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Nella prima parte di questo articolo, che vi invito a leggere prima di cimentarvi nella lettura di questa seconda parte,...
14/03/2023

Nella prima parte di questo articolo, che vi invito a leggere prima di cimentarvi nella lettura di questa seconda parte, abbiamo impostato il discorso riguardo le differenze fondamentali tra Scienza e Scientismo. Completeremo qui il quadro della situazione continuando con degli esempi, che sono sempre uno strumento potentissimo ai fini della comprensione.
Ad esempio, nel paradigma nutrizionale corrente, l'eccesso di carne rossa fa male, per cui quando ci arrivano gli studi epidemiologici che associano le aree o anche singoli quartieri nelle città in cui si vende più carne a una maggior durata della vita, ce lo spieghiamo sempre dicendo, beh per forza, la carne costa di più, per cui i quartieri in cui se ne vende di più sono quelli più ricchi e la gente che se la passa meglio. Vive in media di più per tante altre ragioni, quindi. Personalmente, condivido questa spiegazione, basata sui cosiddetti "fattori confondenti", ma qualche sostenitore di diete paleolitiche o simili, ad esempio, interpreterebbe gli stessi dati coerentemente col suo paradigma e li userebbe per dire che dove si mangia più carne si vive di più. È così che funziona la nostra mente, per cui è così che funzionano anche gli scienziati. Leggono i dati, in conformità al paradigma in cui sono immersi. Per esempio, se io vedo un pasticcio di linee su un monitor collegato ad un acceleratore di particelle e dico che è stato il passaggio di una tale particella subatomica a generare quelle linee, in realtà non ho visto nessuna particella subatomica, ho solo visto delle linee su un monitor. Ma c'è di più. Anche se per caso gli scienziati incontrano osservazioni che sembrano mettere in dubbio qualcosa di generalmente accettato dalla comunità scientifica contemporanea (il "pasticcio di linee" oggi non è venuto esattamente come le formule della teoria standard della materia avevano previsto), continuano ad accettare la validità dell'ipotesi condivisa, cercando magari qualche piccola correzione alla teoria per tentare di salvarla e renderla compatibile con i nuovi fatti osservati. A volte ciò accade con testarda ostinazione, finché talmente tante sono le osservazioni che creano problemi e le anomalie che non sono coerenti con il paradigma accettato, che scricchiola, scricchiola, finché i rattoppi non sono più credibili e quindi non lo si può più accettare. A questo punto si genera una crisi, finché nasce una nuova teoria che riesce a spiegare tutte le osservazioni. O meglio, quasi sempre la teoria alternativa circolava già da molto tempo, ma veniva sempre irrisa o tacciata di ciarlataneria. Ora però ci si rende conto che accettando quella, tutti i tasselli del puzzle vanno a posto, tutte le anomalie si possono perfettamente spiegare in modo coerente, e allora avviene una rivoluzione scientifica che cambia il paradigma. Dunque, il procedere della Scienza non è sempre graduale, a volte ha proprio bisogno di fare dei balzi che coincidono con queste "rivoluzioni scientifiche". A volte sono piccoli balzi. Tornando a noi, la giovane Scienza della Nutrizione Umana ha dovuto cambiare idea già parecchie volte su alcune cose. Altre volte invece sono balzi enormi: dallo spazio/tempo assoluti di Newton a quelli relativi di Einstein, dal geocentrismo all'eliocentrismo o dalla teoria degli umori a quella dei germi in patologia medica. Ovviamente, in entrambi i casi, il cambio di paradigma non è da un giorno all'altro. In genere gli scienziati più anziani, quelli più affermati, continueranno ad aggrapparsi testardamente al vecchio paradigma, quello nel quale sono cresciuti, hanno studiato e sul quale hanno costruito tutta la loro carriera, per cui tendono a difenderla ad ogni costo, mentre i giovani sono più aperti al nuovo. Poi i vecchi escono di scena, i giovani diventano vecchi e indottrinano le nuove generazioni nel nuovo paradigma, che diventa quello normale nei corsi universitari, nei libri, etc. Come diceva Max Planck, Premio Nobel per la fisica, in una sua famosissima battuta, un nuovo paradigma scientifico non trionfa perché convince i suoi oppositori, ma perché i suoi oppositori alla fine muoiono e quindi la Scienza - diceva sempre lui proseguendo con la sua battuta - più che andare avanti una scoperta alla volta, va avanti un funerale alla volta. Ovviamente si tratta di una provocazione e sarebbe riduttivo farne solo una questione di età. Anzi se devo parlare per mia esperienza professionale, salvo un paio di eccezioni, le persone più aperte, flessibili e illuminate che ho incontrato in ambito accademico sono proprio i proverbiali "vecchi mammut" e, viceversa, alcune tra le menti più stantìe le ho trovate nello stuolo dei loro giovani ricercatori, il che, se possibile, è ancora più angosciante. Vedere dei neolaureati che invece di portare aria fresca, idee nuove, sembrano nascere già completamente indottrinati e irregimentati nel Sistema, accettando passivamente come indubitabile tutto ciò che viene loro inculcato e poi difendendolo con intransigente fervore, accanendosi in modo quasi isterico contro chiunque si permette di dissentire. Ma non è necessariamente la pigrizia mentale che determina questo, quanto piuttosto il fatto che nel clima asfittico che si è venuto a creare oggi nel mondo accademico, indottrinarsi in fretta è il modo più facile che questi poveri ragazzi hanno per prosperare, per fare carriera, per pubblicare, per assicurarsi i finanziamenti, etc. Insomma, il "THINK DIFFERENT”, è sempre più raro perché sempre meno redditizio e presuppone coraggio. Dote sempre più rara, come abbiamo visto soprattutto in questi ultimi 3 anni. Oggi, infatti, la situazione è molto peggiorata rispetto al passato. Intendiamoci, la chiusura mentale c'è sempre stata, ma se andiamo a leggere i libri e gli articoli di un secolo fa, scopriamo che una volta gli accademici dibattevano molto di più. Certo, in una cerchia molto più ristretta, ma in modo più aperto al confronto e alle posizioni diverse. Poi a un certo punto il metodo è cambiato. Oggi, il metodo è che dalle questioni su cui c'è un dibattito scientifico, ne esce una versione che viene "preferita", generalmente per motivi triviali, di interesse economico di qualcuno, e quindi viene spinta all'inverosimile. Da un giorno all'altro assurge a dogma, diventando sacra e intoccabile. Tutte le voci contrarie vengono improvvisamente, non solo derise e contestate, ma proprio silenziate. Nessuna pubblicazione viene accettata, spariscono dai giornali, dalla TV e rimangono nel chiuso dei circoli di nicchia di qualche libro sistematicamente etichettato come complottista e ignorato dai più per cui si crea l'illusione che quello sia ormai il consenso della comunità scientifica. Dalla generazione successiva, quella versione si impara sui libri di testo come verità assoluta, assodata, intoccabile, e quindi la maggior parte degli stessi laureati in quella materia non sa neanche più che in realtà su quella questione c'era un acceso dibattito con molti esperti che avevano avuto posizioni del tutto contrarie. Informazioni che, magari, avrebbero potuto accendere in loro almeno un campanello di dubbio. Si "bevono", per così dire, la versione ufficiale in perfetta buona fede. Questa è una storia che si ripete, la troviamo in tutti i campi più disparati, dall'archeologia, alla geologia, alla medicina, passando - ovviamente - per la Nutrizione Umana. A rendere ancora peggiore questa deriva se ne associa un'altra, e cioè che il passaggio dal dibattito allo scontro è ormai più la regola che l'eccezione. Quindi all'elemento di chiusura si aggiunge sempre più quello della disputa, del conflitto. Non si sopporta più la diversità di opinioni, si passa subito all'attacco, allo scontro diretto, quasi al fastidio, all'odio viscerale per chi si permette di esprimere un dissenso. Che è un atteggiamento non solo maleducato e poco costruttivo, ma soprattutto estremamente stupido, considerando tutto quello che abbiamo detto sul fatto che tutto il sapere scientifico è per definizione "tentativo", e quindi potrebbe in futuro rivelarsi sbagliato. Quindi la mia esortazione è quella di tenere sempre aperta la mente a tutte le possibilità. Non affezioniamoci troppo. Non aggrappiamoci unghie e denti alle singole idee. Le idee non sono "avere", come direbbe Erich Fromm, qualcosa da difendere come se fosse nostro, come se stessimo difendendo un membro della nostra famiglia. Per questo il confronto delle idee non va mai vissuto come uno scontro, un duello o peggio un attacco personale. Essere in disaccordo in modo pacifico, sereno e costruttivo è perfettamente normale ed è bellissimo. Perché cadere in deliri isterici non appena qualcuno dice qualcosa con cui siamo in disaccordo? Oggigiorno, ormai in ogni campo, si passa subito dal dibattito allo scontro tra tifoserie e, a quel punto, non ci interessa neanche più essere oggettivi, ci interessa solo aver ragione. Non siamo più aperti a riesaminare criticamente le nostre idee, magari alla luce di nuovi dati o nuove conoscenze, ma solo ad imporle a tutti gli altri. Arriviamo al punto che preferiamo occultare i fatti pur di non infastidire le opinioni. Non caschiamoci. Teniamoci tutte le nostre idee e le nostre convenzioni, però teniamo sempre uno spiraglio aperto anche per tutte le altre, magari piccolissimo. Diamogli una bassissima probabilità ma lasciamolo. A tutto, ma proprio a tutto. Anche che la Terra sia piatta, chi se ne frega, gli diamo 0,00000-tutti-gli-zeri-che-vogliamo-1%, ma lasciamo aperto anche quello spiraglio, perché ci servirà come esercizio mentale all'approccio giusto, quello veramente scientifico, quello che ci permette poi di essere migliori scienziati in tutti gli altri ambiti. Cioè il principio che è giusto avere le nostre idee e difenderle anche con ogni vigore e determinazione, è giusto prendere convintamente le nostre decisioni sulla base di quello che riteniamo al momento essere la scienza migliore, ma sempre tenendo aperto uno spiraglio che queste idee potrebbero dover essere riviste o abbandonate o completamente capovolte, e non ci sarebbe assolutamente nulla di ignominioso, perché è così che funziona la Scienza. L'unica ignominia è nel momento in cui diciamo, "basta, la Scienza è questa e scemi tutti gli altri". Ecco, in quell'esatto momento la vera Scienza muore. E anche se all'inizio questo approccio può sembrare destabilizzante (così non si potrà mai essere certi di nulla!), ebbene sì, vi do questa notizia, è proprio così. E quanto prima ce ne facciamo una ragione quanto prima ci abituiamo al fatto che non si può essere mai certi al 100% di assolutamente nulla, ma proprio nulla, tanto prima si potrà procedere più speditamente col progresso della conoscenza umana. Questa è la Scienza, per cui l'approccio giusto è tenere qualunque nozione scientifica come ipotesi di lavoro sulla quale effettivamente poi si deve agire, fare, lavorare ma riconoscendo che non si tratta mai di una certezza. Se impariamo a ragionare così il giorno che dovessimo cambiarla non avremo nessuna difficoltà a farlo, perché non ci saranno mai certezze che crollano ma semplicemente ipotesi di lavoro che cambiano.
A questo punto vorrei però ti**re le somme di tutto questo lungo discorso che abbiamo sviluppato nel corso di queste 2 puntate e fare alcune puntualizzazioni per evitare ogni possibile fraintendimento. Innanzitutto, il fatto di ammettere che il sapere scientifico corrente potrebbe essere sbagliato non significa in alcun modo che dobbiamo ignorarlo. Il fatto che la conoscenza scientifica sia per definizione "tentativa", e quindi mai definitiva - che anzi potrebbe addirittura essere rivoluzionata in futuro, con un completo cambio di paradigma - non significa che dobbiamo stare lì a ciondolare, non fare mai nulla perché tanto è inutile fare qualunque cosa perché non sapremo mai nulla con certezza. Semplicemente, deve essere chiaro che qualunque cosa facciamo, diciamo, pensiamo, decidiamo, pensiamo di sapere, potrebbe in futuro rivelarsi errata. Questo significa allora che tutto vale uguale ? Ma nemmeno per sogno! Lasciare uno spiraglio aperto a tutto, non significa che tutto quello che si dice ha lo stesso valore. No, assolutamente no. Dire che tutti devono poter parlare non significa in alcun modo che tutto vale uguale e mi sorprenderebbe che qualcuno che abbia due neuroni in croce basicamente funzionanti, possa confondere le due cose. Ne passa di acqua sotto i ponti tra il dire che il sapere del medico e quello dello sciamano valgono uguale e nel dire che siccome il sapere dello sciamano non è scientifico allora è automaticamente falso o non valido e quindi deve essere deriso e messo a tacere. Sono due estremi entrambi irragionevoli; da un lato quello dell'approccio post-moderno di chi dice che non c'è il giusto e lo sbagliato, tutto vale uguale, ciascuno si sceglie la sua verità e delegittima tutte le altre cose, che ovviamente nelle materie scientifiche è una deriva altrettanto pericolosa; e, all'estremo opposto, l'approccio scientista che dice, questa è la verità, fine della storia e zitti tutti gli altri! Ad esempio, quando parliamo di diete "strane", gruppo sanguigno, dieta a zona, keto, paleo, etc. mi avete sentito più volte argomentare contro il loro impianto teorico e le loro argomentazioni quando non mi paiono stare in piedi. Ma riconoscendo che comunque costituiscono quasi sempre un miglioramento rispetto alla dieta media seguita da chi proprio se ne infischia di alimentazione e nutrizione, per cui non auspicherai certo che venissero censurati o bruciati i libri o vietato per legge di seguirle. Riuscite a coglierla la differenza enorme tra imporre, vietare/obbligare, bandire, censurare e dire invece, guarda, la Scienza oggi è questa (posto che non ci sarà mai nulla di sicuro al 100%), sulla base delle migliori evidenze ad oggi disponibili ... la maggior parte della Comunità scientifica oggi è concorde nel trarre queste conclusioni ? Dopodiché se si preferisce dare retta alla Verità Mistica Rivelata in sogno allo stregone Tizio-Caio, liberi di farlo. E anche se penso che ti sbagli, ti rispetto lo stesso, di sicuro non ti insulto o ti tratto da deficiente. Magari tra vent'anni si scoprirà pure che avevi ragione tu e invece sbagliavo qualcosa io. Il che però - ripeto - non equivale in alcun modo a dire che allora tutto vale uguale e le linee guida della comunità scientifica hanno lo stesso valore del sogno mistico fatto dallo stregone di cui sopra. Proprio per questo, il fatto che la conoscenza scientifica sia sempre “tentativa”, non vuol dire neppure che non si deve mai decidere niente. Ci mancherebbe altro, arriva sempre un certo punto dove una decisione va presa e per essere operativi nel concreto ci baseremo ovviamente sullo stato attuale delle migliori conoscenze. Deve essere chiaro che la decisione qualunque essa sia non è mai dettata direttamente in modo univoco dai dati e quindi dalla Scienza ma è sempre una decisione nostra. Basandoci sugli stessi dati possiamo prendere 100 decisioni diverse. Quindi l'errore non è prendere decisioni, ma far credere che la decisione che prendiamo sia l'unica possibile. Sulla base dei dati, la Scienza mi dice che nell'acqua ci sono 4 microgrammi di Cadmio, non mi dice se è potabile o no, quella è una decisione che prendiamo noi e facciamo benissimo a prenderla per stabilire le soglie di legge in modo che tutti, anche chi non ne sa della materia, abbiano un riferimento per orientarsi. Per cui diciamo - ad es. fino a 5 va bene, ma se poi c'è un tossicologo che dice, no, io l'acqua ritengo che sia da non bere già con 2 microgrammi non si può accusarlo di essere contro la Scienza, ha semplicemente fatto una valutazione diversa sulla base dei dati. Come abbiamo osservato in precedenza non esistono decisioni puramente tecniche o scientifiche. Le decisioni sono sempre umanissime e soggettive, magari politiche. Per cui nessuno dice che la politica non deve prendere le decisioni, anzi, è il suo dovere, ma deve assumersene la responsabilità e non scaricarla sulla Scienza. Come se fosse possibile prendere decisioni scientifiche che invece non esistono. Ed è più che legittimo affidarsi a queste decisioni, per ca**tà, soprattutto nelle materie in cui non abbiamo tempo, voglia, interesse, capacità o conoscenze per metterci ad esaminare i dati. Abbiamo legittimamente il diritto di rivolgerci a qualcuno per dire, dimmi direttamente tu cosa ne hai concluso e io mi fido. Dimmi cosa fare e io lo faccio. Ma è un'altra cosa, è fiducia nelle istituzioni e non fiducia nella Scienza. Se io ho motivo per non riporre fiducia nelle istituzioni, non mi fiderò. E questo nulla c'entra con la mia scientificità. Da ultimo, anche e soprattutto dopo che una decisione è stata presa, a maggior ragione devono poter circolare liberamente le idee e le voci critiche e contrarie. Non dire, no, tanto ormai abbiamo deciso quindi tanto vale zittire tutti gli altri per non creare sfiducia e confusione. La libera circolazione delle idee è sempre preferibile alla loro inibizione, poi ciascuno farà le sue valutazioni. Sarà evidente a tutti che se uno sostiene la sua posizione senza mai argomentare, senza rispondere alle critiche, senza mai fornire né prove né fonti, beh sarà molto debole la forza delle sue posizioni e non andrà molto lontano. Se invece riesce a convincere milioni di persone è evidente che i suoi argomenti li ha, magari non ci piacciono e anzi ci danno immensamente fastidio, non sono legittimi ai nostri occhi, ma li ha. Non facciamo un bel servizio alla nostra onestà intellettuale se liquidiamo in due secondi, con una scrollata di spalle, idee e argomentazioni di cui sono convinte milioni di persone, come se fossero tutte cavolate. Si sono tutte fatte manipolare, magari sbagliano. Beninteso, tutti possono sbagliare, noi come loro, ma non è questo il punto. Il punto è che chi dice cose perlomeno sensate, per cui degne di essere approfondite, con mente aperta, possiamo al limite decidere di ignorarle per legittima pigrizia intellettuale, ma non auspicare che spariscano e anzi venga persino impedito di esprimerle. Il mito tipico della nostra cultura mediterranea, per cui tutti gli altri sono creduloni che si bevono tutto - ovviamente tranne noi che invece siamo quelli "scafati" che la sanno sempre più lunga - è appunto un mito. La verità invece è che è difficilissimo convincere qualcuno di qualcosa o peggio far cambiare idea a qualcuno, tanto più sul Web, per quanto si possa essere bravi a comunicare o usare astuzie, trucchetti e manipolazioni. Se davvero qualcuno parla o scrive a vanvera senza basi credibili, credetemi, non lo prende sul serio nessuno per più di due minuti. Se uno si mette a dire che per curarsi dai brufoli bisogna buttarsi dal sesto piano, state tranquilli che la mattina dopo non ci sarà nessuna strada di gente spiaccicata sul marciapiede. Certo, voi mi potreste dire che se ci si mettono grandi interessi o gruppi di potere, tutti i giornali e le TV insieme con la loro potenza di fuoco è più difficile difendersi, perché lì passiamo al lavaggio del cervello, alla manipolazione sistematica del pensiero collettivo e quindi vi do perfettamente ragione. Ma questi semmai sono proprio coloro che hanno il potere, le risorse e i mezzi per essere quelli che la compiono la censura, non quelli che la subiscono. Per cui se noi ci opponiamo per principio alla censura li mettiamo semmai in difficoltà, perché quelli che la subiscono la censura sono i singoli, comunque i più piccoli e senza grandi interessi alle spalle. Quelli che di certo non hanno le risorse per grandiosi disegni manipolativi delle masse, scientificamente progettati a tavolino, ma che potrebbero invece essere quelli in grado di suonare i campanelli d'allarme per portarli alla luce se solo gli venisse consentito di farlo, invece che rimuovere sistematicamente i loro post bollandoli come pericolose FAKE NEWS. Tutti possono sbagliare, di deliri di massa è piena la storia dell'umanità. Il "Bias di conferma" può assumere dimensioni planetarie, ma proprio per questo l'antidoto migliore al rischio di allucinazioni collettive è lasciare che sia sempre possibile l'espressione, la circolazione delle voci contrarie. Quando tutti sono convinti di una cosa e solo una minuscola frazione della popolazione non è d'accordo, è proprio quella che dovrebbe essere ascoltata di più, invece di essere messa a tacere con l'approvazione della maggioranza infastidita. E non mi sfugge la frustrazione di cosa tutto questo implica. Il dibattito, il disaccordo, il rispetto delle posizioni diverse, la libertà di espressione, etc., fa tutto parte dell'esercizio democratico che purtroppo è sempre quello più sfibrante. La dittatura è più semplice e sicuramente più sbrigativa. In molti la preferiremmo se avessimo la certezza di essere perfettamente in accordo con tutte le idee dei dittatori. Poi magari se ci accorgiamo - non oggi ma domani - di non essere più d'accordo con le decisioni che verranno imposte senza che nessuno possa alzare il ditino per obiettare, ecco che allora ci renderemo conto che era molto meglio l'esercizio della democrazia, per quanto sfiancante, e che avremmo fatto meglio a difenderla con un po' più di passione quando eravamo ancora in tempo, anche a costo di qualche sacrificio. Per questo ci vuole l'infinita sopportazione che possano parlare tutti, fino all'ultimo dei cialtroni, ignoranti, insopportabile, bigotti e in malafede. E poi un infinita pazienza di rispondere a loro, punto per punto. Si, lo so che per dire una cavolata basta un minuto e che invece per smontarla ci vuole magari un'ora... ok, allora vorrà dire che ci toccherà usare bene quell'ora. Ma non sarebbe meglio impedire "a monte" che la cavolata sia detta ? No, no e poi ancora no. Perché questo implicherebbe che ci sia qualcuno che decide, a priori, che cosa è una cavolata e cosa no, che cosa si può dire e che cosa no. E chi lo decide ? A chi lo diamo questo enorme potere, questa discrezionalità di censura che poi diventa inevitabilmente arbitrio e infine prepotenza ? Agli scienziati ? Agli esperti ? Ai ministri ? Sono tutti esseri umani e quindi passibili, sia di sbagliare in buona fede sia di agire in malafede per interessi e tornaconti personali. Io penso che sia meglio non darlo a nessuno, anche a costo di doverci sobbarcare il lavoro paziente che questo comporta. Punire chi diffonde notizie false è da sempre la formula di rito con cui i peggiori regimi hanno giustificato bavagli, persecuzioni, arresti o esecuzioni nei confronti di chi li critica. E purtroppo questa è una frase che cominciamo a sentire evocare troppo spesso anche da noi. Perché nel momento in cui c'è qualcuno che decide quali sono le notizie vere e quelle false, qual è la Scienza giusta e quale invece l'Anti-Scienza, quali sono news lecite e quali invece le Fake News, chi ha torto e chi ha ragione, chi sono i buoni e chi sono i cattivi, stiamo scivolando esattamente in quella direzione. Secondo me quella di "Fake News" è un'etichetta che nell'ambito delle materie scientifiche sarebbe meglio non usare, proprio perché si rischia di confondere le b***e con le posizioni alternative che sono due cose ben diverse. Se mi invento uno studio che non esiste è una "Fake News", se metto un riferimento a un tale studio dicendo che ha trovato una cosa, quando invece ne ha trovata un'altra, è ancora una "Fake news". Se dico che le linee guida del Ministero della Salute dicono che i grassi saturi non fanno male è una "Fake news", perché non lo dicono. Ma se invece dico che ritengo sbagliato dire che i grassi saturi facciano male, allora quella non è affatto una "Fake News", è una posizione alternativa e assolutamente legittima, come è del tutto normale che sia nel discorso scientifico. Per cui non ha assolutamente alcun senso in questo caso parlare di “debunking”. Qui semplicemente ci si dovrebbe confrontare nel merito, poi la mia proposta per distinguere le posizioni di dipendenza da quelle alternative l'avevo già fatta, in passato. Cioè, anziché rimuovere i contenuti, semplicemente metterci un bel bollino con scritto, attenzione, la posizione contenuta in questo video/post/articolo è contraria a quella delle linee guida ufficiali del Ministero tal-dei-tali, etc. Benissimo, chiarito quello poi però ciascuno dice la sua senza essere censurato, cosa che invece purtroppo non solo vedo accadere con sempre maggiore frequenza e con in più l'ipocrisia di mantenere in effige libertà democratiche (che invece nella sostanza vengono sempre più erose) ma, peggio ancora, la vedo accadere nell'indifferenza generale. E spesso anche dietro una malcelata soddisfazione. Ecco, quando persino noi ci rallegriamo che un sito che non ci piace venga chiuso, una voce che ci infastidisce venga messa a tacere, che qualcuno che la pensa nella maniera opposta alla nostra, venga punito per le sue idee, deriso e trascinato nel fango da tutti i mass media con i pretesti più meschini, ebbene, a quel punto non abbiamo più il diritto di prendercela sempre con gli altri, i politici, i giornali, le TV, i poteri forti, etc. perché stiamo operando esattamente allo stesso modo. I soli con cui potremmo prendercela siamo noi stessi. Prendiamoci l'impegno di riservare un po' più di rispetto, di tolleranza e di ascolto sincero, sforzandoci di comprendere le ragioni e magari cercare dei punti di contatto anche nei confronti di chi esprime idee diverse dalle nostre, indipendentemente dal fatto che ci piacciano o meno o anche che le troviamo assurde o fastidiose o pericolose o sacrileghe o fantascientifiche o insopportabili.

Era da tempo che avevo in mente di scrivere un articolo su questo fondamentale ormone, chiamato in causa da decine e dec...
19/01/2023

Era da tempo che avevo in mente di scrivere un articolo su questo fondamentale ormone, chiamato in causa da decine e decine di diete popolari, se possibile oggi ancora più di ieri. Ed è un bene perché questo equilibrio ormonale è effettivamente uno degli equilibri chiave del nostro stile alimentare. Come sempre però quando si esagera e ci si "polarizza" troppo, si rischia poi di semplificare in maniera eccessiva e quindi di perdere il vero senso delle cose. Si finisce per dire cose a sproposito o peggio, si finisce per vedere un solo aspetto come se fosse la chiave di tutto e tutto il resto non importasse più. L'equilibrio insulinico è una delle cose da tenere ben presente nella scelta del nostro stile alimentare, ed è innegabilmente un fattore molto importante, ma come sempre non è l'unico problema, per cui poi se metto a posto quello, chi se ne frega di tutto il resto. Delle calorie, degli omega3, delle fibre, dei micronutrienti, del microbiota intestinale, eccetera eccetera. Perché come sempre, quando concentriamo tutta la nostra attenzione su un solo aspetto e poi ci dimentichiamo delle altre cose, dei tanti, diversi, equilibri che contribuiscono all'equilibrio complessivo della nostra dieta, beh allora non abbiamo capito nulla. Anche perché poi a furia di sentirlo ripetere, qualcuno si fa l'idea che l'insulina sia una cosa cattiva da evitare a tutti i costi di aver in giro. Invece è tutt'altro che così, per cui facciamo ora un po' di chiarezza. L'insulina è un ormone di importanza vitale, tant'è che chi non la produce, cioè i diabetici di tipo 1, la deve prendere dall'esterno in concomitanza dei pasti perché non riesce a utilizzare il glucosio assunto una volta scomposto dagli alimenti che lo contengono, essenzialmente i carboidrati. Per cui il diabetico si deve misurare la glicemia in base ai carboidrati che mangia e, sulla base di quello, calcolare quanta insulina deve prendere per gestire quel glucosio. Per cui quando si arriva al punto di sentire qualcuno che dice, niente frutta perché c'è zucchero, niente cereali perché sono al 70% zucchero e quindi insulina, beh allora forse è arrivato il momento di tornare un po' a scuola e ripassare le basi, perché significa aver perso la prospettiva delle cose. Oggi facciamo proprio questo, torniamo a scuola, ci armiamo di un po' di pazienza e vediamo insieme cos'è e cosa fa l'insulina, per cui se siete di quelli che amate i tweet lasciate pure perdere fin da subito, perché per studiare le cose in modo serio ci vuole un po' di tempo. Iniziamo.
Come presumo già saprete, il nostro corpo è un patito dell'omeostasi, di mantenere cioè l'equilibrio delle cose. Fa di tutto per mantenere entro range molto stretti tutta una serie di parametri, come l'acidità del sangue, la pressione, la temperatura, la concentrazione dei vari sali minerali, sodio e potassio su tutti, etc. Ebbene, uno dei parametri che devono essere mantenuti assolutamente stabili e costanti nel tempo è la concentrazione di glucosio nel sangue, che poi chiamiamo glicemia. Il problema è che la nostra concentrazione di glucosio non è costante. Quando noi mangiamo ne arriva un sacco e poi tra un pasto e l'altro non arriva nulla. Quindi il nostro organismo ha dovuto escogitare un sistema molto complesso e molto raffinato per risolvere questa situazione, servendosi di tutta una serie di ormoni ma in particolare di due, entrambi rilasciati dal pancreas, il glucagone ed appunto l'insulina. L'insulina abbassa la glicemia quando è troppo alta, il glucagone la alza quando è troppo bassa. Semplice. Immaginiamo di essere a digiuno da qualche ora, la nostra glicemia comincia a scendere, al pancreas viene chiesto di secernere glucagone, questo arriva al fegato e gli fa mobilitare un po' delle sue riserve di glicogeno per farne glucosio da rilasciare nel sangue. E se necessario induce anche il fegato a sintetizzare il nuovo glucosio (gluco-neo-genesi) a partire dagli aminoacidi (dei 20 totali però, solo da quelli "glucogenici"), nel gergo comune si parla di "smontare i muscoli". In questo modo la concentrazione di glucosio nel sangue sale, mantenendo la glicemia stabile fino al prossimo pasto. Immaginiamo ora di mangiare qualcosa, assorbiamo gli zuccheri dagli alimenti e il glucosio nel sangue comincia a salire repentinamente perché il glucosio una volta assorbito entra direttamente nel circolo sanguigno. La risposta del nostro organismo a questo picco glicemico è di chiedere al pancreas di rilasciare insulina che spinge questo glucosio dentro le cellule (il meccanismo è illustrato sinteticamente nell'immagine) e così facendo libera il sangue da tutto questo glucosio che è pericolosissimo (se rimane in eccesso potremo andare in "coma diabetico"). Una volta dentro le cellule, il glucosio potrà essere utilizzato per produrre energia o per ricostituire le riserve di glicogeno e se ne avanza ancora verrà convertito in lipidi di riserva. Quindi, possiamo pensare all'insulina con una specie di chiave che apre le porte delle nostre membrane cellulari in modo che possa entrare il glucosio. Se non ci fosse l'insulina, il glucosio che assorbiamo dal cibo, rimarrebbe nel circolo sanguigno e il nostro corpo non potrebbe usare questi zuccheri per produrre energia. In quanto, per estrarre energia dal glucosio questo deve prima entrare nelle nostre cellule. Ma oltre al danno ci sarebbe anche la beffa, perché mentre le nostre cellule sono affamate di glucosio e faticano ad ottenerlo. Senza insulina il glucosio che rimane nel circolo sanguigno fa danni, come dicevo sopra. Attiva l'NF-kB (un fattore di trascrizione nucleare presente in tutte le cellule che produce citochine proinfiammatorie) e quindi induce stress ossidativo e infiammazione danneggiando l'endotelio delle nostre arterie. Ovviamente quanto più alto e repentino sarà il picco glicemico tanto più insulina verrà rilasciata dal pancreas per far fronte all'emergenza. Quindi, ricordiamoci che la funzione primaria dell'insulina è una funzione di importanza vitale, cioè quella di fare entrare il glucosio dal circolo sanguigno all'interno delle nostre cellule e questa ha una duplice funzione: 1) consente al nostro organismo di utilizzare il glucosio e scopo energetico; 2) lo toglie di mezzo dal torrente circolatorio dove causerebbe danni, e fin qui tutto bene, i problemi arrivano perché oltre a questo suo ruolo principale l'insulina fa anche tutta una serie di altre cose. Quelli che chiamiamo gli effetti secondari dell'insulina. In primo luogo l'insulina è un ormone anabolizzante (cioè di costruzione). Siccome viene rilasciata subito dopo i pasti, cioè un momento di momentanea abbondanza per il nostro corpo, è "stata pensata" anche per attivare le vie metaboliche che ci consentono di accumulare tutta l'energia in eccesso che arriva dai pasti, con funzione di riserva in modo da poterla utilizzare dopo quando ci servirà. Un po' come quando noi mettiamo il cibo nella dispensa o in frigorifero, dopo che abbiamo fatto la spesa. Non è che mangiamo tutto subito, ma lo incameriamo con funzione di riserva in modo a utilizzarlo in seguito. E così il nostro corpo sotto la spinta dell'insulina trasforma il glucosio in glicogeno da mettere via nel nostro fegato e nei nostri muscoli. Tutto quello che avanza viene convertito in lipidi di riserva ed è accumulato nel tessuto adiposo. Inoltre durante questa attività di stoccaggio delle riserve, l'insulina inibisce tutte le vie metaboliche che bruciano carboidrati e lipidi. E anche questo ha senso...non è che noi ci mettiamo a mangiare il prosciutto mentre mettiamo la spesa in frigorifero (o almeno non si dovremmo farlo)! E così nel nostro organismo, mentre sono attive le vie anaboliche, sono inibite quelle cataboliche. Ma il risultato complessivo è che, finché c'è in giro insulina, non solo stiamo accumulando riserve, ma non possiamo neanche utilizzarle in modo efficiente. L'incubo delle persone che vogliono dimagrire. Proprio per assicurarsi che non sia necessario utilizzare troppa energia durante questa sua attività i picchi d'insulina ci fanno anche andare in una sorta di standby, di modalità "risparmio energetico". C'è un rallentamento dell'attività metabolica che si traduce in sonnolenza e difficoltà a concentrarsi. Pensiamo al tipico "abbiocco" dopo un pranzo ricco di carboidrati, ecco, proprio quello lì. Dal punto di vista evolutivo tutti questi meccanismi di stoccaggio e risparmio energetico hanno perfettamente senso e sono anzi salvavita in una situazione in cui il cibo è scarso come è stato per la quasi totalità della storia dell'umanità. Ma l'evoluzione ha i suoi tempi e il nostro organismo, ancora super equipaggiato per far fronte alle situazioni di scarsità di cibo, oggi purtroppo rimane completamente spiazzato da quella che è la nuova realtà delle cose, almeno nei paesi sviluppati. Oggi il problema dei nostri paesi post industrializzati si è ribaltato, c'è un problema di abbondanza, e da questo punto di vista siamo evolutivamente molto più indifesi. I nostri geni pensano ancora che ogni volta che c'è cibo a disposizione sia meglio metterlo da parte, perché non si sa mai, nell'evenienza che domani la nostra "battuta di caccia" vada male. Invece la nostra "battuta di caccia al supermercato" va sempre a buon fine e quando il cibo è in eccesso l'insulina rischia di diventare uno dei nostri peggiori nemici. Ma non è finita qui, l'insulina promuove la sintesi di colesterolo nel nostro fegato. Tante volte nei miei articoli avrete letto che il colesterolo contenuto negli alimenti non è poi così importante nel determinare la nostra colesterolemia, cioè i livelli di colesterolo nel sangue, perché la maggior parte di quel colesterolo è colesterolo endogeno, cioè che fabbrichiamo noi stessi nel nostro fegato. Ed è in effetti così. Questo però non significa che la dieta sia irrilevante, perché uno dei più formidabili attivatori della sintesi endogena di colesterolo è appunto l'insulina, la quale attiva l'enzima chiave di questa via metabolica. Per cui se noi con la dieta abbiamo molti picchi glicemici, quindi molto rilascio di insulina, ci ritroveremo anche con più alti livelli di colesterolo nel sangue, peraltro con un rapporto più sfavorevole tra colesterolo LDL e HDL. Poi l'insulina ha un effetto ipertensivo e causa ritenzione idrica perché promuove il riassorbimento di sodio nei reni. Il sodio trattiene acqua, quindi aumenta il volume del plasma e quindi la pressione del sangue. Allo stesso tempo l'insulina promuove la via metabolica che porta alla produzione di trombossani, composti chimici biologicamente attivi di natura lipidica, derivati dell'acido arachidonico, che sono vasocostrittori (l'esatto contrario dell'ossido nitrico che invece è un vasodilatatore). Va da se, per un banale principio dell'idraulica, che se i nostri vasi sanguigni si restringono, la pressione del sangue aumenta ancora ulteriormente. Ma l'insulina porta anche alla produzione di altre molecole, gli eicosanoidi, che hanno effetto proinfiammatorio quando sono in eccesso. Poi ancora, essendo un ormone anabolizzante l'insulina promuove la crescita del muscolo liscio sulla parete delle nostre arterie rendendole più spesse e meno elastiche e anche questo contribuisce ad aumentare la pressione del sangue, oltre a contribuire al processo di aterosclerosi. Quindi tra l'effetto sulla colesterolemia, sulla pressione del sangue e sull'infiammazione, un eccesso di insulina è un fattore di rischio importante per la salute cardiovascolare. La tempesta perfetta. C'è poi, come se non bastasse, un altro effetto a breve termine sui picchi di insulina che è il cosiddetto effetto di rebound, la "Reactive hypoglycemia" o ipoglicemia reattiva. Cioè se voi mangiate un pasto con molti carboidrati raffinati e poco altro (esempio se la mattina vi alzate e quindi a digiuno mangiate solo una fetta di pane tostato bianco e marmellata), l'assorbimento del glucosio è talmente rapido, il picco di insulina talmente massiccio e repentino, che questa insulina spinge il glucosio nelle cellule con una velocità e uno slancio tale che alla fine i livelli di glucosio nel sangue sono addirittura più bassi di quanto erano prima e questo crollo improvviso della glicemia attiva tutti i nostri meccanismi ormonali della fame, come il desiderio di dolce. Perché così funziona il nostro cervello, quando vede il suo prezioso glucosio precipitare, si preoccupa immediatamente che possa scarseggiare e quindi ci fa venir fame. Per cui dopo poche ore (in alcuni soggetti addirittura minuti), dalla nostra colazione, innanzitutto avremo una sonnolenza enorme, a causa del picco di insulina, da riuscire a malapena a tenere aperti gli occhi, e poco dopo avremo di nuovo una fame incontenibile. Così noi mangiamo di nuovo (presumibilmente altri carboidrati semplici) e il ciclo ricomincia da capo. Se invece quella fetta di pane fosse stata integrale, con tutta la sua fibra, e ci avessi spalmato magari della ricotta, con i suoi lipidi le sue proteine, e mangiato insieme un frutto con la sua fibra (quindi con la buccia), ecco che l'assorbimento di zuccheri sarebbe stato più lento e avremmo evitato gli effetti dell'ipoglicemia reattiva. Saremo rimasti belli svegli, pieni di energia e sazi, per lo meno fino all'ora di pranzo, se non oltre. Alcune persone hanno il metabolismo dell'insulina talmente sballato da anni di dieta sbagliata (ne conosco personalmente parecchi) che stanno addirittura meglio se la colazione la saltano del tutto!
Fin qui abbiamo visto gli effetti nel breve termine dei picchi di glucosio ed insulina nel sangue ma adesso vediamo quello che succede quando questa situazione si protrae per anni. Che poi è esattamente ciò che accade a milioni di persone che seguono diete sbilanciate per anni, con troppi carboidrati raffinati e zuccheri aggiunti, con anni di picchi di insulina sia in frequenza che in quantità (sovraespressione). Si sviluppa dapprima una situazione chiamata "insulino resistenza", in parole povere le nostre cellule diventano sempre meno sensibili agli effetti dell'insulina, perché ce n'è in giro troppa e troppo spesso. Faccio sempre l'esempio del bambino che grida: se è un bambino normalmente tranquillo, la sua mamma gli presterà immediatamente attenzione; se invece è un bambino capriccioso che urla e scalpita in continuazione senza ragione per atti**re l'attenzione, la mamma ci farà via via sempre meno caso. Così quando l'insulina grida per anni nel nostro corpo le cellule ci presteranno via via sempre meno attenzione, con l'effetto che anche quando c'è effettivamente in giro del glucosio questo rimarrà più a lungo in circolo nel sangue, facendo tutti i suoi danni. Ora, quando il nostro bambino capriccioso s'accorge che la mamma non gli presta molta attenzione comincerà a gridare più forte, allo stesso modo, quando c'è "insulino resistenza", il pancreas inizierà a mandare in giro sempre più insulina per ottenere lo stesso effetto di prima e questa situazione si chiama iperinsulinemia. Avendo appena elencato tutti gli effetti secondari dell'insulina possiamo facilmente immaginare perché una tale situazione non sia per nulla buona per la nostra salute. Ma anche così questa strategia compensatoria non funziona all'infinito, un po' come se le urla del nostro bambino fossero diventate talmente sguaiate e assordanti da aver reso la povera madre completamente sorda. A quel punto può urlare tutto quello che vuole ma non sarà mai sentito, prima o poi anche lui si stuferà di gridare invano. Ebbene il nostro pancreas dopo aver passato anni a produrre sempre più insulina con sempre meno risultati, diviene completamente esausto e si arrende, smettendo di produrla. Senza insulina la glicemia dopo i pasti rimane pericolosamente elevata mentre le nostre cellule hanno difficoltà ad ottenere il glucosio di cui hanno bisogno. Per loro sarà un po' come morire di sete circondate da un oceano d'acqua. Quando le cose arrivano a questo punto siamo in presenza di una vera e propria malattia che si chiama "diabete di tipo 2". E sebbene questo possa uccidere nel breve termine per complicazioni acute come la chetoacidosi, nella maggior parte dei casi uccide in un modo più lento e subdolo, danneggiando progressivamente i nostri reni, i nostri occhi, il nostro sistema nervoso e mettendoci ad altissimo rischio di accidenti cardiovascolari. Nonostante tutto, anche arrivati a questo punto, la dieta rimane sempre la nostra strategia migliore per minimizzare il rischio di complicazioni.

RICAPITOLIAMO
Ricapitoliamo i punti importanti da ricordare:
1) l'insulina è un ormone di importanza vitale per poter utilizzare gli zuccheri a scopo energetico è per riportare nella norma la glicemia;
2) Tuttavia è meglio non averne in giro troppa e troppo spesso, perché ha una serie di effetti secondari e in particolare è un ormone anabolizzante che promuove la sintesi e la deposizione di grasso nel tessuto adiposo, ostacola il controllo del peso, alza i livelli di trigliceridi e colesterolo nel sangue, peggiora il rapporto tra colesterolo LDL e HDL, aumenta la pressione del sangue, danneggia le arterie, promuove lo stato pro-infiammatorio, ostacola la regolazione di fame e sazietà e, nel lungo termine, porta insulino-resistenza, iperinsulinemia, il rischio di diabete di tipo 2 e di malattie cardiovascolari;
3) Tenere sotto controllo questi effetti secondari in modo da minimizzare i rischi è responsabilità nostra, perché il nostro organismo non lo fa da solo. Per il nostro organismo la priorità assoluta è mantenere stabili le concentrazioni di glucosio nel sangue e fintanto che la glicemia è sotto controllo non si preoccupa anche degli effetti secondari dell'insulina, ci dobbiamo pensare noi.
4) Una delle cose più importanti che possiamo fare con la dieta è cercare di minimizzare il rilascio di insulina dal pancreas, in modo da non averne in giro troppa e troppo spesso, evitando soprattutto impennate molto repentine, mirare alla cosidetta "calma insulinica".
5) Le cause del rilascio di insulina sono molteplici. Ad esempio qualunque pasto molto abbondante, indipendentemente dal suo contenuto in carboidrati, ma anche di grassi e proteine, determina il rilascio di insulina per mettere da parte tutti i nutrienti in eccesso. Ma la causa numero uno di elevati e frequenti picchi di insulina nella nostra dieta sono fuor di dubbio i picchi di glucosio nel sangue, cioè gli innalzamenti repentini della nostra glicemia.
6) Come facciamo a sapere se quello che mangiamo causerà un impennata della nostra glicemia ? Per conoscere gli effetti di quello che mangiamo sulla glicemia, abbiamo 2 strumenti molto utili che sono, conoscere 1) l'indice glicemico e 2) il carico glicemico, dei vari cibi nei nostri pasti. Alcuni ricercatori hanno anche pensato di misurare direttamente l'aumento di insulina invece che di glicemia, calcolando il cosiddetto indice insulinemico degli alimenti ma con risultati abbastanza deludenti, perché le variazioni sono non solo molto soggettive, ma soprattutto multifattoriali e quindi difficili da standardizzare e difficilissimo estrapolare il contributo specifico dell'alimento. Per cui il modo più valido per stimare gli effetti di un alimento sul rilascio di insulina è guardare indice e carico glicemico, ricordando però molto bene 3 cose che alcuni, presi da un ingiustificata foga anti-carbo, tendono a dimenticare, ovvero:
I) Gli zuccheri nei carboidrati ci servono, solo l'energia più pulita in assoluto per alimentare le nostre cellule. Nel senso che li bruciamo senza produrre alcun prodotto di scarto. Sono energia prontamente spendibile anche in modo anaerobico, mentre i lipidi bruciano solo in presenza di ossigeno, sono l'unico nutrimento di sangue e cervello (dai grassi si possono ricavare i corpi chetonici ma è consgliato farlo per periodi di tempo non lunghissimi) e soprattutto il nostro organismo pretende di mantenere stabili la glicemia nel sangue e se noi non gli diamo zuccheri e carboidrati per farlo ha un solo modo. Una volta che sono esaurite le riserve di glicogeno, che durano al massimo 12 giorni, comincia ad intaccare la massa muscolare per ricavare gli aminoacidi glucogenici, che sono gli unici da cui il nostro organismo possa ricavare il glucosio perché i lipidi del nostro tessuto adiposo non possono in nessun modo essere riconvertiti in glucosio. Ecco perché diciamo che zuccheri e carboidrati nella nostra dieta, hanno la funzione di risparmiare la massa muscolare. L'unica verità è che ci servono tutti e tre i macronutirneti, certo in proporzioni perosnalizzate in base al nostro stile di vita, quello si. Dobbiamo aggiustare un po' le proporzioni, ed è proprio questo uno degli scopi principali di un nutrizionista come me, ma - sia chiaro - non si può sopravvivere con una dieta senza proteine, non si può sopravvivere con una dieta senza lipidi e non si può sopravvivere con una dieta senza carboidrati. La dieta deve essere equilibrata e varia, fondamentale quest'ultimo punto se non si vogliono accumulare pericolose carenze.
II) Appurato che zuccheri e carboidrati sono indispensabili, il modo saggio per assumerli è quello di farlo evitando i picchi glicemici, quindi i picchi di insulina, con tutti gli effetti negativi che abbiamo visto queste due cose comportano. Per farlo bisogna conoscere il carico glicemico di quello che mangiamo, cioè non solo il suo contenuto di zuccheri ma anche il suo indice glicemico, cioè la velocità con cui questi zuccheri vengono assorbiti. Perché se vengono assorbiti piano e gradualmente non si hanno sbalzi repentini di glicemia e insulina. Certamente un opzione sicura è privilegiare le fonti di carboidrati che hanno basso indice glicemico, come molti tipi di frutta, i legumi e i cereali integrali, in luogo di quelli raffinati.
III) Ma attenzione, ed ecco la terza cosa da ricordare, questo non significa che gli alimenti con alto indice glicemico, alto carico glicemico, debbano essere banditi (specie dopo un'attivitò fisica, specie se intensa). Perché quello che conta alla fine non è l'indice e il carico glicemico dei singoli alimenti ma il carico glicemico totale dei pasti che facciamo. Per cui se io bevo un succo d'uva da solo è vero che quello mi fa schizzare la glicemia e l'insulina, ma se lo bevo in un pasto, insieme a proteine, insieme ad un piatto di insalata, di verdura ricca di fibre e una fetta di pane integrale, la fibra e gli altri macronutrienti, proteine e grassi, rallentano l'assorbimento degli zuccheri del mio succo d'uva e quindi non avrò nessun picco glicemico di insulina, perché nello stomaco tutto si mescola e l'indice glicemico complessivo dell'insieme del pasto è sufficientemente basso. La ragione per cui mi accanisco sempre con veemenza contro i cereali raffinati raccomandando invece il consumo di cereali integrali, non è solo l'indice glicemico perché fosse solo questo, se la mia farina bianca la mangio insieme alle verdure, la cosa si "aggiusta". Il vero problema è invece che la raffinazione ha effetti catastrofici sul contenuto dei micronutrienti, vitamine e minerali. Quindi i cereali raffinati diventano fonte di "calorie vuote", zucchero e basta. Come mangiare caramelle. Per il resto gli zuccheri contenuti naturalmente nel cibo non sono i nostri nemici, non ci fanno proprio nulla di male, quelli con cui dobbiamo prendercela sono gli zuccheri aggiunti, cioè quelli che l'industria alimentare aggiunge a palate nei prodotti e che non sono affatto naturali. Per cui portano le nostre diete a livelli allarmanti di zucchero sempre associato a calorie vuote, nel senso non associato ad altri nutrienti, vitamine, minerali e fitocomposti "produttivi", come lo sono invece i carboidrati della frutta o dei legumi o dei cereali integrali.

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