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Titano, sotto il ghiaccio potenziali riserve di acqua liquida22.12.25 – Titano si conferma essere una delle lune più int...
22/12/2025

Titano, sotto il ghiaccio potenziali riserve di acqua liquida

22.12.25 – Titano si conferma essere una delle lune più intriganti di Saturno. È caratterizzata da una superficie ghiacciata sotto la quale si pensava fosse racchiuso un grande oceano di acqua liquida, simile a quelli ipotizzati per altre lune del Sistema Solare. Ed invece no. C’è tutto da rifare.

In base ad un nuovo studio pubblicato nella rivista Nature, al quale ha contribuito in modo significativo il gruppo SPRING (Space Robotics Investigation Group) dell’università Sapienza di Roma, gli scienziati – analizzando i dati ottenuti dalla missione Cassini che ha orbitato attorno a Saturno per oltre dieci anni fino al 2017 – adesso offrono una diversa interpretazione della struttura interna di Titano.

I ricercatori hanno studiato come mai Titano risponda all’effetto della gravità di Saturno, in modo analogo a come la Luna genera le maree sulla Terra. Osservando queste “maree gravitazionali”, i ricercatori sono così giunti a stabilire non solo che Titano si deforma molto, ma anche che risponde in ritardo alla forza gravitazionale di Saturno. Questo ritardo, che costituisce l’aspetto su cui si è concentrata principalmente la ricerca, indica che all’interno del satellite viene liberata molta energia sotto forma di calore...

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15/12/2025
Rivoluzionare la produzione di idrogeno verdeIl Politecnico di Torino entra nel progetto europeo ENDURION02.12.25 – Avvi...
01/12/2025

Rivoluzionare la produzione di idrogeno verde
Il Politecnico di Torino entra nel progetto europeo ENDURION

02.12.25 – Avviato ENDURION, il nuovo progetto di ricerca europeo dedicato allo sviluppo di tecnologie avanzate per la produzione di idrogeno verde. L’iniziativa, finanziata dal programma Horizon Europe – Clean Hydrogen Partnership, riunisce dodici università, centri di ricerca e aziende tecnologiche leader a livello europeo. Tra questi, il Politecnico di Torino, che svolge un ruolo strategico nello sviluppo di materiali innovativi per elettrolizzatori ad alta efficienza – dispositivi che producono idrogeno attraverso l’elettrolisi dell’acqua consumando meno energia rispetto agli elettrolizzatori tradizionali, pur mantenendo, o aumentando, la quantità di idrogeno prodotta.

Coordinato dall’AIT, Austrian Institute of Technology, ENDURION lavorerà nei prossimi quattro anni alla realizzazione di un sistema altamente efficiente basato su una nuova generazione di elettrolizzatori a membrana a scambio anionico pressurizzati (AEMEL): dispositivi che producono idrogeno utilizzando una membrana speciale che trasporta ioni con carica negativa e che opera direttamente in pressione per ridurre i consumi energetici, pensati per applicazioni industriali e per ridurre drasticamente l’impatto energetico della produzione di idrogeno.

Il progetto punta a sostituire materiali rari e costosi con alternative più comuni e abbondanti in natura come nichel e ferro, e a ridurre di almeno il 15% il consumo energetico rispetto alle tecnologie attuali. Non solo. ENDURION affronterà la criticità principale che ha finora limitato la diffusione commerciale degli AEMEL: la loro durabilità. Pertanto, saranno sviluppate nuove membrane a scambio anionico più stabili e con una vita operativa significativamente estesa, in grado di supportare la produzione di idrogeno a pressioni fino a 50 bar...

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Nella foto. Il logo del progetto di ricerca europeo ENDURION (credit: endurion.eu)

Come rallentare il declino cognitivo: allenare il cervello e aumentare le molecole antinfiammatorie25.11.25 – Attività f...
25/11/2025

Come rallentare il declino cognitivo: allenare il cervello e aumentare le molecole antinfiammatorie

25.11.25 – Attività fisica e cognitiva, in un contesto sociale arricchito, aumentano le molecole antinfiammatorie che proteggono il cervello. È il risultato di uno studio condotto da ricercatori italiani coordinato dall’IRCCS Istituto Clinico Humanitas, dall’Istituto di Neuroscienze del Cnr di Pisa, con la collaborazione dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr (Cnr-Ifc), della Fondazione Stella Maris e della Clinica Neurologica dell'Azienda ospedaliero-universitaria pisana (AOUP) e pubblicato nella rivista Brain, Behavior & Immunity – Health.

I ricercatori hanno dimostrato che un intervento multidimensionale denominato “Train the Brain” è in grado di migliorare le funzioni cognitive in soggetti con lieve declino cognitivo (Mild Cognitive Impairment, MCI) e di modulare la risposta infiammatoria del sistema immunitario, con effetti misurabili attraverso un prelievo del sangue.

La ricerca si inserisce nel crescente filone di studi che riconosce l’infiammazione cronica come uno dei principali processi biologici associati all’invecchiamento e allo sviluppo di patologie neurodegenerative come la malattia di Alzheimer, in un fenomeno noto come inflammaging.

Se è vero che tutti gli individui sperimentano un fisiologico declino delle funzioni cognitive con l'invecchiamento, esiste una specifica sottopopolazione in cui questi cambiamenti sono più marcati e misurabili: i soggetti con diagnosi MCI. Queste persone non solo presentano un deterioramento cognitivo superiore a quello atteso per la loro età, ma hanno anche un alto rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer. Per questo motivo, sono i destinatari d'elezione di strategie mirate a prevenire o ritardare la progressione del loro quadro clinico.

Il programma “Train the Brain”

Per contrastare efficacemente tali processi, i ricercatori dell’Istituto di neuroscienze del Cnr di Pisa (Cnr-In) di Pisa hanno sviluppato il programma “Train the Brain”, che si svolge all’interno della Palestra della Mente presso l’Area della Ricerca del Cnr di Pisa, un luogo interamente dedicato agli studi volti a contrastare l’invecchiamento cerebrale...

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Primo Piano Come rallentare il declino cognitivo: allenare il cervello e aumentare le molecole antinfiammatorie Novembre 24, 2025 69 WhatsApp Pisa. Sede del Cnr (credit: cnr.it) 24.11.25 – Attività fisica e cognitiva, in un contesto sociale arricchito, aumentano le molecole antinfiammatorie che p...

Depressione, scoperto il meccanismo cellulare che riduce l’attività dei neuroni15.11.25 – Identificato il meccanismo att...
15/11/2025

Depressione, scoperto il meccanismo cellulare che riduce l’attività dei neuroni
15.11.25 – Identificato il meccanismo attraverso il quale la depressione riduce l’attività dei neuroni della corteccia prefrontale mediale, una regione del cervello cruciale per la regolazione delle emozioni e la risposta allo stress. È il risultato di una nuova ricerca condotta al Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi (NICO) dell’Università di Torino e pubblicata in Scientific reports.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la depressione colpisce il 5% della popolazione adulta in tutto il mondo, rappresentando una grave sfida per la salute pubblica. I trattamenti attuali spesso falliscono a causa di una incompleta comprensione delle sue basi biologiche. Questo studio sposta l’attenzione dai tradizionali deficit serotoninergici nella depressione ai deficit di attività nervosa nella corteccia prefrontale mediale, una regione cerebrale fondamentale per la regolazione dell’umore e dello stress.
Gli autori dello studio hanno osservato che nelle cavie che sviluppano un comportamento “depressivo” in seguito a stress cronico, i neuroni piramidali dello strato 2/3 della corteccia prefrontale diventano meno eccitabili e mostrano un maggior adattamento della frequenza di scarica. Questo significa che, quando vengono stimolati, i neuroni faticano a mantenere l’attività elettrica necessaria per elaborare correttamente gli stimoli provenienti da altre aree cerebrali...
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Nella foto. Neurone piramidale nella corteccia prefrontale e i suoi potenziali d’azione evocati (credit: https://nico.ottolenghi.unito.it/)

Traffico aereo, cambiamenti climatici tempeste e turbolenze11.11.25 – La sicurezza e l’efficienza dell’aviazione mondial...
11/11/2025

Traffico aereo, cambiamenti climatici tempeste e turbolenze

11.11.25 – La sicurezza e l’efficienza dell’aviazione mondiale potrebbero essere messe a repentaglio dal cambiamento climatico. Lo evidenzia uno studio condotto da un team internazionale di ricercatori e realizzato in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), pubblicato nella rivista Weather and Climate Dynamics. L’intensificazione delle tempeste, infatti, porterebbe ad aumentare i fenomeni di turbolenza e a intensificare i venti, condizionando il traffico aereo globale.

La ricerca ha analizzato quattro grandi eventi metereologici che, negli ultimi anni, hanno avuto un forte impatto sui voli e sulle infrastrutture aeroportuali. Tra questi la tempesta Eunice, nel febbraio 2022, che colpì Regno Unito e Irlanda; la tempesta Poly, nel luglio 2023, la prima nel suo genere a raggiungere l’Europa interessando Belgio, Germania, Paesi Bassi e Regno Unito; il complesso di tempeste nordamericane del febbraio 2023 che, con grandine, neve e forti venti, attraversò gran parte degli Stati Uniti; il tifone Hinnamnor, nell’agosto 2022, che colpì Giappone, Corea del Sud e altre aree dell’Asia orientale. Da un confronto con eventi simili del passato, è emerso un chiaro segnale di intensificazione con il passare degli anni, con una produzione di venti sempre più forti e di livelli di turbolenza in crescita...

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Nella foto. Risultati relativi ad alcune metriche per la tempesta Eunice. In particolare, il pannello “d” mostra una misura dell'intensità della turbolenza nelle fasi di decollo/atterraggio, il colore arancione corrisponde a turbolenza almeno moderata. Il pannello “h” mostra invece le variazioni di questa misura dell'intensità della turbolenza nelle fasi di decollo/atterraggio nel periodo recente (1989-2023) rispetto al periodo passato (1950-1984), il colore rosso rappresenta variazioni in aumento, quindi più turbolenza. (credit: ingv.it)

Einstein Telescope, adesso si può fare anche in Sardegna08.11.25 – Via libera alla possibile costruzione dell'Einstein T...
08/11/2025

Einstein Telescope, adesso si può fare anche in Sardegna

08.11.25 – Via libera alla possibile costruzione dell'Einstein Telescope in Sardegna, per entrambe le due configurazioni alternative, a “elle” (L) e a triangolo. Il semaforo verde è arrivato ieri 7 novembre a Cagliari dai partecipanti alla Conferenza di servizi preliminare sullo studio propedeutico allo sviluppo del progetto di fattibilità tecnica, economica e ambientale del futuro osservatorio di onde gravitazionali.

La conferenza, promossa dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e indetta dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, rappresenta un passaggio fondamentale del percorso autorizzativo e di collaborazione tra le amministrazioni statali, regionali e locali e i diversi enti coinvolti nel progetto, che sono stati chiamati a esprimere le proprie osservazioni e raccomandazioni sullo studio di pre-fattibilità per Einstein Telescope (ET).

Lo studio è stato realizzato da una cordata di aziende italiane (con un’importante componente di aziende sarde), che operano a livello internazionale, guidate da Rocksoil spa, nell’ambito del progetto PNRR ETIC - finalizzato a sostenere la candidatura italiana a ospitare Einstein Telescope nell’area di Sos Enattos, nel Nuorese - e costituisce l’elemento principale della proposta italiana, con un livello di dettaglio adeguato a sostenere la candidatura a livello europeo...

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Nella foto. Lo schema di sviluppo dell'Einstein Telescope in Sardegna (credit: infn.it)

Adesso si può tracciare senza errori le sorgenti dei PFAS, gli “inquinanti eterni”16.10.25 - Sviluppato il primo metodo ...
16/10/2025

Adesso si può tracciare senza errori le sorgenti dei PFAS, gli “inquinanti eterni”

16.10.25 - Sviluppato il primo metodo analitico per l’analisi isotopica dei principali PFAS presenti nell’ambiente. La ricerca è stata condotta al Dipartimento di Scienze della Terra dell'università Sapienza di Roma. I risultati sono stati pubblicati nella rivista Science of The Total Environment.

I PFAS sono sostanze chimiche create dall’uomo, presenti in molti prodotti grazie alla loro resistenza al calore e all’acqua. Si trovano tra l'altro come composti nelle pentole antiaderenti, negli indumenti impermeabili, nelle schiume antincendio oppure negli imballaggi alimentari o nei cosmetici. Esse non si degradano nell’ambiente e si accumulano negli organismi viventi, compreso l’uomo con effetti cancerogeni. Per la loro persistenza vengono anche chiamati “inquinanti eterni”.

In questo contesto critico si è sviluppato lo studio di Eduardo Di Marcantonio, dottorando al Dipartimento di Scienze della Terra, sotto la supervisione dei professori Luigi Dallai e Massimo Marchesi. Ricerca che ha portato allo sviluppo del primo metodo analitico per l’analisi isotopica dei principali PFAS presenti nell’ambiente.

Le analisi isotopiche rispetto a quelle chimiche non si limitano a rivelare la presenza e la quantità di un composto, ma restituiscono un valore che per lo stesso composto può essere diverso in base al processo chimico, fisico o biologico che lo ha originato. Questo tipo di analisi permette quindi, in condizioni di inquinamento diffuso, di differenziare le diverse sorgenti nonché la dispersione nell’ambiente...

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Nella foto. La aree inquinate da PFAS in Veneto

Una nuova teoria per comprendere le origini dell'Universo22.07.25 - Proposto un nuovo modello teorico sull’origine del n...
22/07/2025

Una nuova teoria per comprendere le origini dell'Universo

22.07.25 - Proposto un nuovo modello teorico sull’origine del nostro Universo. Introduce un cambiamento radicale sulla comprensione dei primissimi istanti di vita dell’Universo, senza fare affidamento su alcuni elementi speculativi tradizionalmente ipotizzati nella teoria standard dell’Inflazione.
Il nuovo modello è frutto del lavoro di un gruppo di scienziati tra cui Daniele Bertacca e Sabino Matarrese del Dipartimento di Fisica e Astronomia G. Galilei dell’Università di Padova, in collaborazione con i colleghi Raúl Jiménez dell’Università di Barcellona e Angelo Ricciardone dell’Università di Pisa. La ricerca, dal titolo “Inflation without an inflaton”, è stata pubblicata in Physical Review Research Letters. La nuova visione teorica, pertanto, introduce un cambiamento radicale sulla comprensione dei primissimi istanti di vita dell’Universo, senza fare affidamento su alcuni elementi speculativi tradizionalmente ipotizzati nella teoria standard dell’Inflazione.

Per decenni i cosmologi hanno lavorato adottando il paradigma dell’Inflazione, un modello che suggerisce come l’Universo si sia espanso in modo incredibilmente rapido preparando il terreno per tutto ciò che osserviamo oggi.

Il paradigma inflazionario è in grado di spiegare perché il nostro universo sia così omogeneo e isotropo ( la proprietà dell'indipendenza dalla direzione da parte di una grandezza definita nello spazio) e, allo stesso tempo, perché contenga strutture disomogenee, come galassie e ammassi di galassie...

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Nella foto. Galassie adolescenti nell'Universo distante (credit: eso.org)

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