VIDEOMarco & Antonella

VIDEOMarco & Antonella LA VIDEOPAGINA DI MARCO E ANTONELLA
VIDEO MUSICALI DI ARTISTI NAZIONALI E INTERNAZIONALI, POESIA

DI BRUGO O D'ERICA©di Antonella Pederiva dalla mia nuova raccolta "Tra i sogni e la terra. L'altrove" ©In quest'arida te...
08/02/2025

DI BRUGO O D'ERICA©

di Antonella Pederiva
dalla mia nuova raccolta "Tra i sogni e la terra. L'altrove" ©

In quest'arida terra di brughiera
dove hai gettato il seme
Dimenticandotene

Di tant'acqua non ha
necessità quest'erica
Ma com'ogn'altra pianta

anela al sole
foss'anche inverno
Fossi anche inferno

Foss'anche umile
ancella generosa
in attesa di rinascita

Tutti i diritti riservati ©

GLI UOMINI CHE SI VOLTANO E LA POETICA DI MONTALEdi Antonella Pederiva "[...] Codesto solo oggi possiamo dirti,ciò che n...
07/02/2025

GLI UOMINI CHE SI VOLTANO E LA POETICA DI MONTALE

di Antonella Pederiva

"[...] Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo",
("Non chiederci la parola" da "Ossi di seppia").

L'unica certezza è l'incertezza per EUGENIO MONTALE. Fugge dalla presunzione di avere ogni risposta, il poeta, fugge dall'inganno delle verità assolutiste ed assolute. È lontano, Montale, dalla supponenza di certi poeti aulici che, dall'alto della loro tecnica, dispensano parole distanti dalla realtà e dai sentimenti del quotidiano. Lo scopo della poesia non è forse toccare le corde del cuore dell'Uomo e dar voce alle emozioni di ognuno, simboleggiando qualcosa di più profondo?

"Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta Anguilla [...]"
("I limoni" dalla raccolta "Ossi di seppia")

Il riferimento a D'Annunzio è evidente anche se dall'Immaginifico, prende a spunto, proprio in questa poesia, alcuni riferimenti, adattandoli e quasi sfidandoli su un terreno più umano e meno aristocratico, contrapponendogli una prospettiva esistenziale più rappresentativa della condizione umana. E cos'è l'uomo se non cambiamento, cosa la vita se non trasformazione o lenta evoluzione? Si muta, e il nostro mutare non sempre si accompagna. A volte resta solo. A volte lo era già. "Probabilmente non sai più chi sei stata, ed è giusto che sia così". Camminiamo incolonnati, altro non possiamo, anche se, scendendo le scale, noi, soli viventi tra cadaveri in maschera, vedemmo qualcosa di diverso. Fu quell'attimo in cui capimmo di essere il centro a cui si tira con l'arco dal baraccone. Quel baraccone che ci stritola e ci chiude, prigionieri di un ingranaggio più potente di noi.

di Eugenio Montale:
GLI UOMINI CHE SI VOLTANO

Probabilmente
non sei più chi sei stata
ed è giusto che così sia.
Ha raschiato a dovere la carta a vetro
e su di noi ogni linea si assottiglia.
Pure qualcosa fu scritto
sui fogli della nostra vita.
Metterli controluce è ingigantire quel segno,
formare un geroglifico più grande del diadema
che ti abbagliava.
Non apparirai più dal portello
dell'aliscafo o da fondali d'alghe,
sommozzatrice di fangose rapide
per dare un senso al nulla. Scenderai
sulle scale automatiche dei templi di Mercurio
tra cadaveri in maschera,
tu la sola vivente,
e non ti chiederai
se fu inganno, fu scelta, fu comunicazione
e chi di noi fosse il centro
a cui si tira con l'arco dal baraccone.
Non me lo chiedo neanch'io. Sono colui
che ha veduto un istante e tanto basta
a chi cammina incolonnato come ora
avviene a noi se siamo ancora in vita
o era un inganno crederlo. Si slitta.

Foto: Fotomontaggio da immagini web

07/02/2025

Sull'ipocrisia ha già scritto a sufficienza Pirandello. Mi associo.

L’UOMO, LA BESTIA E LA VIRTÙ

scritto da Luigi Pirandello nel 1919. Tratto dalla sua novella "Richiamo all’obbligo":

SCENA TERZA

PAOLINO: Dio, che gente! Dio, che gente!… Ma com’è? Tutti così?

GIGLIO (dall’interno): Permesso, signor professore?

PAOLINO: Uh, ecco già la prima lezione. Avanti!

Entrano coi libri sotto braccio, e con le sciarpe di lana al collo – uno, rossa; l’altro, turchina – Giglio e Belli. Hanno anch’essi un aspetto bestiale che consola: Giglio, da capro nero, e Belli, da scimmione con gli occhiali.

GIGLIO: Buon giorno, signor professore.

BELLI: Buon giorno, signor professore.

PAOLINO: Buon giorno. Sedete. (Indica la scrivania.)

GIGLIO (sedendo): Grazie, signor professore.

BELLI (sedendo): Grazie, signor professore.

PAOLINO (sedendo anche lui e rifacendo loro il verso, prima all’uno poi all’al­tro, accennando un inchino): Non c’è di che, caro Giglio! Non c’è di che, caro Belli! (Li guarda e sbuffa esasperatamente.) Ahhh! (Prendendosi la testa tra le mani:) Dio mio! Dio mio! Dio! Dio! Dio! Io veramente credo che la vita fra gli uomini, tra poco, non mi sarà più possibile!

GIGLIO: Perché, signor professore?

BELLI: Dice per noi, signor professore?

PAOLINO (tornando a guardarli con ira contenuta): Ma quant’anni avete?

GIGLIO: Diciotto, signor professore!

BELLI: Diciassette, signor professore!

PAOLINO (tentennando il capo in contemplazione del loro aspetto bestiale): E già così uomini tutti e due! Dite un po’: come si dice in greco commediante?

GIGLIO: In greco?

PAOLINO: No: in arabo! Lei non lo sa! (A Belli:) E lei?

BELLI: Commediante? Non ricordo.

PAOLINO: Ah, lei non ricorda? Perché vuol dire che prima lo sapeva, è vero? e ora non lo ricorda più!

BELLI: Nossignore: non l’ho mai saputo.

PAOLINO: Ah, così si dice! (Sillabando:) Non-lo-so! – Ve l’insegno io: – Commediante, in greco, si dice: upocritès – E perché upocritès? (A Belli:) A lei: che cosa fanno i commedianti?

BELLI: Mah… recitano, mi pare.

PAOLINO: Le pare? Non ne è sicuro? E perché recitano, si chiamano ipocriti! Le pare giusto chiamare ipocrita uno che recita per professione? Se recita, fa il suo dovere! Non può chiamarlo ipocrita! – Chi chiama così lei, invece, cioè con questo nome che i greci davano ai commedianti?
GIGLIO (come se tutt’a un tratto gli si facesse lume): Ah, uno che finge, signor professore!

PAOLINO: Ecco. Uno che finge, come un commediante appunto, che finge una parte, poniamo di re, mentre è un povero straccione; o un’altra parte qualsiasi. Che c’è di male in questo? Niente. Dovere! professione! – Quand’è il male, invece? Quando non si è più così ipocriti per dovere, per professione sulla scena; ma per gusto, per tornaconto, per malvagità, per abitudine, nella vita-o anche per civiltà – sicuro! perché civile, esser civile, vuol dire proprio que­sto: – dentro, neri come corvi; fuori, bianchi come colombi; in corpo fiele; in bocca miele. O quando si entra qua e si dice: – Buon giorno, signor professore, invece di: – Vada al diavolo, signor professore]

GIGLIO ’(balzando): Ma come! scusi! per questo?

BELLI (c.s.): Dovremmo dirle: – «Vada al diavolo»?

PAOLINO: L’avrei più caro, l’avrei più caro, v’assicuro! – O almeno, santo Dio, non dirmi nulla, ecco!

GIGLIO: Già! E lei allora direbbe: – Che maleducati!

PAOLINO: Giustissimo! Perché la civiltà vuole che si auguri il buon giorno a uno che volentieri si manderebbe al diavolo; ed essere bene educati vuol dire appunto esser commedianti. – Quod erat demonstrandum. – Basta. Storia oggi, è vero?

BELLI (risentito): Ma no, scusi, professore…

PAOLINO: Basta v’ho detto! – Chiusa la digressione. Questa civiltà, figlioli miei, questa civiltà mi sta finendo lo stomaco! – Chiusa, chiusa la digressione.

Storia. – A lei, Giglio. (Si sente picchiare alla porta.) Chi è? – Avanti!

Fonte foto: web

DAVID MARIA TUROLDO,  IL PROFETA DEL NOVECENTOdi Antonella PederivaUn cercatore, un uomo in cammino. Questo fu David Mar...
06/02/2025

DAVID MARIA TUROLDO, IL PROFETA DEL NOVECENTO

di Antonella Pederiva

Un cercatore, un uomo in cammino. Questo fu David Maria Turoldo. Un uomo di Dio, libero, non inchiodato a schemi, fedele all'essenziale, un profeta e poeta anticonvenzionale, che sapeva guardare al futuro con gli occhi fissi al presente, che sapeva cogliere la realtà e denunciare le magagne della società, anche di quella ecclesiastica di cui faceva parte. Un "non servo" anche se appartenente ai Servi di Santa Maria, l’antico ordine religioso nato a Firenze nel XIII secolo, dalla vocazione inquieta con la certezza dell'incertezza che non si piegò a nessun potere terreno. Umile e passionale, Turoldo era un disturbatore, uno di quegli uomini nati per scuotere le coscienze, un difensore degli ultimi, dei perseguitati, dei dimenticati, degli esclusi, dei condannati all'indifferenza. Il suo posto non era la sacrestia, era la piazza, insieme alle voci degli inascoltati, dei derisi, degli emarginati. La sua voce si univa alla loro ed era la voce del Cristo, che accoglie, che consola, che perdona, che ama. Giuseppe Ungaretti, che lo stimava, come Premessa al suo libro "Udii una voce", scrisse: "La poesia di Davide Turoldo è poesia che scaturisce da maceramento per l’assenza-presenza dell’Eterno, presenza in tortura di desiderio, assenza poiché dall’Eterno ci separa l’effimero nostro stato terreno, al quale tiene tanto la nostra stoltezza". Di questa stoltezza, Turoldo era consapevole, conosceva e studiava l'animo umano, sapeva quanto l'uomo può essere crudele con i suoi simili, perché uomo attivo, coerente e partecipe del dolore degli oppressi. Poeta, tutto sommato, maledetto, snobbato dai critici del suo tempo, fu elemento essenziale della Resistenza, legato ad ogni lotta di liberazione.
Colpito alla fine degli anni ottanta da un tumore al pancreas, visse con coraggio la sua sofferenza, senza chiedere grazie di guarigione, ma pregando per avere la forza di affrontare il dolore. Morì a Milano, il 6 febbraio 1992.

E NON CHIEDERE NULLA

Ora invece la terra
si fa sempre più orrenda:
il tempo è malato
i fanciulli non giocano più
le ragazze non hanno
più occhi
che splendono a sera.
E anche gli amori
non si cantano più,
le speranze non hanno più voce,
i morti doppiamente morti
al freddo di queste liturgie:
ognuno torna alla sua casa
sempre più solo.
Tempo è di tornare poveri
per ritrovare il sapore del pane,
per reggere alla luce del sole
per varcare sereni la notte
e cantare la sete della cerva.
E la gente, l'umile gente
abbia ancora chi l'ascolta,
e trovino udienza le preghiere.
E non chiedere nulla.

ITINERARI

Liberata l'anima ritorna
agli angoli delle strade
oggi percorse, a ritrovare i brani.
Lì un gomitolo d'uomo
posato sulle grucce,
e là una donna offriva al suo nato
il petto senza latte.
Nella soffitta d'albergo
una creatura indecifrabile:
dal buio occhi uguali
al cerchio fosforescente d'una sveglia
a segnare ore immobili.
E io a domandare alle pietre agli astri
al silenzio: chi ha veduto Cristo?

PERDONA LE CHIESE

Perdona le chiese, i preti
prima fra tutti:
dei filosofi non cancellare il nome
dalla tua anagrafe.

Fonte foto: web

MARIO LUZI. LA POESIA CHE DURA OLTRE IL SUO ATTIMOdi Antonella PederivaMario Luzi è stato, per la poesia del Novecento, ...
05/02/2025

MARIO LUZI. LA POESIA CHE DURA OLTRE IL SUO ATTIMO

di Antonella Pederiva

Mario Luzi è stato, per la poesia del Novecento, come il faro per il marinaio. Mario Luzi ha attraversato il suo tempo con il compito di portare luce e accendere speranze. Una poesia, la sua, coniugata a quell'ermetismo che fu luogo di espressione anche per poeti come Ungaretti, Quasimodo, Gatto, che arriva al cuore perché voce dei sentimenti di ognuno, che sa interpretare il vissuto di ognuno. Un poeta-testimone delle vicende umane, profondamente legato ai valori cristiani con i quali era cresciuto, un uomo che fece della ricerca il suo scopo di vita, che, fino all'ultimo, si interrogò sui grandi misteri dell'esistenza. Leggere Luzi è intraprendere un cammino dentro la propria anima, è accettare di essere piccola particella di quella creazione il cui senso ci sfugge. In bilico tra bene e male, tra gioia e sofferenza, i nostri passi si muovono sui sentieri dell'ignoto, speranzosi di futuro.
"La pace / se verrà, ti verrà per altre vie / più lucide di questa, più sofferte; / quando soffrire non ti parrà vano / ché anche la pena esiste e deve vivere / e trasformarsi in bene tuo e altrui". Nessuno di noi è passato indenne attraverso il dolore, ognuno di noi ha sacrificato qualcosa e ricucito cicatrici, più o meno fonde. Insieme a Luzi, ci domandiamo anche noi quale sia il ruolo dell'amore e se davvero, un giorno, ne vedremo la vittoria.

Amici ci aspetta una barca e dondola
nella luce ove il cielo s'inarca
e tocca il mare, volano creature pazze ad amare
il viso d'Iddio caldo di speranza
in alto in basso cercando
affetto in ogni occulta distanza
e piangono: noi siamo in terra
ma ci potremo un giorno librare
esilmente piegare sul seno divino
come rose dai muri nelle strade odorose
sul bimbo che le chiede senza voce.
Amici dalla barca si vede il mondo
e in lui una verità che precede
intrepida, un sospiro profondo
dalle foci alle sorgenti;
la Madonna dagli occhi trasparenti
scende adagio incontro ai morenti,
raccoglie il cumulo della vita, i dolori
le voglie segrete da anni sulla faccia inumidita.
Le ragazze alla finestra annerita
con lo sguardo verso i monti
non sanno finire d'aspettare l'avvenire.
Nelle stanze la voce materna
senza origine, senza profondità s'alterna
col silenzio della terra, è bella
e tutto par nato da quella.
("Alla vita" da "La Barca")

Dalla terra e dal suo grembo siamo nati, dalla barca che ci conduce verso lidi sconosciuti, osserviamo l'incedere dei giorni, vivendo o sopravvivendo ai marosi. Il riferimento della raccolta "La barca" di Luzi è chiaramente rivolto al sommo poeta Dante, suo conterraneo. Come Dante, anche Luzi unisce la letteratura al sacro, si veste di salvezza, non senza perdere di vista la quotidianità dell'esistere.

“Credi che il tuo sia vero amore? Esamina
a fondo il tuo passato” insiste lui
saettando ben addentro
la sua occhiata di presbite tra beffarda e strana.
E aspetta. Mentre io guardo lontano
ed altro non mi viene in mente
che il mare fermo sotto il volo dei gabbiani
sfrangiato appena tra gli scogli dell’isola,
dove una terra nuda si fa ombra
con le sue gobbe o un’altra preparata a semina
si fa ombra con le sue zolle e con pochi fili.
“Certo, posso aver molto peccato”
rispondo infine aggrappandomi a qualcosa,
sia pure alle mie colpe, in quella luce di brughiera.
“Piangere, piangere dovresti sul tuo amore male inteso”
riprende la sua voce con un fischio
di raffica sopra quella landa passando alta.
L’ascolto e neppure mi domando
perché sia lui e non io di là da questo banco
occupato a giudicare i mali del mondo.
“Può darsi” replico io mentre già penso ad altro,
mentre la via s’accende scaglia a scaglia
e qui nel bar il giorno ancora pieno
sfolgora in due pupille di giovinetta che si sfila il grembio
per le ore di libertà e l’uomo che le ha dato il cambio
indossa la gabbana bianca e viene
verso di noi con due bicchieri colmi,
freschi, da porre uno di qua uno di là sopra il nostro tavolo.
("Il giudice" da "Nel magma")

Nel magma navighiamo, insieme ad altri, non siamo soli. Siamo giudici e giudicati, eternamente visti da altri, uomini dai mille nomi, solo nell'incontro ci ritroviamo.

"Questa felicità promessa o data/ m’è dolore, dolore senza causa/ o la causa se esiste è questo brivido/ che sommuove il molteplice nell’unico/ come il liquido scosso nella sfera/ di vetro che interpreta il fachiro"
(da "Questa speranza", "Onore del vero", 1957)

Mario Luzi sta alla poesia, come il cielo sta alla terra e ogni articolo è troppo breve per descriverne la grandezza, Mario Luzi (Sesto Fiorentino, 20 ottobre 1914 – Firenze, 28 febbraio 2005) è "troppo" per essere compresso dentro ad una biografia. Mario Luzi è colui che è divenuto nello spazio ventoso del suo scrivere, colui che è durato e durerà oltre il suo attimo.
Che Luzi non sia stato riconosciuto con il Nobel, una grande ingiustizia, mitigata solo dal lungo tempo che gli è stato concesso per donarci la sua opera.

MARIO LUZI
APRILE-AMORE

Tempo che soffre e fa soffrire, tempo
che in un turbine chiaro porta fiori
misti a crudeli apparizioni, e ognuna
mentre ti chiedi che cos’è sparisce
rapida nella polvere e nel vento.

Il cammino è per luoghi noti
se non che fatti irreali
prefigurano l’esilio e la morte.
Tu che sei, io che sono divenuto
che m’aggiro in così ventoso spazio,
uomo dietro una traccia fine e debole.

È incredibile ch’io ti cerchi in questo
o in altro luogo della terra dove
è molto se possiamo riconoscerci.
Ma è ancora un’età, la mia,
che s’aspetta dagli altri
quello che è in noi oppure non esiste.

L’amore aiuta a vivere, a durare,
l’amore annulla e dà principio. E quando
chi soffre o langue spera, se anche spera,
che un soccorso s’annunci di lontano,
è in lui, un soffio basta a suscitarlo.
Questo ho imparato e dimenticato mille volte,
ora da te mi torna fatto chiaro,
ora prende vivezza e verità.

La mia pena è durare oltre quest’attimo.

Fonte foto: web

Iniziamo la giornata con una bella notizia. Non uno ma due premi al Concorso Nazionale Artistico Letterario "Amore è..."...
05/02/2025

Iniziamo la giornata con una bella notizia. Non uno ma due premi al Concorso Nazionale Artistico Letterario "Amore è...", organizzato dal quotidiano Dentro Salerno, presieduto dalla Dott.ssa Rita Occidente Lupo .
PREMIO AL TALENTO per la mia poesia "Copro il mio freddo".
PREMIO QUALITÀ per la videopoesia "L'eco della prima parola", realizzata in collaborazione con Marco Bartolomei, videomaker, mio compagno di viaggio nel progetto poetico- musicale Emmeavideopoetry.
Entrambe le poesie fanno parte del mio libro "La Metamorfosi del Cuore", edito da Set Art Edizioni e disponibile in tutte le librerie italiane, fisiche e online.
Ringrazio sentitamente la pregiata giuria, la Presidente, l'organizzazione tutta.
A loro va la mia stima e riconoscenza🙏💖

La recensione dello scrittore Antonio De Cristofaro al mio libro "La Metamorfosi del Cuore" , Set Art Edizioni. Antonio ...
03/02/2025

La recensione dello scrittore Antonio De Cristofaro al mio libro "La Metamorfosi del Cuore" , Set Art Edizioni. Antonio De Cristofaro, è autore di numerosi libri, tra i quali "Lucrezia, la doppia vita di una Borgia". A lui va il mio "grazie" più caloroso ❤️

Dopo avere finito di leggere a tarda notte la bella, interessante e profonda silloge: “La Metamorfosi del Cuore”, di Antonella Pederiva, di primo mattino mi appresto a mettere nero su bianco alcune considerazioni sull’opera della poetessa. Comincio col dire, che come enunciato dal titolo, il n...

NEI SECOLI E SECOLI. AMEN©di Antonella Pederiva nella mia nuova raccolta "Tra i sogni e la terra. L'altrove"©Non li odo ...
03/02/2025

NEI SECOLI E SECOLI. AMEN©

di Antonella Pederiva
nella mia nuova raccolta "Tra i sogni e la terra. L'altrove"©

Non li odo più
non li sento parlare
quei corpi che s'affossano
dentro sé stessi

E muto il vento
muta l'aria che non porta
il cordoglio delle genti
al di là dell'orizzonte

A ovest, a ovest!
La sventura ad est
non ha più voce
Nessuno sparo, nessun lamento

A ovest, a ovest!
Là, dove bimbi sfilano
su passerelle di vanità
Mentre qui rovistano

tra macerie fumanti
e polveri di sassi
tra i ricordi di giorni
Anime vaganti

A ovest, a ovest!
Dove le sorti
son giocate a carte
sul tavolo della menzogna

E i sorrisi si sprecano
mentre mani si stringono
e firmano condanne
con penne intrise di sangue

A ovest, a ovest!
Finché le gambe non cedono
se ancora esistono
finché speranza sostiene

Nulla c'è da raccogliere
solo la propria natura
di uomini creati
ad immagine e somiglianza.

Nei secoli e secoli. Amen.

Antonella Pederiva
Tutti i diritti riservati ©

Foto: fotomontaggio da immagini web

03/02/2025
03/02/2025

Non c'è futuro senza presente, non c'è presente senza passato. Siamo, perché siamo stati. Passo dopo passo, giorno dopo giorno, si delinea il cammino. Qualunque cosa accada, non manchi mai un sorriso.

🎉 Ho appena completato il livello 3 e sono molto entusiasta di continuare a crescere come creator su Facebook!
03/02/2025

🎉 Ho appena completato il livello 3 e sono molto entusiasta di continuare a crescere come creator su Facebook!

02/02/2025

di Antonella Pederiva Una "sensazione stupenda" ha attraversato, domenica 7 luglio, il numeroso pubblico del Pistoia Blues Festival 2024, migliaia di persone...

Vi consiglio di iniziare con il mio, "La Metamorfosi del Cuore", poi , via via, potete leggere tutti gli altri, che meri...
02/02/2025

Vi consiglio di iniziare con il mio, "La Metamorfosi del Cuore", poi , via via, potete leggere tutti gli altri, che meritano parimenti. Set Art Edizioni , un nome, una garanzia. Fucina di talenti. Non modestamente 🙂

🪙 Dal 27 gennaio abbiamo detto addio alle banconote da 500 euro. Se non ve ne siete ancora liberati, sapete quanti libri di Set Art potete comprare con una banconota da 500 euro?

DANTE E LA DIVINA COMMEDIA di Antonella Pederiva Durante di Alighiero degli Alighieri, noto con il solo nome DANTE, dell...
02/02/2025

DANTE E LA DIVINA COMMEDIA

di Antonella Pederiva

Durante di Alighiero degli Alighieri, noto con il solo nome DANTE, della famiglia Alighieri (Firenze, tra il 21 maggio e il 21 giugno 1265 – Ravenna, notte tra il 13 e il 14 settembre 1321) poeta, scrittore, studioso di filosofia e teologia e politico italiano, iniziò la stesura del suo capolavoro, la Comoedia, come lui stesso la chiamò, probabilmente, intorno al 1307.
La cronologia dell’opera è incerta, ma si presume che l'Inferno sia stato concluso intorno al 1308, il Purgatorio intorno al 1313, e il Paradiso nel 1321 pochi mesi prima della morte.
Fu Giovanni Boccaccio che, in un trattato in sua lode, usò per primo il termine "divina" e, in seguito, anche il letterato Ludovico Dolce che, nel 1555, curò la terza edizione a stampa del poema e che, in questo modo, voleva far risaltare sia l'argomento sacro sia l'eccezionalità dell'opera. Tradotta in molteplici lingue straniere, "La divina Commedia", universalmente considerata la più grande opera scritta in lingua italiana, è uno dei testi poetico-letterari più letti, studiati e commentati al mondo e, sicuramente, uno dei maggiori capolavori della letteratura mondiale.
Riconosciuto come il padre della lingua italiana, "Il sommo poeta" spaziò dalla produzione poetica, come le Rime, a quella filosofica, come il Convivio e la Quaestio de aqua et terra; dal trattato politico, come il De Monarchia, a quello linguistico-letterario, come il De vulgari eloquentia.

INFERNO - CANTO III

GLI IGNAVI

[...]E io ch’avea d’error la testa cinta,
dissi: "Maestro, che è quel ch’i’ odo?
e che gent’è che par nel duol sì vinta?".

Ed elli a me: "Questo misero modo
tengon l’anime triste di coloro
che visser sanza infamia e sanza lodo.

Mischiate sono a quel cattivo coro
delli angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.

Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli".

E io: "Maestro, che è tanto greve
a lor che lamentar li fa sì forte?".
Rispuose: "Dicerolti molto breve.

Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che ‘nvidïosi son d’ogne altra sorte.

Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa".

Fonte foto: web

DESTINOMi affascina l'argomento "destino". Esiste forse il destino? Qualcuno un giorno mi aveva predetto ...e non contin...
01/02/2025

DESTINO

Mi affascina l'argomento "destino". Esiste forse il destino? Qualcuno un giorno mi aveva predetto ...e non continuo...magari davanti ad una tazza di tè potrei raccontarvi una storia, non certo qui, nascosta dietro a un congegno. Quanto siamo padroni delle nostre scelte e quanto influiscono le nostre decisioni? Certo è che in un attimo tutte le nostre certezze possono vacillare. Basta un contrattempo, uno sguardo, un gesto per deviare dalla nostra rotta. E sì che l'avevamo studiata, programmata, firmata. Non decidiamo noi chi incontrare. Decidiamo noi chi ignorare. Decidiamo anche di non ascoltare la voce delle nostre emozioni. Il nostro intuito. Ma forse la vita è un cerchio e ci riporta indietro.

(Antonella Pederiva)

Foto: Fotomontaggio da immagini web

MARIO QUINTANA, IL POETA DELLA SEMPLICITÀ di Antonella PederivaDalla biografia di Mario Quintana, grande poeta brasilian...
31/01/2025

MARIO QUINTANA, IL POETA DELLA SEMPLICITÀ

di Antonella Pederiva

Dalla biografia di Mario Quintana, grande poeta brasiliano morto nel 1994. Il poeta della semplicità e delle piccole cose, come si definiva. Faccio mie le sue parole. Perché non esiste poesia senza inquietudine:

Sono nato ad Alegrete, il 30 luglio 1906. Credo che sia la cosa più importante che mi sia capitata. E ora, ecco, mi chiedono di parlare di me. Bene! Ho sempre pensato che ogni tipo di confessione che non sia trasfigurata dall'arte sia indecente. La mia vita è nelle mie poesie, io sono le mie poesie, non ho mai scritto, nemmeno una virgola, che non fosse una confessione. Ma da me si vogliono dettagli… D'accordo! Ho 78 anni senza età. Di età ce ne sono due: o sei vivo o sei morto. L'ultimo caso è l'età più importante, visto che ci è stata promessa l'eternità. Sono nato nel rigore invernale a un grado e prematuro, per di più: complessato di non essere ancora pronto. Fino al giorno in cui scoprii che uno così completo come Winston Churchill era nato prematuro e che lo stesso era capitato a sir Isaac Newton! Excusez du peu... Preferisco citare l'opinione che gli altri hanno di me. Dicono che sono modesto. Al contrario, sono così orgoglioso da pensare che non ho scritto nulla al mio livello. Poiché la poesia è insoddisfazione, un anelito di autosuperamento. Un poeta soddisfatto, non soddisfa. Dicono che sono timido. Niente affatto! Sono silenzioso, introspettivo. Non capisco perché sottopongano a trattamento chi è introverso. Solo perché non possono essere belli come gli altri?

GUARDO LE MIE MANI

Guardo le mie mani: sole non sono estranee
Perché sono le mie. Ma è talmente squisito distenderle
Così, lentamente come quegli anemoni del fondo del mare …
Chiuderle, all’improvviso,
Le dita come petali carnivori!
Con esse, tuttavia, prendo solo questo alimento impalpabile del tempo,
Che mi sostiene, e mi uccide, e va secretando il pensiero
Come i ragni tessono le tele.
A che mondo
Appartengo?
Nel mondo ci sono pietre, baobab, pantere,
Acque canticchianti, il vento che soffia
E in alto le nubi che improvvisano incessantemente,
Ma niente, di questo tutto, dice: “esisto”.
Perché a malapena esistono …
Intanto,
Il tempo genera la morte, e la morte genera gli dei
E, pieni di speranza e di spavento,
Officiamo rituali, inventiamo
Parole magiche,
Scriviamo
Poesie, povere poesie
Che il vento,
Miscela, confonde e disperde nell’aria …
Né la stella del cielo né la stella marina
Sono state il fine della Creazione!
Ma, allora,
Chi tesse eternamente la trama di questi vecchi sogni?
Chi fa in me — questa domanda?

Fonte foto: web

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