02/04/2025
Fermo restando la condivisione dell'idea che occorra prevenzione e dunque cultura della relazione, e fermo restando che le istituzioni hanno abbondanti colpe quando le donne denunciano ( perché invitano a denunciare, ma poi quando denunciano le rivittimizzano), non credo che le istituzioni possano essere considerate le uniche responsabili di una efficace prevenzione.
Se è vero che la prevenzione passa per programmi di educazione affettiva nelle scuole e una sensibilizzazione sociale importante, è ancora più vero che se la cultura della relazione sana non entra nelle famiglie, siamo punto e a capo.
Come si fa adesso più o meno: si grida sensibilità e attenzione, ma poi quando una madre denuncia violenza, si dice ai bambini che è solo alta conflittualità. La schizofrenia più pura.
E dunque, di chi è la responsabilità di fare cultura DENTRO le famiglie?
Delle famiglie stesse in primis.
Se una donna è vittima di violenza ma vive in una famiglia ignorante dove se si separa, accusano lei che ha un brutto carattere, possiamo anche stare a piangere tante donne morte e altre morte in vita a causa della sottrazione dei figli, ma saremo sempre un popolo di ignoranti ipocriti.
La prevenzione passa per il principio di realtà: ammettere che le famiglie sono ignoranti in tema di relazione, che ancora troppo poche sono le persone che lavorano su se stesse e che si formano e informano per crescere, che la massa ( molto spesso anche tribunalizia e istituzionale) è costituita da gente che su stessa non lavora e che di conseguenza chi è evolutivamente avanti viene considerato fuori luogo.
Così le donne non vengono credute e i balordi vengono idolatrati e giustificati, per poi arrivare a utilizzare posizioni prelibate di squisita imbecillità:
a. eh però non aveva denunciato
b. eh però è andata all'ultimo appuntamento
c. eh però è troppo emotiva
d. eh però è alienante
e. eh però è ostativa
f. eh però è conflittuale
puntini puntini puntini....e tanti saluti alla coerenza.
"Lo aveva sottovalutato", "Nonostante due anni di molestie, non lo aveva denunciato".
Cosa rimbalza sui giornali il giorno dopo il femminicidio di Sara Campanella.
Puntuale, la vittimizzazione secondaria, dove la responsabilità viene spostata dal femminicida alla vittima, colpevole di non aver denunciato, di non aver colto i segnali, di non aver vagliato la gravità.
La vita di noi donne è un campo minato in cui dobbiamo imparare, sin da bambine, a schivare colpi, a destreggiarci tra una molestie e l'altra, tra un uomo che "non accetta un rifiuto" e un altro che non "accetta la separazione". A noi donne l'arduo compito di vigilare sui nostri comportamenti e su quelli degli uomini, di essere responsabili delle nostre azioni e di quelle degli uomini.
Di lui rimane un uomo deluso e innamorato che ha agito per ragioni sentimentali, un uomo che credeva che l'amore di Sara fosse un suo diritto. Praticamente quello che ripetono gli incel in ogni luogo virtuale: nessuno pensa ai problemi maschili, ai diritti sessuali degli uomini, alla violenza sugli uomini tipo essere friendzonati o rifiutati, mentre noi ogni giorno, come delle sopravvissute, ci riteniamo fortunate di essere tornate a casa sane e salve, di non aver subito molestie, commenti o palpate sui mezzi o per strada, che nessuno ex ci abbia stalkerate, che nessun uomo ci abbia inseguite o abbia diffuso le nostre immagini private come figurine da scambiarsi.
È difficile prevenire questo tipo di delitti ha sostenuto il Procuratore: insomma, ci sarà sempre un numero di donne destinate a morire per mano di uomo, come se fosse un destino ineluttabile, un destino che rimarrà tale fino a quando si considereranno eventi isolati su cui invocare pene di morte e castrazioni e non violenze figlie di una cultura misogina millenaria che andrebbe decostruita con un altro tipo di educazione, saranno inevitabili fino a quando un Governo che vede in media, ogni anno, 120 donne morire per mano di un uomo ritiene più necessario fare la guerra agli asterischi, alla moralità delle insegnanti su OF o tagliare i fondi per lo screening sul tumore al seno.