, e' riuscito a coniugare il cromatismo in moto del mare con l'instabilita' dei colori del cielo che si riflettono entrambi sulla vela del battello centrale. Un miracolo pittorico.

🔷 OPERA D'ARTE..
..MARE 🔷


Per conoscere la terra di Eritrea.
14/08/2024

Per conoscere la terra di Eritrea.

Siete pronti per un'altra incredibile avventura? Stasera nella nuova puntata de "Il mondo con gli occhi di Overland” prosegue il viaggio straordinario alla scoperta di una terra ricca di storia e bellezze naturali: l'Eritrea.

Esploreremo luoghi che raccontano ancora oggi la storia della presenza italiana, passeggeremo tra edifici distrutti dalla guerra d'indipendenza dall'Etiopia che sembrano sospesi nel tempo e scopriremo isole e spiagge incontaminate nel Mar Rosso che nulla hanno da invidiare a mete più turistiche e famose.

Curiosi di sapere di cosa parleremo? L'appuntamento è fra poco su Rai1, alle 23:15.

Finalmente la voce del popolo si fa giustamente sentire sulle sue prime necessita'. Ci augurismo che essa riesca a sovra...
11/08/2024

Finalmente la voce del popolo si fa giustamente sentire sulle sue prime necessita'. Ci augurismo che essa riesca a sovrastare quella della propaganda politica.

Finalmente un oro dopo tante delusioni. Speriamo bene.
29/07/2024

Finalmente un oro dopo tante delusioni. Speriamo bene.

È arrivato! Mitico. Gara strepitosa! ⤵️⤵️⤵️

22/07/2024

Il castello normanno-svevo di Melfi e' testimonianza tangibile dell'importanza della cittadina lucana nella storia del Medioevo.

15/07/2024

Qui Dio e Natura si incontrano

La Spagna è campione d’Europa: l’Inghilterra cade ancora in finale 🏆🇪🇸
15/07/2024

La Spagna è campione d’Europa: l’Inghilterra cade ancora in finale 🏆🇪🇸

13/07/2024

Dipingere, secondo De Chirico, non e' difficile e' semplicemente il modo di ritrarre gli oggetti naturali come li puo' vedere l'intelligenza di un artista.

02/07/2024

Per ricordare il padre della riflessione sugli artisti e sulla storia dell'arte.

Virtu' alimentari delle albicocche.
17/06/2024

Virtu' alimentari delle albicocche.

# # # Caratteristiche delle albicocche

1. **Aspetto e Varietà**: Le albicocche nella foto appartengono alla varietà "Orange Rubies", note per il loro colore arancione brillante con sfumature rossastre. Questa varietà è particolarmente apprezzata per la sua polpa succosa e profumata.

2. **Gusto**: Le albicocche "Orange Rubies" sono conosciute per essere molto dolci, con una leggera acidità che bilancia il loro sapore.

3. **Texture**: La polpa è tenera e succosa, rendendole un'ottima scelta per il consumo fresco, ma anche per preparazioni come marmellate, succhi e dolci.

# # # Benefici delle Albicocche

1. **Ricche di Nutrienti**: Le albicocche sono una fonte eccellente di vitamine A e C. La vitamina A, sotto forma di beta-carotene, è importante per la salute degli occhi, mentre la vitamina C è un potente antiossidante che aiuta a rafforzare il sistema immunitario.

2. **Buona Fonte di Fibre**: Le albicocche contengono fibre alimentari che aiutano a migliorare la digestione e a mantenere la salute intestinale. Le fibre possono anche contribuire a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari.

3. **Idratazione**: Essendo frutti con un alto contenuto di acqua, le albicocche aiutano a mantenere l'idratazione del corpo, particolarmente importante durante i mesi estivi.

4. **Antiossidanti**: Oltre alla vitamina C, le albicocche contengono altri antiossidanti come i polifenoli che aiutano a combattere i radicali liberi e possono ridurre il rischio di malattie croniche.

5. **Benefici per la Pelle**: Grazie al loro contenuto di vitamine e antiossidanti, le albicocche possono contribuire a mantenere la pelle sana e luminosa.

6. **Basso Contenuto Calorico**: Le albicocche sono relativamente basse in calorie, il che le rende un'ottima scelta per chi vuole mantenere una dieta equilibrata senza eccedere con l'apporto calorico.

# # # Consigli per il Consumo

- **Fresche**: Le albicocche fresche sono deliziose da sole, come spuntino sano.
- **Insalate**: Aggiungono un tocco di dolcezza e colore alle insalate.
- **Dolci e Marmellate**: Perfette per la preparazione di dolci, crostate e marmellate.
- **Succhi e Smoothie**: Ottime per succhi e smoothie rinfrescanti.

# # # Conclusione

Mangiare albicocche può apportare numerosi benefici alla salute grazie ai loro nutrienti essenziali, antiossidanti e fibre. La varietà "Orange Rubies" in particolare è apprezzata per la sua dolcezza e succosità, rendendola una scelta eccellente per un'alimentazione sana e gustosa.

14/06/2024

37,82. Nessuno oggi in Europa puo' vantare questo tempo.

E' questo il segno evidenti che e' cessata la crisi delle nostre scuole calcio. Speriamo per il futuro di poter fare a m...
06/06/2024

E' questo il segno evidenti che e' cessata la crisi delle nostre scuole calcio. Speriamo per il futuro di poter fare a meno degli stranieri.

Non chiamateli Azzurrini, chiamateli CAMPIONI 🏆

L’Italia Under 17 è per la prima volta 𝗖𝗮𝗺𝗽𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱'𝗘𝘂𝗿𝗼𝗽𝗮!

BRAVI RAGAZZI, SIAMO ORGOGLIOSI DI VOI 💚🤍❤️

Guarda la finale su RaiPlay! ➡️ bit.ly/ItaliaCampionedEuropa_

Avanti cosi' a drittaaaaa.
29/05/2024

Avanti cosi' a drittaaaaa.

POKER AZZURRO 🃏🇮🇹

Quarta vittoria consecutiva per l'ItalVolley: le ragazze del CT Julio Velasco iniziano l'avventura a Macao battendo nettamente la Francia per 3-0 🏐🏆

📸

L'atletica azzurra continua a volare.
25/05/2024

L'atletica azzurra continua a volare.

⚡️SPAZIALE LORENZO, SUPER RECORD ITALIANO E PASS NUMERO 3️⃣0️⃣0️⃣ PER PARIGI!🔥🌍🥇
🇮🇹Un talento straordinario che continua a migliorare ad ogni gara. Lorenzo Simonelli al debutto stagionale all'aperto stampa un clamoroso 13.21 nei 110m ad ostacoli e demolisce il record italiano.
Per il 21enne azzurro primato e vittoria pesante perché ottenuta contro avversari di primo livello come McLeod, Trajkovic e Belocian.
Per Lorenzo anche l'onore di staccare il pass azzurro numero 300 per le olimpiadi.
📸Fidal

Oggi nasceva un grande Papa. Ritratto
25/05/2024

Oggi nasceva un grande Papa. Ritratto

Attualità e Cultura

Karol Wojtyla, poeta e filosofo

di Marino Faggella



1.La beatificazione di Giovanni Paolo II è stata senza dubbio un avvenimento straordinario e di portata universale, nel senso che ha coinvolto non solo il mondo della Chiesa cattolica, ma l’universo intero degli uomini. Qualcuno ha definito giustamente il Papa polacco la più grande “star mediatica” della nostra epoca, non fosse altro perché la sua immagine è universalmente conosciuta in tutto il mondo. Non si era mai verificato che il particolare rituale di una religione fosse seguito in ogni angolo della terra non solo dagli addetti ai lavori, ma anche dalla maggior parte degli uomini disseminati nel nostro pianeta. La natura universale di un evento siffatto trova la sua spiegazione nella popolarità di un Papa che con la sua figura ha riempito un ampio arco di tempo che va dalla seconda metà del secolo trascorso agli inizi dell’attuale millennio. Non era, infatti, mai accaduto ad un erede di Pietro di lasciare un’impronta tanto profonda nella storia e nella coscienza degli uomini. La sua beatificazione non altro è stato se non il coronamento di un’esistenza vissuta all’insegna del Vangelo, che ha avuto come filo conduttore il bisogno di testimoniare la costante presenza di Cristo nella storia dell’umanità, con la precisa ed energica volontà di riconoscere l’attualità di Dio Uomo nella vita di ogni essere umano. Non dobbiamo dimenticare che Karol Wojtila è vissuto per 85 anni, per 14 è stato arcivescovo di Cracovia, per 27 anni ha seduto sul soglio pontificale, lasciandolo tuttavia molte volte per visitare da protagonista più di cento Paesi del mondo. Non si è trattato di trasferimenti intrapresi per desiderio di evasione o per amore di esotismo, i suoi numerosi viaggi apostolici non sono stato altro se non missioni ad gentes al fine di testimoniare a tutti gli uomini della terra, anche a quelli che non vi credevano, l’attualità del Verbo e della persona di Cristo, reso ovunque familiare e presente in virtù del suo umano martirio. In giro per il mondo al Papa è capitato spesso di scoprire, riconoscendolo, sul volto dei malati e dei sofferenti la stessa immagine del volto di Cristo. Dobbiamo ricordare, a tal proposito, che il Cristianesimo è l’unica religione che ha elevato il martirio del dolore del corpo ad insegna della divinità. Anche per questo negli ultimi anni dolorosi della sua vita Karol, non tanto Papa quanto uomo, ha rinnovato sul suo corpo sofferente il mistero del martirio della Croce. Così Bruno Forte ha inteso riassumere l’eccezionale ventura umana e pastorale di un Papa che sia con le parole che con i fatti “ha mostrato all’umanità dell’inquieta modernità e dell’insorgente postmoderno come il Dio cristiano sia tutt’altro che il concorrente dell’uomo, ma un dio vicino, amico degli uomini(…) veramente “il Redentore dell’uomo”(titolo della prima, programmatica enciclica del suo Pontificato). Egli ha annunziato così il Vangelo, del “possibile, impossibile amore”, di quella ca**tà, cioè, che eccede ogni misura di forze umane, e che tuttavia è possibile e bella, realizzante e vera, perché un Altro è venuto ad abitare fra noi, ad amarci fino al sacrificio del Suo corpo crocifisso, per renderci capaci di amare”[1].

2.Per comprendere l’originale novità che Giovanni Paolo II ha introdotto nella durata del suo pontificato conviene ripercorrere alcune tappe della sua vita, in particolare i primi anni della sua esistenza, che hanno avuto un ruolo fondamentale per la sua formazione verso il pontificato, durante i quali il giovane Karol, ha cominciato per così dire a muovere i primi passi verso la beatitudine. Nel libro inedito scritto a quattro mani da Messori e Vecchi per ricostruire l’eccezionale vicenda umana e spirituale del Papa polacco si insiste opportunamente sulle tre tappe fondamentali, dell’Uomo, del Papa e del Beato, che secondo l’antico schema agiografico sono considerate in stretta connessione tra loro, nel senso che l’una fa scala all’altra in una successione delle parti che procedono dall’umano allo spirituale. Non è certo questo il luogo per rifare integralmente le complesse vicende della vita di Karol Wojtyla, che pure sarebbe certamente interessante ripercorrere, ma, non fosse altro che per ragioni di spazio, ci soffermeremo solo sulla prima fase della sua esistenza, che è secondo noi molto importante in quanto già da questo momento della sua prima formazione in Polonia comincia a strutturarsi con la sua originale e robusta personalità di uomo anche una precoce vocazione alla santità. In questa breve ricostruzione della vita del giovane Karol ci faremo guidare da due fonti sicure: le parole di Joseph Ratzinger e quelle dirette dello stesso Papa, che, nel capitolo intitolato “I libri e lo studio”del suo libro Alzatevi, andiamo, ci fornisce una fondamentale testimonianza delle letture e degli studi iniziati e seguiti nei suoi anni giovanili, delle passione per le lettere e il successivo amore per la filosofia, che gli fu strada per più innanzi andare. Karol Joseph Wojtyla nacque nel 1920 a Wadowice, una cittadina non distante da Cracovia, da un militare in pensione e da Emilia Kaczorowska. A nove anni gli toccò di provare, con la morte della mamma, il suo più grande dolore, che tuttavia non riuscì a spegnere la sua precoce ed ardente sete di vita e di speranza, come si può leggere nei primi versi, a dire il vero, un po’ traballanti della sua poesia Sulla tua tomba bianca, dove con accenti di struggente tenerezza, dedicando alla madre morta le sue prime prove poetiche, grida anche il suo amore a Cristo che, proprio con il suo sacrificio, ci ha testimoniato che la vita non è un calvario destinato al nulla, ma un anticipo dell’eternità: “Sulla tua tomba bianca/sbocciano i fiori bianchi della vita/(…)Sulla tua tomba bianca/risplende luminosa quiete/come se qualcosa ci sollevasse in alto/come se ci confortasse la speranza”. Non so se il testo in questione, in verità non molto rifinito, avrebbe meritato di trovar posto in una raccolta di poesie giovanili di Karol Wojtyla di recente recuperata, nello scantinato di una vecchia casa editrice di Cracovia, in mezzo ad un cumulo di polverosi manoscritti. Si tratta di uno dei più remoti reperti letterari del Papa, un autentico poemetto che, tra le altre cose annovera proprio il titolo “A Emilia,mia madre”. Giovanni Paolo II si era dedicato con crescente interesse alla poesia fin da quando frequentava il liceo di Crakovia, sua città natale, pubblicando sotto diversi pseudonimi numerose poesie nelle pagine dei giornali del suo Paese. Wojtyla, oltre che poeta, è anche autore di libri pregevoli, che sono stati accolti favorevolmente in molti paesi, come testimoniano le traduzioni in tutte le lingue. La sua attività di saggista e scrittore di cose edificanti non riesce però ad oscurare la sua disposizione poetica, tanto che viene giustamente annoverato quale letterato e poeta, accanto ad Enea Silvio Piccolomini, salito al soglio pontificio col nome di Pio II.

3.Non pochi biografi del Papa, pur utilizzando edite ed inedite testimonianze, si soffermano solo per dovere di cronaca sui primi tempi della vita di Karol, se mai trascurando proprio la sua disposizione poetico-letteraria, che, al contrario come si è visto non solo fu molto precoce e sentita, ma proseguì per tutto il corso delle sua esistenza. Molto illuminante, a questo proposito, risulta la seguente nota di Joaquin Navarro Vals apparsa il 17 maggio 2003 su “La Stampa”, dopo l’estenuante pellegrinaggio di Giovanni Paolo II nelle americhe, che testimonia il costante interesse del Papa per il rifugio poetico:”L’anno scorso, dopo l’estenuante viaggio(…) trovandosi a Castelgandolfo, con qualche giorno a disposizione, riaprì un capitolo chiuso- così lo aveva chiamato- della sua vita: la poesia. E cominciò a scrivere in questa forma letteraria. Senza dubbio usò immagini, impressioni, soprattutto riflessioni che aveva accumulato precedentemente. E venne fuori il libro “Trittico romano”, pubblicato in diverse lingue. In quelle pagine si trova la stessa densità e freschezza della sua opera poetica di cinquanta anni fa, ma nello stesso tempo tutto è nuovo: i temi, il ritmo, anche il drammatismo lirico. Poesia audace, quella del Papa, e ricca, che parla dell’amore umano come un giullare e dell’amore di Dio come un mistico”. Proprio nella parte centrale del poemetto giovanile, già citato (nella sezione intitolata Musica di sinfonie) si colgono i primi segni di una disposizione mistica che fa pensare al Cantico di Frate Sole di francescana memoria, che coglie in tutte le cose della natura un segno tangibile dell’amore di Dio verso le sue creature. Anche il giovane Karol, probabilmente per influsso francescano, allestisce una solenne poesia col proposito di celebrare l’infinita bontà divina che ha formato tutti gli esseri del cielo e della terra, provvisti di anima o fatti di pura materia, la cui prepotente bellezza è lì a significare dal momento della creazione sia l’onnipotenza di Dio sia il suo inesauribile ed incommensurabile amore per gli uomini. Infatti, in quella sezione del poemetto, che non a caso occupa la parte centrale della raccolta, karol, analogamente a quanto si legge nella Lauda francescana, celebrando la musica come magica voce della natura, attraverso il riconoscimento della sua bellezza e valore eleva un cantico di amore e riconoscimento per il Signore che l’ha prodotta per noi insieme alle altre cose belle. L’io parlante, la voce lirica è quella di un re pastore simile al David biblico, o quella di un antichissimo abitante di Polonia che, come il pastore errante di Leopardi, ascolta il respiro che manda natura:” Ho teso l’anima, nell’arco,/ dove solo scoccare la freccia/….col petto toccare le nuvole/io appartengo a Dio./O Padre, dà la vittoria alla Musica,/che dentro una nube cammina,/in basso verde dell’erba,/in alto bianco di nuvole./O Padre non permettere/ che torme di cavalli trapestio/ e alte sugli zoccoli le orde/ di Batu-Kan disperdano/il genere umano! Sulle spalle della Musica caricate/i destini del mondo!/…. O MUSICA, che sgorghi dalle conchiglie,/che gremisci il cielo/che da nove secoli proclami la Sua lode: Musica-gleba/ seminata con seme di frumento – e le spighe diventeranno pane,/mormorio di spiga,/mormoreranno i campi/E parlerà Dio”. Come gli suggeriva il modello della vita del poverello di assisi, che, dopo una giovinezza vissuta e goduta, aveva voltato le spalle ai beni materiali del mondo per votarsi alla povertà, anche il giovane Karol si fece portavoce di una religiosità fatta di naturalezza e spontaneità, ma più vissuta che meditata: E’ questa l’altra parte forse più proficua, quella del “misticismo attivo” che egli derivò dall’insegnamento del modello di vita francescana, tesa costantemente a fare della propria vita un’immagine della vita di Cristo, di un uomo che, spiegando le sue verità in forma di parabole, era vissuto tra gli uomini e con essi aveva condiviso le gioie e i dolori, non solo la vita ma anche la morte. Abbracciando il Cristianesimo, la religione della croce, Karol ne fece fin dall’inizio una forma di religiosità nuova che poteva prendere a modello la vita dei santi, anche quelli che, versando il loro sangue in terra di Polonia, come gli agnelli di fronte ai lupi avevano coronato la loro esistenza col martirio, dimostrando col loro sacrificio un amore sconfinato verso gli uomini, in quanto tutto ciò che è umano partecipa in qualche modo della divinità. Ma il giovane che pur da poco aveva scelto la via di servire il Signore era convinto che la scelta del martirio era solo la scelta estrema, giacché, come ebbe modo di capire e soffrire più tardi, sia nella fase dell’occupazione tedesca della Polonia sia durate il tempo delle persecuzioni comuniste, l’esperienza vera del cristiano non è solo ascetica e rinunciataria, ma, armandosi di fortezza nel tempo di regimi dittatoriali di qualsiasi segno, non può non essere militante, in quanto, come ebbe a sostenere più tardi:”Il terrore in uso presso ogni dittatura è calcolato sulla paura degli apostoli”. Capì per tempo che un buon cristiano ha l’obbligo di affermare la verità, a qualsiasi costo, anche se la sua affermazione richiede sacrificio: “Davvero, non si possono voltare le spalle alla verità, cessare di annunciarla, nasconderla, anche se si tratta di una verità difficile, la cui rivelazione porta con sé un grande dolore. Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Una causa giusta è quella “ per la quale non si può non combattere. Un dovere, un obbligo, a cui non ci si può sottrarre; da cui non è possibile disertare (…) un certo ordine di verità e di valori che bisogna mantenere e difendere: dentro di sé e intorno a sé”. Anche se in tempi iniqui di violenza affermare la verità significa imbattersi in prove a volte molto difficili o, addirittura drammatiche, non saremo soli se saremo armati di una fede vittoriosa: “Non abbiate paura, aprite, anzi spalancate le porte a Cristo”. Solo a queste condizione sarà possibile superare vittoriosamente ogni prova, comprese quelle più dure.

4.Se volessimo ricostruire l’itinerario poetico di Karol non dobbiamo fare altro che concentrare la nostra attenzione sugli studi giovanili del Papa, in particolare negli anni che vanno dagli anni liceali alla sua frequentazione della Facoltà di Lettere dell’Università di Crackovia, allorché si venne formando la sua passione per la letteratura, mai del tutto smessa, malgrado i successivi ed onerosi impegni pastorali, così da lui sottolineati: “L’essere vescovo ha in se qualcosa della Croce, perciò la Chiesa pone la Croce sul petto del vescovo. Sulla croce bisogna morire a se stessi (…)Prendere si di sé la Croce non è facile , anche se essa è d’oro e tempestata di pietre preziose”. L’attività letteraria di Karol Wojtyla che, in effetti, si è svolta parallelamente alla sua carriera ecclesiastica, subendo proprio per questo inevitabili pause e riduzioni, a causa degli accresciuti e stringenti impegni legati all’impegno vescovile prima e successivamente al più pressante magistero papale che lo ha visto sempre più in costante movimento, non è soltanto nativa predisposizione nei riguardi delle Muse, ma, in quanto nasce innanzitutto, come egli dirà, dalla: “sollecitudine del Pastore per ogni pecora, una sollecitudine piena di pazienza, quanta se ne richiede per raggiungere il singolo uomo nel modo a lui adeguato” richiede amoroso e continuo studio: “Sta anche in questo il dono delle lingue, il dono cioè di parlare con un linguaggio comprensibile ai nostri fedeli”. Wojtila sapeva bene, per sofferta esperienza, che: “Gli impegni che ricadono sulle spalle di un vescovo sono tanti. Ne ho fatto l’esperienza in prima persona e mi sono reso conto di come il tempo possa veramente mancare”. La stessa esperienza, però, gli aveva “anche insegnato quanto siano necessari al vescovo il raccoglimento e lo studio”, per cui molto per tempo, e ben prima che venisse insignito del pastorale, aveva provveduto con la lettura e la serietà degli studi a farsi una salda formazione. Ad esortarlo a leggere era stato il padre, ottima figura di genitore, che lo aveva educato anche a sapersi muovere nella vasta produzione editoriale ed a scegliere tra le opere degli autori quelle più vere, feconde ed essenziali:“ Già da bambino mi piacevano i libri, alla cui lettura mi aveva abituato mio padre. Era solito sedersi accanto a me e leggermi, ad esempio, Sienkieviz o altri scrittori polacchi. Dopo la morte di mia madre, eravamo rimasti noi due”. Fortunatamente avevano la compagnia di libri di valore alla cui conoscenza il padre non mancava di esortarlo continuamente. Poi, crescendo ebbe altri maestri ben più provveduti ed esperti che lo avviarono in modo sempre più consapevole agli studi delle lettere, che sembrarono aprirgli nuove prospettive, e che probabilmente, come lui dirà, se non fosse scoppiata la guerra lo “avrebbero assorbito completamente”. Nella fase degli studi accademici il giovane Karol venne completando il suo piano di studi aggiungendo alla schiera dei suoi auctores altre voci, in particolare quelle del teatro, esperienza d’arte singolare che ad un certo punto lo attrasse irresistibilmente: “Quando ero studente universitario, lessi vari autori. Prima mi rivolsi alla letteratura, specialmente a quella drammatica. Leggevo Shakespeare, Molière, i poeti polacchi Norwid e Wyspianski..”; ma la sua predilezione andava senza dubbio al teatro: “ la mia passione, però, era fare l’attore, calcare il palcoscenico”, esperienza artistica per la quale dimostrò a più riprese un autentico talento, a tal punto che qualcuno ebbe a dire che se fosse rimasto nel teatro, sarebbe stato un grande attore. Ma a diciannove anni la guerra e la successiva invasione della Polonia da parte dei tedeschi fece conoscere al giovane il terrore dei bombardamenti, il dramma degli sfollati e la fatica del lavoro. Durante l’occupazione germanica Karol per evitare la deportazione fu costretto a fare l’operaio in una cava di pietra collegata con la fabbrica chimica Solvay. In questo tempo egli, dividendosi tra il duro lavoro di fabbrica e il teatro, per operare un tentativo di resistenza pacifica in difesa della cultura polacca, fondò la compagnia del “Teatro Rapsodico”, che fu detto con altro nome “Teatro della Parola”. Così, come sostiene giustamente Joseph Ratzinger, il giovane riusciva a ricongiungere la sua vita attiva con quella intima e contemplativa dei suoi studi, dimostrando di saper coniugare la passione per le lettere, lo studio delle lingue con quella non meno importante del teatro: “Il suo punto di partenza era stata la filologia, l’amore per la lingua, combinata all’applicazione artistica della lingua, in quanto rappresentazione della realtà in una nuova forma di teatro”. L’attuale Papa a compimento del primo decennio del pontificato di Giovanni Paolo II, ripercorrendo in un articolo la vita del di Karol Wojtyla, così sottolineava la fondamentale formazione degli studi e del lavoro anche al fine della maturazione della sua scelta religiosa: “La vocazione di Karol Wojtyla maturò quando egli lavorava in un’azienda di produzione chimica, durante gli orrori della guerra e dell’occupazione. Egli stesso ha definito questo periodo di quattro anni, vissuto nell’ambiente operaio, come la fase formativa più determinante della sua vita. In tale contesto egli ha studiato la filosofia, apprendendola faticosamente dai libri e il sapere filosofico gli si presentava di primo acchito come una giungla impenetrabile”.

5.Se passiamo ad analizzare, nella progressiva maturazione degli studi, l’interesse nei riguardi del pensiero filosofico, al di là delle iniziali difficoltà incontrate, capiamo che una fondamentale disposizione sintetica (“Nelle mie letture e nei miei studi ho sempre cercato di unire in modo armonioso le questioni di fede, quelle di pensiero e quelle di cuore. Non sono infatti campi separati, ognuno penetra e anima gli altri…”) serve anche a spiegare, come sostiene Ratzinger, il perché di “quella specie particolare di “filosofia”- che è stata sempre una sua caratteristica – “un pensiero fondato sulla grande tradizione, ma sempre alla ricerca della sua verifica nella realtà presente”. Ma, dopo l’infatuazione per il teatro, a dire il vero neppure totalmente abbandonata in seguito (dopo la sua ordinazione sacerdotale (1944) continuerà anche da vescovo a comporre testi teatrali) venne, come lui dice, “il momento della letteratura filosofica e teologica”. Dopo aver per un po’ accantonato il teatro e la letteratura artistica vediamo ora quale furono le tappe e gli autori determinanti nei quali egli s’imbatté lungo l’iter della sua formazione filosofica che conobbe inizialmente due diversi momenti: “Furono quindi due le tappe nel mio itinerario intellettuale: la prima consistette nel passaggio dalla letteratura alla metafisica; la seconda mi portò dalla metafisica alla fenomenologia”. Joseph Ratzinger, nell’articolo già nominato che celebrava i primi dieci anni del pontificato di Giovanni Paolo II, sottolinea giustamente l’importanza di tale indirizzo filosofico che, condizionando positivamente anche la sua concezione teologica, fu decisivo ai fini dello sviluppo del pensiero del futuro Papa. Karol, che aveva cominciato a studiare di nascosto la teologia in seminario negli anni dell’occupazione nazista, conseguendo poi la libera docenza nella facoltà di Teologia dell’Università Jagellonica, avvertì tuttavia per tempo che c’era un pericolo insito nello studio assoluto della teologia protratto troppo a lungo: la sua disposizione ad astrarsi progressivamente dalla realtà. Un tale pericolo, già percepito in Polonia negli studi seminariali, che sarà avvertito più tardi in maniera consistente nella crisi postconciliare della teologia, aveva trovato un ottimo correttivo nella fenomenologia dello spirito dopo l’incontro con Max Scheler, uno dei più grandi maestri di questo indirizzo filosofico. Ma fino a che punto il pensiero di un filosofo, di un pensatore laico, può essere fondamentale per risolvere la crisi della scienza del divino, a tal punto da essere messa da alcuni in discussione nella nostra età? Karol Wojtyla già da giovane aveva intuito che la crisi della teologia era dovuta innanzitutto al rifiuto dei teologi ad accettare dei principi filosofici in grado di correggerla e guarirla. Giustamente sottolinea Ratzinger in un suo libro di memorie che “ la crisi della teologia”, capitata dopo il concilio era in larga misura dovuta alla crisi dei suoi fondamenti filosofici. Papa Wojtyla, fu Papa anche per questo: per aver compreso il legame sottile, ma vero, che tiene congiunte insieme le verità teologiche al sapere filosofico, nell’intuizione fondamentale che riconosceva ad una scuola filosofica, novella ancilla philosophiae, di porsi a sostegno della verità rivelata, fornendo agli uomini di pensiero e dello spirito di contemplare il divino immanente senza rinunziare al contingente con la conoscenza dei fatti minuti e quotidiani. Fu grande merito della fenomenologia aver operato una tale semplificazione con la sua teoria della conoscenza che riduceva senza alcuna svalutazione l’ideale assoluto all’universo delle cose, l’universale al particolare. Karol Wojtyla è grande perché non solo ha compreso prima di tutti questa necessità del collegamento fra ricerca razionale del filosofo e verità teologica, ma si è anche impegnato, non esclusivamente da filosofo, di tradurla in pratica nelle pieghe della storia in ogni momento della sua esistenza terrena, realizzando il sogno di chi in altre età ha cercato spesso inutilmente di voler coniugare pensiero e azione, la vita contemplativa con quella attiva, sotto il segno comune di Marta e di Maria. Anche per questo, al di là dei suoi miracoli testimoniati, Egli merita di sedere a pieno titolo fra i beati.






[1] B.Forte, introduzione a Karol Wojtyla, l’uomo, il Papa, p.4.

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