Ripartiamo Italia

Ripartiamo Italia RipartiAMO Italia! L’Italia riparte, nuove sfide ci attendono. Rimettiamoci in viaggio, ma facciam
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07/08/2022

Un monito, più che un monologo, quello di cui si fa portavoce Marco Mengoni ❤️

Invitato ad indossare per una volta il completo de Le Iene, il cantante racconta la necessità di soffermarsi in atti di educazione, piuttosto che di arroganza, perché se iniziamo ad essere disponibili verso chi ci circonda, anche la vita può sembrare meno complicata di quello che è.

Una lezione che ci ricorda quanto sia importante ricordarsi del fatto che il comportamento di una singola persona, può sempre fare la differenza.

31/07/2022
26/07/2022

“Ero un bambino cresciuto a New York da genitori fuggiti dalla Germania, un bambino che dai 7 anni sognava di diventare un attore. E che ogni giorno, a scuola e fuori, era giudicato lento, pigro, stupido perché non riusciva a leggere e a cavarsela in matematica. Ero bravo solo a guardare, a osservare, e a custodire il mio sogno. Quel bambino vent’anni dopo era nella serie tv più vista del momento.

Appari sullo schermo e da un giorno all’altro sembra che tu sia alto due metri e bello come Paul Newman. Ma io non potevo dimenticare il ragazzo che al college aveva scritto circa 150 lettere d’amore a una certa Susan che neanche lo guardava e che ovviamente stava con un altro. Diventi famoso e vivi un’altra vita, ti fanno sentire un re. E le ragazze… oh, quante ragazze! Ma chi lo sapeva se cercavano me o il personaggio della tv? Con le fan scattava la mia parte paterna, non ho mai firmato un lembo di pelle nuda".

Amo essere un marito, un padre di tre figli e nonno di cinque nipoti. Ho sempre avuto bisogno di essere ascoltato: se ci si ascolta, non c’è crisi insuperabile, non c’è traguardo irraggiungibile".

-Henry Winkler, il mitico Fonzie di Happy Days

26/07/2022

Sarà che ormai non si regge più in piedi e la sofferenza ne ha modellato il carattere ma questo discorso di Papa Francesco di qualche giorno fa è semplicemente STREPITOSO!

"Puoi avere difetti, essere ansioso e perfino essere arrabbiato, ma non dimenticare che la tua vita è la più grande impresa del mondo. Solo tu puoi impedirne il fallimento. Molti ti apprezzano, ti ammirano e ti amano. Ricorda che essere felici non è avere un cielo senza tempesta, una strada senza incidenti, un lavoro senza fatica, relazioni senza delusioni.

"Essere felici è smettere di sentirsi una vittima e diventare autore del proprio destino. È attraversare i deserti, ma essere in grado di trovare un'oasi nel profondo dell'anima. È ringraziare Dio ogni mattina per il miracolo della vita.È baciare i tuoi figli, coccolare i tuoi genitori, vivere momenti poetici con gli amici, anche quando ci feriscono.

"Essere felici è lasciare vivere la creatura che vive in ognuno di noi, libera, gioiosa e semplice. È avere la maturità per poter dire: "Ho fatto degli errori". È avere il coraggio di dire "Mi dispiace". È avere la sensibilità di dire "Ho bisogno di te". È avere la capacità di dire "Ti amo". Possa la tua vita diventare un giardino di opportunità per la felicità ... che in primavera possa essere un amante della gioia ed in inverno un amante della saggezza.

"E quando commetti un errore, ricomincia da capo. Perché solo allora sarai innamorato della vita. Scoprirai che essere felice non è avere una vita perfetta. Ma usa le lacrime per irrigare la tolleranza. Usa le tue sconfitte per addestrare la pazienza.

"Usa i tuoi errori con la serenità dello scultore. Usa il dolore per intonare il piacere. Usa gli ostacoli per aprire le finestre dell'intelligenza. Non mollare mai ... Soprattutto non mollare mai le persone che ti amano. Non rinunciare mai alla felicità, perché la vita è uno spettacolo incredibile.".

PAPA FRANCESCO

24/07/2022

“Tacere non significa che io non abbia niente da dire, o che quello che vedo mi sta bene. Il mio tacere vuol dire: “Ho capito chi sei e non vali nemmeno la mia attenzione.” Il silenzio non è vuoto ma è… pieno di risposte. È solo quando riesci a “tacere”, evitando discussioni inutili, che mostri la tua intelligenza e la tua saggezza. Questa è quel genere di filosofia che non è nata per essere insegnata ma per essere “praticata”.
Luciano De Crescenzo

23/07/2022

Questo articolo è dedicato a tutte quelle persone che pensano che "un bel ceffone al momento giusto è il miglior...

23/07/2022

A Ponte Lambro non sono mai stata. È un quartiere ai margini della periferia est di Milano, un luogo che non conosco e la cui esistenza mi sarebbe rimasta ignota se non l’avessi scoperto durante le mie indagini immobiliari. Insieme a Gratosoglio e Quarto Oggiaro, infatti, era una delle poche zone nelle quali avrei potuto permettermi un trilocale senza mutuo.
Una zona “povera”, dunque. Talmente povera da non beneficiare della bolla immobiliare meneghina che, ormai da qualche anno, si è gonfiata oltre ogni ragionevolezza, persino a Rubattino o a Bande Nere. Un quartiere che, immagino, abbia pochi servizi, popolato non benissimo, lasciato al suo destino (o al suo degrado), dove non arriva neppure il riverbero della magnifica Milano che non si ferma mai.

Forse è per questo che quando ho sentito la terribile storia di Diana e di sua madre Alessia, che a Ponte Lambro ci vivevano, ho inquadrato subito la vicenda in un contesto di marginalità ed esclusione. Di abbandono. Di miseria sociale, se così possiamo dire, senza suonare stronzi e classisti.

D’altra parte, ogni volta che succede una tragedia di questo tipo, il 90% dei commenti che leggo è più o meno di questo tenore “bagascia di m***a, devi bruciare all’inferno, ti auguro di morire tra atroci sofferenze, schifosa bastarda, non sei una madre”.
Capisco l’impeto, il dolore, il disprezzo, la collera funesta. Però c’è un fatto: anche queste sono madri. Prima ancora, sono persone.
Persone che quel figlio non lo volevano. Persone in difficoltà. Persone tragicamente sole. Persone poco informate in merito ai propri diritti riproduttivi e ai metodi contraccettivi. Persone che avrebbero bisogno di aiuto ma non riescono a capirlo, a chiederlo, a procurarselo. Persone mal consigliate (o non consigliate affatto). Persone che stanno male. Persone che, forse, non hanno avuto molte possibilità (e le poche che avevano, magari, le hanno giocate male). Persone che, forse, non hanno avuto una famiglia accogliente. Persone che hanno problemi seri, profondi. Danni venuti prima del danno che vediamo noi.

Ogni volta che succede una tragedia incomprensibile, mi chiedo quali segnali l’abbiano preceduta. Quante patologie psichiatriche non diagnosticate. Quante violenze taciute o ignorate. Quanta alienazione. Quanta precarietà. Quanto disinteresse. Quanta difficoltà. Quanta mostruosa e disadattata consapevolezza di non valere niente, di non avere niente da offrire e niente da perdere. Quanta spaventosa certezza di non potersi salvare.

Ogni volta che succede una tragedia insopportabile (ne succedono spesso, soprattutto tra le mura domestiche), non posso non pensare alla tossicità in cui viviamo, di cui siamo parte attiva e passiva, mentre condividiamo lo spazio e l’epoca con persone che non vediamo, che pare non abitino il nostro stesso mondo, del quale non condividono valori né significati. Neppure quando sono principi basilari di umanità.

Ogni volta, insomma, mi chiedo quante persone abbiano voltato la testa dall’altra parte, fingendo di ignorare, preferendo non impicciarsi. Mi domando dove sia il tessuto sociale, la famiglia, i vicini di casa, gli amici, i colleghi, gli ex colleghi, la vecchia compagna di classe, il consultorio, l’associazione, la rete di salvataggio delle persone in difficoltà. E mi pare che la risposta sia sempre, tristemente, la stessa: non c’è. Non abbastanza.

Sia chiaro: certe tragedie succederebbero lo stesso (sono esistite sempre, nella storia). Forse, però, alcune potremmo evitarle, se ci fosse una presenza sul territorio, qualcuno a cui rivolgersi (a parte la parrocchia che evidentemente non riesce a intercettare tutto il malessere che fermenta in certi gangli della contemporaneità). Forse, se ci fosse una porta cui bussare, senza dover superare un esame morale, senza timore di essere trattati come umanità residuale, o giudicati, o umiliati, ecco forse in quel caso, magari, qualche essere umano in grave difficoltà troverebbe il coraggio di chiedere aiuto, prima di arrivare a commettere atrocità. Prima di gettare al cesso la vita e naufragare in un buio irreversibile.

Non lo so. Non so cosa pensare.
Guardo mia figlia che dorme nel suo lettino, su un bel parquet d’epoca, in un palazzo di inizio secolo, in un buon quartiere.
Lei e Diana si passavano quattro mesi.
Abitavano a pochi chilometri di distanza.

Come tutti, mi sono chiesta cos’abbia provato, quella bimba, abbandonata per giorni. Quanta sia stata cosciente. Quanta paura abbia avuto. Quanta fame. Quanta sete. Quanto bruciore alle piaghe.
Mi tiro indietro. Ho la bocca amara. Non ce la faccio. È un pensiero insopportabile. Fa piangere. Fa venir voglia di urlare. Fa impazzire.

Vado a preparare la pappa, che è ora di mangiare.

03/07/2022

"Molti coetanei mi prendono in giro e non sono la tipica ragazza che fa colpo sugli uomini, ma io sono fiera di lavorare in campagna."

28/06/2022

Che cosa faticosa l’odio, non trova? Mi domando che rispetto di se stessi abbiamo coloro che non sono in grado di rispettare l’unicità degli altri. Chi non capisce, chi non rispetta, chi non ascolta l’unicità degli altri è una persona sfortunata perché non si concede la libertà di farsi ispirare dal pensiero degli altri. È una prigionia che non auguro a nessuno
[Drusilla Foer]

04/06/2022

Altra mentalità…

"A 15 anni sono andato via di casa perché mamma e papà non arrivavano a fine mese e discutevano molto per questo. All’epoca vivevo a 40 km da dove mi allenavo, ma la squadra credeva in me e mi aveva preso a vivere nel convitto. Non volevo chiedere soldi ai miei genitori e allora andavo dal benzinaio a Genova Pegli: mi davano 50mila lire a settimana. Quando sono arrivato al Milan la società, compresi i senatori, mi hanno fatto capire lo stile di vita che dovevo avere: arrivare un'ora prima agli allenamenti, andare via un'ora dopo, fare una vita da atleta. Con i primi soldi ho comprato casa ai miei genitori, vivevano in affitto in una casa da 50 metri, ricordo ancora le lacrime di mio padre durante la firma dal notaio. E' il ricordo più bello che ho. Ho imparato a non sperperare i soldi nella vita, non ho mai dimenticato da dove provengo.”

- Christian Panucci




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04/06/2022

"Ho provato in tutti i modi ad avere il posto fisso. Mi sono laureato in legge, ma non mi ricordo niente. Ho dato un concorso da ispettore di polizia, ma non mi hanno preso. Zia Lina tentò di farmi assumere da un avvocato: avrei dovuto fare le fotocopie nello studio dall'onorevole Francesco Paolo Sisto. L’altro giorno l’ho incontrato e gli ho detto: 'Fammi ‘na fotocopia, dai.' Sono stato anche rappresentante di medicinali. Piazzavo molta amuchina che a Bari c'era paura del colera.

Alla fine ho iniziato a suonare ai matrimoni. Era un mestiere redditizio, perché in Puglia il matrimonio va molto. Erano 70€ a serata. C’era di tutto. Anche pregiudicati con amici e parenti in galera. Presi l’abitudine di esordire così: 'Il concerto è dedicato ai reclusi di Taranto, con augurio di presta libertà'. Al Nord scoppiavano a ridere. Al Sud scoppiava un applauso sincero: mi prendevano sul serio.

Insomma le ho provate tutte. E non mi sono mai arreso. Sono stato fortunato, anzi fortunatissimo perché senza una buonissima dose di c**o non vai da nessuna parte, ma quando ho avuto un’occasione ho dimostrato di sapermela meritare. Mi mandavano in onda, a Telenorba e poi a Zelig, funzionavo, facevo ridere. Oggi piaccio all'italiano terra terra o a De Gregori, all'intellettuale, è al pubblico di mezzo che sto sulle p***e."

Il mitico compie oggi 45 anni 🥳

03/06/2022

Una bottiglia d'acqua al supermercato vale circa 0,80 centesimi.
In un buon ristorante o hotel può valere fino a 3 o 4 Euro.
In un aeroporto o anche dentro un aereo, fino a 5.00.
La bottiglia è la stessa, la marca anche, l'unica cosa che cambia è il luogo.
Ogni luogo dà un valore diverso allo stesso prodotto.
Quando ti senti nullo, o pensi di non valere niente, quando tutto intorno a te ti sminuisce, cambia posto, non stare lì.
Abbi il coraggio di cambiare aria e vai in un posto dove ti diano il valore che meriti e ti considerino per quello che sei.
Circondati di persone che apprezzano davvero quello che vali.
Non accontentarti.

Web

22/05/2022

Un monito, più che un monologo, quello di cui si fa portavoce Marco Mengoni ❤

Invitato ad indossare per una volta il completo de Le Iene, il cantante racconta la necessità di soffermarsi in atti di educazione, piuttosto che di arroganza, perché se iniziamo ad essere disponibili verso chi ci circonda, anche la vita può sembrare meno complicata di quello che è.

Una lezione che ci ricorda quanto sia importante ricordarsi del fatto che il comportamento di una singola persona, può sempre fare la differenza.

13/05/2022

Dopo essere stato preso in giro più volte per avere un telefono con lo schermo rotto, che in realtà poteva benissimo cambiare con il denaro che guadagna, il giocatore senegalese del Liverpool Sadio mané ha risposto:
''Perché dovrei cambiarlo? Volendo potrei acquistare 10 Ferrari, 20 Rolex o due aerei privati, ma per cosa? Ci sono cose più importanti nella vita, ricordo bene da dove arrivo, quando avevo fame e dovevo lavorare nei campi assetato.
Sono sopravvissuto a guerre, carestie, fame, ho giocato a calcio scalzo, non ho potuto studiare e una lista infinita di altre cose, ma oggi grazie a quello che guadagno dal calcio posso aiutare la mia gente.
Finanzio la costruzione di scuole, ospedali, parchi giochi e compro vestiti, scarpe e cibo a persone che vivono in condizioni di estrema povertà, come vivevo anche io in passato.
Inoltre do 70 euro al mese a tutte le famiglie più povere della mia regione del Senegal, per contribuire all'economia familiare.
Non è necessario sfoggiare un cellulare costoso di ultima generazione, un rolex d'oro, un'auto di lusso, ville di lusso e viaggi in jet privato, preferisco viaggiare in classe economy.
Preferisco che la mia gente riceva un po' di ciò che la vita mi ha dato.
Questa si chiama lotta onorevole contro l'egoismo, contro la povertà, contro la fame in tutte le parti del mondo, non solo nel mio Paese.
Un grande uomo❤️

11/05/2022

Ciao, sono Sara ed ho 35 anni.
Lorenzo, il mio fidanzato, mi ha lasciato perché sono sovrappeso.
Dimostratemi con un vostro “mi piace” che, nonostante qualche chilo in più, posso piacere ancora a qualcuno.

08/05/2022

Esistono forme di maltrattamento che non lasciano segni sulla pelle, ma che aprono ferite psicologiche difficili da curare e cicatrizzare....

07/05/2022

Gridare sovreccita il cervello, ci mette in allerta e sull'attenti contro il delicato equilibrio delle nostre emozioni. Questa irritante forma...

17/04/2022

Succede a tutti di arrivare a un punto nella vita in cui non tolleriamo più una persona o una cosa,...

31/03/2022

Sono una persona forte, di quelle con cui la vita è stata dura più di una volta. Tuttavia, ho bisogno...

04/02/2022

La vera unicità ❤️

04/02/2022

Non siamo in grado di includere e accettare quello che per la nostra soggettività riteniamo differente, rispetto al concetto di norma cui ci sentiamo di appartenere. Ci spaventa, ci fa paura e tutto questo produce atteggiamenti e comportamenti di discriminazione. La paura della diversità: l’etimologia della parola significa che siamo in presenza di caratteristiche, tratti, identità, tali da non essere conformi e quindi diversi da un soggetto all’altro se pur identificabili nella medesima tipologia. Parliamo, ad esempio, dell’orientamento sessuale, di condizione di disabilità psicofisica, di un credo religioso, fino a toccare l’etnia degli esseri umani. Ma perché proviamo cosi tanta paura per chi consideriamo diverso da noi? Ci spaventa quello che non conosciamo e mettiamo in atto strategie difensive per evitare di entrare in contatto con la diversità. Ci manca la capacità di comprensione e tendiamo a cercare ciò che è più simile ai nostri canoni estetici, esistenziali, alle nostre credenze, come unico modello possibile di vita. Ogni altra caratteristica, anche identitaria, di genere, che fuoriesce dalla norma in cui ci riconosciamo, viene etichettata, stigmatizzata e definita “anormale”.

Oltre a farci paura, pensiamo la diversità anche come portatrice di pericolosità sociale. Per questo abbiamo paura del diverso, perché non siamo noi.

Nonostante gli sforzi mentali e culturali che si possono fare, il diverso fa paura perché non lo conosciamo. Il nostro cervello tende a categorizzare tutto quello che ha intorno e che non conosce, è un meccanismo naturale, fa parte del nostro modo di percepire le cose.

Tendiamo a chiamare “diversamente abile” chi è in una condizione di disabilità (un handicap fisico o psicofisico) per cercare di avvicinarlo nella sua condizione di invalido (non muove le gambe) a noi, a chi è autonomo e cammina senza nessuna difficoltà. Così possiamo dire siamo uguali, non siamo così diversi e la discriminazione non ha più senso. Una soluzione che in realtà non lo è. Non è così che si arriva ad una vera inclusione e accettazione.

https://www.rumorscena.com/21/10/2017/freaks-la-diversita-fa-paura-la-diversita-e-anche-normalita

27/01/2022



Auschwitz

Considerare ogni parola
su gli oggetti
su gli occhiali
su le scarpe
su i capelli tagliati
su le brune valigie
con i nomi
immagini di dolore
documenti d’orrore
le scatole ammassate
di Zyklon B
le bambole rotte
nella vetrina
le lunghe file
nella latrina
i ferrigni attrezzi
nel crematorio
considerare ogni parola
su la realtà
ad Auschwitz
sbocciano rose rosse
e il cielo
è blu.

di Peter Paul Wiplinger


Museo di Auschwitz

Capelli morti
che un tempo abbellirono
il capo di giovani donne
ed ora giacciono
dietro vetro trasparente.
Scarpe vecchie
che calzarono i loro piedi
e li condussero qui.
E vecchi occhiali,
denti finti,
alcune stampelle, e
qualche protesi.

di Michael Etkind


La visita, Auschwitz 1971

Il Dottor Bronowski in piedi negli acquitrini. È tornato in Polonia e si accovaccia sulle scarpe pesanti, raccoglie del fango e lo versa da mano a mano. Qui, dice il Dottor Bronowski, con lo sguardo che concentra la luce, stanno le ceneri di quattro milioni di persone. Osserviamo la melma fina dei nostri genitori scivolare fra le sue mani. Ci parla camminando nell’acqua. L’umidità gli sale nelle scarpe. Nel centro viscido il cielo è diventato i suoi occhi, la pellicola dello stagno gli si avviluppa contro, abbracciandogli la carne.

di Lisa Ress.



Grazie a Ida Accorsi

23/01/2022

“Sono nato con la sindrome di Treacher Collins, una malattia che provoca malformazione al viso, problemi di respirazione e udito ma non mina l’attività cerebrale.
Forse molte persone conoscono questa malattia per avere visto il film Wonder il cui protagonista nasce con questa sindrome e a scuola subisce feroci attacchi di bullismo e di scherno a causa del suo aspetto.
Ho subito tante operazioni di ricostruzione del volto. Fino a 19 anni sono stato quasi del tutto sordo e adesso sento grazie a un apparecchio acustico. Invece la voce mi è rimasta nasale ma me ne sono fatti una ragione. Da bambino pensavo che sarei riuscito ad avere un aspetto simile a quello degli altri bambini in breve tempo. Invece ci sono voluti molti anni e molti interventi chirurgici per diventare come sono adesso.
La mia famiglia mi ha fatto operare da piccolo, non per com’ero ma per permettermi di vivere una vita più serena. Li ringrazierò a vita perché mi hanno trasmesso solo amore. Purtroppo non tutti i bambini hanno avuto la stessa fortuna. Il mondo è stato cattivo con me. Fin da bambino il mio aspetto ha generato reazioni esagerate e di disprezzo. Ho pianto in silenzio per non pesare sui miei genitori. Inizio diverse scuole ma le difficoltà erano troppe per poter stare al passo degli altri e in più non ci sentivo.
Sono stato preso in giro da coetanei e adulti. Il bullismo mi ha fatto male, mi sentivo disprezzato. Non sapevo davvero cosa fare per non essere visto. Mi hanno chiamato mostro e alieno, ridendo alle mie sp***e. Ma perché tutto questo? Dopo tanti anni di vita passata a nascondermi, ho avuto il coraggio di mostrare il mio viso sui social. Ed è proprio lì che ho ricevuto gli attacchi più terribili.
Oggi sono qui perché vorrei riuscire a dire basta al bullismo. Nessuno dovrebbe accanirsi contro chi ha il coraggio di mostrare la propria diversità.

Siate gentili. "

Il mio monologo contro il bullismo portato sul palco di TuSiQueVales
Grazie a .it per la bellissima foto che hanno fatto.

Raffaele Capperi.

12/01/2022

si è tolto la vita a 17 anni lanciandosi dal ponte di .
I suoi compagni di scuola lo . Lo insultavano, ridevano di lui; nell'ora di educazione fisica gli sputavano addosso.
"Sei ", gli dicevano. "Devi solo morire, non puoi offrire niente alla società".
Michele torna a casa e pranza con i suoi genitori per l'ultima volta. Si cambia, esce per un giro. Dopo un'ora non è ancora rincasato, la sua mamma lo chiama. Lui la tranquillizza, ma a casa non tornerà mai più. Saranno i carabinieri a dire ai suoi genitori che Michele si è gettato dal ponte ed è morto. Uno sconfinato . Caro Michele, quanto devi aver sofferto! 😔

09/01/2022

A Firenze, in Italia, questa signora di 87 anni è finita senza badante....
Ha chiamato la polizia e ha detto: "Vivo da sola, ho fame, sono a letto e mi fa male il braccio".
Gli agenti sono arrivati all'appartamento, sono entrati grazie a un vicino e le hanno preparato da mangiare!
😍😍

La Repubblica

09/01/2022

“In età liceale e adolescenziale sono stata vittima di cattiverie ricevute dai miei compagni di classe.

In altre parole sono stata vittima di bullismo.

Prese in giro, ciocche di capelli tagliati, rutti emessi nelle orecchie, quaderni o libri scarabocchiati e delle volte anche strappati; imitavano anche il mio portamento fisico a mo' di scimmia (nonostante abbia importanti problemi di schiena); mi ripetevano sempre che ero una sfigata e che non meritavo neanche vestiti alla moda perché ero grassa (taglia 44!) e troppo br**ta.
Insieme ad alcuni di loro fu alleato anche un mio professore.

Ho 28 anni e in questa autobiografia racconto la mia lotta contro il bullismo, la solitudine; i molti lutti che ho subito in famiglia; ma in particolar modo fede, musica e voglia di ripartire sono i temi affrontati nel mio testo.
In quello stesso periodo ho vissuto e affrontato tutta la malattia di mio padre (un tumore raro) e, successivamente, la sua morte.

Dalla perdita di mio padre, per quasi 3 anni, ho subito altri lutti in famiglia tra cui i miei nonni, due zii, un cugino e una carissima amica di famiglia.

In quel periodo, sono iniziati gli attacchi di panico perché vedevo tutto difficile da gestire.

La solitudine, ansia e panico sono diventati miei compagni di viaggio in quel lungo tempo e la lontananza da alcuni miei affetti (sia per motivi di lontananza geografica sia per altri lutti) mi hanno fatta diventare fredda e rigida nei confronti della vita.

Nel periodo più buio ho avuto la fortuna di conoscere il mio migliore amico, ossia un giovane sacerdote, quasi coetaneo: con le sue parole e la sua vicinanza mi ha aiutato a rialzarmi e ad amare di più Dio.

Da quell'incontro ho avuto la fortuna di conoscere e di fare amicizia con altri giovani sacerdoti che mi hanno aiutata a riemergere.

Mi sono sostenuta anche con il volontariato aiutando un’associazione di bambini oncoematologici di Pescara...una struttura che ospita i bambini onco-ematologici e le loro famiglie in modo gratuito.

Parlo dell'AGBE di Pescara.
Ho avuto poi l’occasione di incontrare e seguire il trio musicale ‘Il Volo’, di cui ho l’onore di conoscere il componente Gianluca Ginoble, una persona molto umile e gentile. In realtà, mi sono adoperata affinchè diventasse cittadino onorario del mio paese.

Insomma descrivo i miei stati d’animo, tutto ciò che vivevo in quel liceo degli ‘orrori’ (dal mio punto di vista) e di come ho trovato la ‘fioritura’ con la conoscenza di questi gruppi di persone fraterne".

L'autobiografia si rivolge a quelle donne e a quegli uomini più deboli che hanno voglia di gridare la loro rabbia e il loro disagio (a causa del giudizio degli altri) ma che non possono perché hanno paura della cattiveria altrui.

Non dobbiamo avere timore del giudizio degli altri. Cerchiamo, invece, di avere il coraggio di chiedere aiuto, a chi vogliamo, anche grazie alla preghiera. E per soccorrere, non ascoltiamo solo le parole che ci vengono dette, ma dobbiamo, in particolar modo, sentire i silenzi dell’altra persona.

Dobbiamo essere liberi di non aver paura di esprimerci. Liberi dalle nostre prigioni mentali che ci conducono al male.

E ci dobbiamo rispettare. Rispettare noi stessi e gli altri per essere liberi ed in Grazia di Dio… magari portando anche un messaggio di speranza e un aiuto a chi non riesce a rialzarsi con le proprie forze.”

Questa testimonianza arriva da Lucia Di Folca, originaria di Lettomanoppello e autrice del libro "Nella tasca destra in alto" edito dalla casa editrice Masciulli Edizioni.

🔴 https://www.vastoweb.com/news/cultura/1088104/vittima-di-bullismo-racconta-la-sua-storia-a-chi-vuole-gridare-la-propria-rabbia-

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I LOVE GOSSIP

Lo scambio d'informazioni e giudizi informali all'interno di un gruppo sociale sui comportamenti dei membri del gruppo stesso viene spesso considerato una forma di controllo sociale, specie da studiosi appartenenti al funzionalismo.

Il pettegolezzo è diffuso in molte culture e comunità, anche le più isolate (beduini, nativi americani...), e costituisce una delle principali forme con cui si esercita la sanzione da parte dell'opinione pubblica. Viene utilizzata anche per rimarcare i confini del gruppo, dato che comporta una conoscenza esclusiva e approfondita della comunità stessa. Altri studiosi hanno tuttavia rimarcato il rischio di conflitto a cui possa portare un uso indiscriminato del pettegolezzo.

Il gossip

Col termine gossip (che l'italiano ha preso in prestito dall'inglese, dove significa semplicemente "pettegolezzo" nell'accezione comune) si intendono le notizie sulla vita privata riguardanti personalità note o VIP, pubblicate con o senza il consenso del soggetto in causa. In particolare, il gossip s'interessa delle persone (di solito altrettanto famose) con cui i VIP hanno instaurato relazioni amorose.



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