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rivista UNA CITTA' Una Città. Le domande vengono prima delle risposte. Mensile indipendente di interviste e foto.
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Più di duemila interviste, disponibili sul sito http://www.unacitta.it
Copia cartacea solo per abbonamento. Cre­dia­mo che la "mi­li­tan­za del­la do­man­da e dell'in­ter­vi­sta”, la pra­ti­ca dell’ascol­to e del rac­con­to, sia un’ot­ti­ma co­sa per chi vo­glia go­ver­na­re il pae­se più im­por­tan­te del mon­do co­me per un gio­va­ne che vo­glia far qual­co­sa di buo­no nel quar­tie­re più sper­

du­to del glo­bo. E che il plu­ra­li­smo sia un va­lo­re as­so­lu­to ma an­che una co­sa mol­to uti­le, co­sì co­me l’idea, il pre­giu­di­zio vor­rem­mo di­re, che ne­gli al­tri ci sia­no sem­pre del­le ra­gio­ni da sta­re a sen­ti­re, da in­da­ga­re. Cre­dia­mo all’at­tua­li­tà dei gran­di idea­li di un tem­po lon­ta­no, gli idea­li del so­cia­li­smo uma­ni­ta­rio: de­mo­cra­zia e li­ber­tà, giu­sti­zia so­cia­le, coo­pe­ra­zio­ne e mu­tua­li­tà, co­mu­na­li­smo e fe­de­ra­li­smo, eu­ro­pei­smo e co­smo­po­li­ti­smo. Pen­sia­mo val­ga la pe­na im­pe­gnar­si in una bat­ta­glia del­le idee af­fin­ché la si­ni­stra, an­che rian­dan­do al­la sua tra­di­zio­ne più an­ti­ca, ri­tro­vi la sua "ra­gio­ne so­cia­le” nel­la fi­du­cia nel­le per­so­ne, nel­la lo­ro li­ber­tà e ca­pa­ci­tà di au­to­no­mia e nel lo­ro bi­so­gno vi­ta­le di as­so­ciar­si, di coo­pe­ra­re. Ci sem­bra im­por­tan­te pro­va­re a rac­con­ta­re, a gio­va­ni an­sio­si di cam­bia­men­to, co­me si pos­sa es­se­re ra­di­ca­li sen­za es­se­re an­ta­go­ni­sti, co­me si pos­sa co­strui­re un mon­do mi­glio­re sen­za do­ver pri­ma di­strug­ge­re.

Che fare?La prepotenza dilaga.In mezzo mondo regna il fascismo.E nel resto un nuovo fascismoaffascina di nuovo.Gli amici...
09/12/2024

Che fare?
La prepotenza dilaga.
In mezzo mondo regna il fascismo.
E nel resto un nuovo fascismo
affascina di nuovo.
Gli amici americani sono disperati.
Che fare?
Una rivista di carta che ha 700 abbonati?
Un nostro fratello maggiore ci dice: “Ebbene, sì”.
Diteci anche voi la vostra.
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L'elenco completo dei libri e quaderni pubblicati da una città e acquistabili online

Nella copertina del n. 304 il Kibbutz Haogen, negli anni Quaranta. La dedichiamo a Israele, quello di un tempo ormai lon...
22/11/2024

Nella copertina del n. 304 il Kibbutz Haogen, negli anni Quaranta. La dedichiamo a Israele, quello di un tempo ormai lontanissimo, quello amato dai democratici e dai socialisti di tutto il mondo. Cosa ne resta oggi? A fianco l’intervista ad Anna Foa. Qui sotto riportiamo brani di due lettere che il vecchio Gualtiero Cividalli, emigrato con la famiglia in Palestina all’indomani delle leggi razziali italiane, scrisse nella primavera del 1948 al figlio e alle figlie in armi.

Link al sommario nel primo commento

09/10/2024

Cari amici,
la seconda parte del progetto PASSATO PROSSIMO si avvicina. A fine ottobre, dal 19 al 26, ci sarà l'XI edizione del , intitolata: “Femminismi. Diritti, uguaglianza, differenza, identità, libertà”, dedicata alla conoscenza, alla memoria e alla divulgazione di ciò che le donne hanno compiuto e rappresentato nella storia del Novecento e dei processi di emancipazione che le hanno viste protagoniste, con anche momenti di discussione su temi al centro del dibattito non solo nel mondo femminista.

Il 19 ottobre un'anteprima con il concerto "Maria, che mescola dolore e allegria...": due cantautrici, una brasiliana afro-bahiana e una italiana, diverse per formazione, lingua e paese di origine. che si incontrano per unire le loro voci e dare vita a un racconto sulle lotte e le storie delle donne.
(link al programma completo nei commenti)

ABBIAMO BISOGNO DEL VOSTRO AIUTO!
Nonostante la collaborazione degli enti locali e il contributo di alcuni sponsor e il fatto che gran parte dell'impegno sia svolto a titolo volontario, i costi del progetto sono significativi. Abbiamo raccolto fino a ora 3.000 euro, ma per poter portare a termine la realizzazione degli eventi e garantire la copertura delle spese ce ne servono altri 4.000.

Qualsiasi contributo, grande o piccolo che sia, è benvenuto.
Grazie!

Per contribuire potete:
-fare un bonifico: c/c intestato a Fondazione Alfred Lewin - Ets
IBAN IT 68 C 03069 09606 10000 0130 502
BIC BCITITMM (Intesa Sanpaolo) causale: "Per progetto Passato Prossimo"

-procedere con Paypal e/o carta di credito (link nei commenti)

Ecco l'editoriale del primo numero della rivista uscito dopo il   2023, il 296. L'immagine allegata è la copertina di qu...
07/10/2024

Ecco l'editoriale del primo numero della rivista uscito dopo il 2023, il 296. L'immagine allegata è la copertina di quel numero, a colori, che ritrae il campo di girasoli del kibbutz di Kfar Aza, dove quel giorno i miliziani di Hamas uccisero 64 civili e 22 soldati, prendendo 19 persone in ostaggio.
A seguire, l'incipt di una lettera inviataci da Gary Brenner, che risiede nel kibbutz di Hatzor, l'11 ottobre 2023. Il link alla lettera integrale si trova nel primo commento a questo post.
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La copertina è dedicata agli ebrei caduti durante l’attacco di Hamas e riporta i campi coltivati di girasoli che circondano il Kibbutz di Kfar Aza. E anche a tutti coloro, israeliani e palestinesi, che ora pagheranno il conto di altri. La strage di ebrei commessa dai fascisti verdi non può non richiamare quelle commesse dai nazisti in Polonia e in Russia: uomini, donne, bambini, anziani purché ebrei. Che militanti di sinistra parteggino per Hamas è allucinante. Va anche aggiunto, ma solo per informazione per costoro (se il kibbutz fosse stato “di destra” non cambierebbe nulla) che gli abitanti dei kibbutz attaccati sono fra i pochi socialisti al mondo che fanno vita da socialisti e che, in più, erano anche in lotta contro il governo dell’estrema destra israeliana. Bisogna prendere atto che, come per l’Ucraina, parti significative della sinistra stanno con i fascisti. Val proprio la pena di impegnarsi in una battaglia culturale su cosa significhi essere antifascisti nel mondo d’oggi. Troppi giovani, che detestano con tutto il cuore la nostra premier, poi simpatizzano per fascisti che fanno strage di giovani solo perché ebrei.
Per il resto: fu Sharon a dire, per rassicurare i suoi, che Gaza sarebbe diventata la “pattumiera dell’Olp”. E i nostri benpensanti benestanti, filoisraeliani senza mai un “ma”, neanche quando si scaccia una famiglia, perché di un’altra etnia, dalla casa in cui abita da generazioni, non sanno che una pattumiera è un luogo insano, dove possono svilupparsi dei germi terribili? Come ci ricorda Stefano Levi Della Torre, dall’omicidio di Rabin tutto ha cominciato a cambiare, e sempre in peggio; per i palestinesi, ma forse anche per Israele. Mai un omicidio (e un complotto?) ha cambiato la storia recente del mondo come quello di Rabin. I “geopolitici”, o i “realisti” come li chiama Michael Walzer, da anni ci dicono che i palestinesi “sono andati”, ormai eccentrici, cioè lontano dai centri nevralgici, sono un problema relativo; parlano di patti di Abramo (niente di meno) con regimi odiosi e liberticidi, le cui scelte sarebbero decisive per il futuro di intere regioni e continenti; per loro i popoli è come non ci fossero, masse di manovra. Beh, i palestinesi esistono, sono lì e non vanno via e speriamo proprio che si rifaccia strada fra loro un sentimento, prima ancora che un progetto, seppur conflittuale, al fondo conciliativo. Lo stesso, però, vale per Israele, dove, comunque, come ci dice Gary Brenner, che ci ha permesso di pubblicare le sue mail indirizzate all’amico Walzer, con la calma tornerà anche la protesta dei tantissimi israeliani che non vogliono vivere in una democrazia illiberale. Con quella liberale, però, non va d’accordo una “democrazia etnica”. Non resta che sperare che prima o poi riescano a far quadrare il cerchio: la necessità degli ebrei di restare maggioranza e la necessità dei palestinesi di diventare cittadini, a tutti gli effetti, “di qualcosa”. E alla fine anche l’orribile regime iraniano finirà: se non per una sciagurata guerra, da cui nel caso dovrebbe per forza uscire sconfitto, e purtroppo a ogni costo, cadrà grazie alle donne [...].

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7 ottobre 2023. Lettera di Gary Brenner

Cari Michael e Barbara, da quel che ho capito dalla mail di Barbara, il prossimo numero di “una città” sta per andare in stampa, e lei mi ha chiesto di scrivere qualcosa in merito agli attacchi terroristici dello scorso sabato. Concordo sia necessario, come post-scriptum a quanto scritto finora, per cercare di offrire un contesto alla follia in corso in questi ultimi giorni (e a quella che ci attende nel prossimo futuro).
A questo scopo, devo premettere che (come Michael sa) sono un kibbutznik, vivendo io nel kibbutz Hatzor sin da quando mi sono trasferito qui dagli Stati Uniti ormai 53 anni fa. Hatzor si trova a sud di Tel Aviv, circa 35 chilometri a nord dei kibbutzim (che è il plurale di kibbutz) che costeggiano la Striscia di Gaza. In questi circa venti kibbutzim conosco dozzine di persone mie coetanee, i loro figli e nipoti, perlopiù a causa del mio ruolo di capo della Divisione giovani della Federazione del Kibbutz Artzi e della mia rete di contatti del network Peace Now, cosa che ho cominciato quarant’anni fa [...].

Dedichiamo la copertina del n. 303 alle elezioni americane che, questa volta sicuramente, ci riguardano più delle nostre...
24/09/2024

Dedichiamo la copertina del n. 303 alle elezioni americane che, questa volta sicuramente, ci riguardano più delle nostre. La rinuncia di Biden, ormai inevitabile, non toglie nulla alla grandezza della sua presidenza, forse la più importante degli ultimi cinquant’anni. Come ci racconta qui a fianco l’amico Bronner, è riuscito a dare l’altolà alla Russia e alla Cina, a risanare l’economia americana favorendo i lavoratori e, in un certo senso, a “riportarli a casa”, a riconquistare l’amicizia dell’Europa, a risollevare l’onore degli Stati Uniti dopo la guerra criminale di Bush, il tradimento della parola data di Obama e il golpismo di Trump. Ora c’è Kamala. Speriamo bene. Certo è che l’ondata mondiale di una destra sovranista e fondamentalmente autoritaria (la maggioranza “pigliatutto”, compresa la costituzione) fa impressione.

Il sommario del n. 303
https://unacitta.it/it/sommario/323-una-citta-nr-303-settembre-2024

19/09/2024
13/09/2024

Sostenete il nostro progetto PASSATO PROSSIMO, un passato, cioè, su cui non smettiamo di arrovellarci.

cari amici,
il 24 e 25 settembre commemoreremo la strage dell'aeroporto di Forlì in cui, nel settembre del 1944, vennero uccise 42 persone: 18 ebrei ed ebree e 24 donne e uomini antifascisti o parenti di antifascisti. Una strage che per tanto tempo è stata completamente dimenticata. La ricorderemo insieme ad alcuni parenti delle vittime con un incontro pubblico che vorremmo fosse il più possibile conviviale e "non triste", coinvolgendo molti studenti delle scuole superiori, aperto a tutta la cittadinanza, con letture e musica dal vivo alla mattina e un concerto gratuito alla sera.
(qui link al programma: https://diciottostorie.it/2024/09/13/forli-settembre-1944/ )

Poi, l'ultima settimana di ottobre (dal 19 al 26), si terrà l'XI edizione del 900fest: “Femminismi. Diritti, uguaglianza, differenza, identità, libertà” dedicata alla conoscenza, alla memoria e alla divulgazione di ciò che le donne hanno compiuto e rappresentato nella storia del Novecento e dei processi di emancipazione che le hanno viste protagoniste, con anche momenti di discussione su temi al centro del dibattito non solo nel mondo femminista.
(qui link al programma: https://900fest.com/2024/09/04/900fest-2024/ )

Le due iniziative fanno parte di un progetto che abbiamo intitolato “PASSATO PROSSIMO”: un passato, quello del Novecento, su cui la riflessione non è mai finita, che continua a interrogarci, e che può aiutare a orientarsi in un futuro PROSSIMO molto problematico.

Abbiamo bisogno del vostro aiuto!
Nonostante la collaborazione degli enti locali e il contributo di alcuni sponsor e il fatto che gran parte dell'impegno sia svolto a titolo volontario, i costi del progetto sono significativi.
Per poter portare a termine la realizzazione degli eventi e garantire la copertura delle spese ci servono 7.000 euro.

Per contribuire potete:
fare un bonifico:
-c/c intestato a Fondazione Alfred Lewin - Ets
IBAN IT 68 C 03069 09606 10000 0130 502
BIC BCITITMM (Intesa Sanpaolo)
causale: "Per progetto Passato Prossimo"

-procedere con Paypal e/o carta di credito tramite il link:
http://adib.unacitta.org:8090/lists/lt.php?tid=cR8PB1NUVglaUhQGBwpWSwJWAFNLVlZSVk9bAQAFBQ0LAAxRVVUdWFwBWgYBVgBLU1VXBEsAVFtST1gHAAAeXVgCDgoAUwUNCgBfTFNWBVdQUFFRSwBXAAdPDQEEAx4BDwJaHwFVVwoAB1tVXQZRUQ

Dedichiamo a Giacomo Matteotti la copertina del n. 302 e anche l’apertura. Non solo al coraggioso antifascista, che parl...
08/08/2024

Dedichiamo a Giacomo Matteotti la copertina del n. 302 e anche l’apertura. Non solo al coraggioso antifascista, che parlò sapendo cosa gli sarebbe costato, ma anche al coerente e lungimirante socialdemocratico. Fa impressione il disprezzo espresso da Gramsci con quel “pellegrino del nulla”. Per fortuna spesso, se non sempre purtroppo, la storia fa giustizia: i socialdemocratici hanno appena vinto le elezioni in Inghilterra e l’ormai secolare pellegrinaggio dei comunisti nei fallimenti e negli orrori non è ancora finito. Del resto il loro disprezzo verso la democrazia “borghese” e per chi voleva fare il socialismo senza rinunciare alla libertà, è cosa nota. Spesso questi ultimi divenivano il primo nemico da combattere, per far cadere la maschera al capitalismo e svelarne la vera faccia. Li si chiamava “socialfascisti”. Quel che poi è successo in Italia è quasi incredibile: quando i comunisti non lo sono più stati, invece di presentarsi col cappello in mano dai socialdemocratici dicendo: “Avevate ragione, Livorno è stato un tragico errore, rimettiamoci insieme”, hanno continuato a detestarli e a denigrarli, per poi andare ad abbracciare, non già i liberali, pressoché inesistenti in Italia, ma i “conservatori”, conservatori di tutto, del buono, del cattivo e pure del cattivissimo.

Leggi tutto qui:
https://unacitta.it/it/sommario/322-una-citta-nr-302-giugno-luglio-agosto-2024

È uscito il n. 301. La copertina è dedicata a Gaza.Dall'editoriale:C’è stato il 25 aprile e abbiamo immaginato che uno s...
18/06/2024

È uscito il n. 301. La copertina è dedicata a Gaza.
Dall'editoriale:

C’è stato il 25 aprile e abbiamo immaginato che uno scrittore importante, o un artista, o un filosofo, anche a nome di tanti altri, venisse in tv a dirci che essere antifascisti non vuol dire esserlo “di ieri”, in retrospettiva, ma che dobbiamo esserlo “di oggi”, che la battaglia da combattere è quella di oggi, perché il fascismo è lì, sotto i nostri occhi, pericoloso e odioso come quello di ieri, e non ha il volto della nostra premier, ma quello di chi è al potere in Russia, in Cina, in Iran; che dobbiamo e possiamo sostenere la resistenza di chi in nome della libertà e della difesa del proprio paese aggredito, rischia la vita e muore, oggi esattamente come ieri; che dovremmo chiederci: “Cosa ci direbbero di fare oggi i martiri di ieri? Cosa ci direbbe di fare Matteotti?”.

Leggi tutto qui:
https://unacitta.it/it/sommario/321-una-citta-nr-301-aprile-maggio-2024

"Io e la Clem..." podcast dell'intervista a Lucia CalzariNell’occasione dell’anniversario della strage di Brescia per op...
11/06/2024

"Io e la Clem..."
podcast dell'intervista a Lucia Calzari

Nell’occasione dell’anniversario della strage di Brescia per opera dei neofascisti, proponiamo la voce di Lucia Calzari, scomparsa l’anno scorso, sorella di Clementina, che in piazza della Loggia p***e la vita insieme al marito Alberto Trebeschi. L’intervista è del 1998 ed è apparsa sul numero 73 di “una città” e successivamente nel libro “Lo Chopin partiva- storie di donne”, delle edizioni “una città”.

Nella foto che accompagna questo episodio, Clem con il marito Alberto che porta in spalla il figlio Giorgio.

Ascoltalo qui:

https://open.spotify.com/episode/1FipGWg40yufssTco13i3d

È uscito il numero 300. La copertina è dedicata a noi. Fa specie con i tempi che corrono, ma abbiamo deciso che i comple...
06/05/2024

È uscito il numero 300.
La copertina è dedicata a noi. Fa specie con i tempi che corrono, ma abbiamo deciso che i compleanni vanno festeggiati comunque.
Se siamo arrivati al numero trecento lo dobbiamo a tanti amici che ci hanno incoraggiato e aiutato. Nelle pagine seguenti ricordiamo quelli che non ci sono più. Abbiamo anche messo in rete, consultabili, i primi cinquanta numeri. Risfogliandoli vediamo tantissimi difetti, ma qualcosa doveva pur esserci se, quasi da subito, Grazia Cherchi cominciò a seguirci, a consigliarci. E se poi, di lì a poco, Alex Langer regalò ottocento abbonamenti. Cos’era? Forse la scelta dell’intervista. Ma per noi in realtà fu una scelta obbligata, perché non avremmo saputo fare altro. Nessuno di noi è in grado tuttora di scrivere un saggio e neppure un reportage. No, non eravamo e non siamo degli intellettuali. In ogni occasione abbiamo sempre premesso che siamo solo dei militanti, anche se non si sa più di che. Siamo del ’50, non abbiamo studiato, ci mancano proprio i fondamentali. In quattro dei nove fondatori, amici di scuola, venivamo infatti da sette-otto anni di attivismo sfrenato, di militanza a tempo pieno e di “pensiero unico”. E quando tutto questo crolla ti ritrovi ad aggirarti nel mondo intorno come un Kaspar Hauser. Non capisci più niente e corri anche il rischio di incattivirti. Ma poi il ritiro a vita privata, anche se in certi casi squallido, è servito ed è tornata la voglia di far qualcosa. Una rivista, forse. Ma come, se non hai niente da dire e da scrivere? “Allora facciamo parlare gli altri”. Due di noi, di ritorno da un viaggio a New York, avevano portato alcuni numeri di “Interview”, di Andy Warhol, una rivista di sole interviste, ma a gente famosa dello spettacolo. Ecco, potevamo far così anche noi, intervistando, però, gente comune, operatori sociali e, certo, anche intellettuali. Incapaci anche di imbastire una scaletta se l’intervista era tematica, adottammo una tecnica più da storia orale che giornalistica. Con la conseguenza collaterale di avere un registrato che, trascritto, era tre o quattro volte la misura massima per la pubblicazione. Lisa Foa ci disse un giorno: “Ma come fate a far vuotare il sacco?”. Aveva funzionato! Anche se grazie a un difetto. Molti anni dopo, a un seminario dell’Università di Verona dedicato a “una città”, un professore amico ci avrebbe rimesso “al nostro posto”: “Guardate che non avete inventato nulla, la vostra è l’intervista ‘non direzionale’, una tecnica su cui sono stati scritti dei saggi”. Infine, forse va detto, degli anni della “militanza rivoluzionaria” qualcosa c’era rimasto: l’attrazione e il rispetto per la gente, quella cosiddetta “comune”. E questo certamente ci è servito. Sì, l’intervista ci ha cambiato la vita. L’amico Andrea Ranieri ci definì “militanti della domanda”.

Il sommario e il resto dell'editoriale a questo indirizzo:
https://unacitta.it/it/sommario/320-una-citta-nr-300-marzo-2024

Dall’archivio sonoro di “una città” abbiamo realizzato un podcast, in tre episodi, tratto dall’intervista fatta nell’aut...
06/04/2024

Dall’archivio sonoro di “una città” abbiamo realizzato un podcast, in tre episodi, tratto dall’intervista fatta nell’autunno 1992 a un amico degli anni Settanta, militante del movimento studentesco, Giovanni Di Santo, che presto lasciò “la compagnia” per avventurarsi, è proprio il caso di dirlo, verso l’Oriente… Un'esperienza che in seguito fecero in molti e che volle dire, per tanti così come per lui, “eroina e carcere”. Giovanni, tornato a vivere in Romagna a metà anni Novanta, è morto pochi anni dopo quest’intervista.

Nella foto: Giovanni (a destra) con Fausto Fabbri, uno degli intervistatori, a Roma nel luglio del 1992.

Link nei commenti

Dedichiamo diverse pagine al Parents Circle, un’associazione “miracolosa” di israeliani e palestinesi, colpiti da un lut...
13/03/2024

Dedichiamo diverse pagine al Parents Circle, un’associazione “miracolosa” di israeliani e palestinesi, colpiti da un lutto per mano degli altri, che lavorano insieme per promuovere la concordia tra i due popoli. Ascoltare i tragitti compiuti a fatica, dall’odio all’amicizia, è commovente.

Qui gli interventi pubblici di Arab Aramin e Yigal Elhanan resi a Langemark, in Belgio, in occasione della Veglia di Pace dell’8 novembre 2015. Per mano l'uno di un soldato israeliano, l'altro di un attentatore palestinese, hanno perso le sorelle.

(link nel primo commento)

08/03/2024

Il dominio sui territori occupati avrebbe ripercussioni sociali [...]. Uno Stato che governa una popolazione ostile di 1,5-2 milioni di persone è destinato a diventare uno Stato di polizia segreta, con tutto ciò che ne consegue per l’istruzione, la libertà di parola e le istituzioni democratiche. La corruzione caratteristica di ogni regime coloniale prevarrebbe anche nello Stato di Israele. L’amministrazione dovrebbe sopprimere l’insurrezione araba da un lato e procurarsi quisling arabi dall’altra. C’è anche una buona ragione per temere che la Forza di Difesa di Israele, che finora è stata un esercito di popolo, trasformandosi in un esercito di occupazione, degeneri... Per amore del popolo ebraico e del suo Stato non abbiamo altra scelta che ritirarci dai territori [...].
Non ogni “ritorno a Sion” è un traguardo religioso significativo... esiste un tipo di ritorno che può essere descritto con le parole del profeta: “Quando sei tornato, hai contaminato la mia terra e hai reso la mia eredità un abominio” (Geremia 2:7).

Yeshayahu Leibowitz, “The Territories” (1968)
La citazione del n. 299

Riceviamo e volentieri diffondiamo un appello da parte di ZMINA. Центр прав людини, l'associazione ucraina che ha ricevu...
07/03/2024

Riceviamo e volentieri diffondiamo un appello da parte di ZMINA. Центр прав людини, l'associazione ucraina che ha ricevuto la menzione speciale del premio Alexander Langer 2023.

"L'alba sta arrivando - Iryna Danylovich:
Dieci anni di resistenza dall'occupazione della Crimea"

Questa è l'attivista dei diritti umani e citizen journalist Iryna Danylovich. Ha resistito pacificamente all'occupazione russa della Crimea. Danylovych è stata rapita, torturata e condannata a quasi 7 anni di carcere, dove non riceve assistenza medica.
Ci sono più di 200 persone con storie simili in Crimea. Condividi questo post in segno di solidarietà con i prigionieri politici della Crimea!

Il sommario-editoriale del n.299La copertina è dedicata ad Aleksei Navalny e alle cittadine e cittadini russi che hanno ...
06/03/2024

Il sommario-editoriale del n.299

La copertina è dedicata ad Aleksei Navalny e alle cittadine e cittadini russi che hanno manifestato il loro lutto sfidando il carcere. Navalny era condannato ma non si può escludere che Putin abbia deciso dopo il blocco degli aiuti militari al Senato americano, dopo le parole di Trump e dopo i sondaggi che registrano “la stanchezza” degli europei. Già, forse aveva ragione Putin fin dall’inizio e, comunque, gliela stiamo dando: siamo stanchi, invecchiati, indeboliti, viviamo nel benessere e siamo terrorizzati dai sacrifici, consideriamo la democrazia un di più, un lusso di cui godiamo e che non è da tutti, stiamo di fronte alla tv da tifosi incattiviti, ognuno nel suo eterno “presente etnografico” ideologico. Se non fosse del tutto assurdo verrebbe da pensare che, sotto sotto, invidiamo e quindi detestiamo gli ucraini perché stanno scrivendo la storia del loro paese e, forse, del mondo. Un pensiero particolare lo rivolgiamo all’indomita madre di Navalny che non solo non si è fatta intimidire ma è riuscita a umiliare il dittatore accusandolo di usare la religione per i suoi vili fini. Ecco, di loro sì, delle madri dei soldati usati come carne da macello, Putin ha paura. Vengono alla mente quelle donne vestite di nero, nella neve, madri e mogli dei ribelli decabristi deportati in Siberia, trasferitesi là per star vicino ai loro cari, che andavano alle stazioni per confortare i prigionieri durante le fermate dei treni diretti ai gulag. Davano a ognuno di loro anche un Vangelo. Dostoevskij lo vorrà fra le mani sul letto di morte. La Russia dà il peggio e il meglio.

Dedichiamo diverse pagine al Parents Circle, un’associazione “miracolosa” di israeliani e palestinesi, colpiti da un lutto per mano degli altri, che lavorano insieme per promuovere la concordia tra i due popoli. Ascoltare i tragitti compiuti a fatica, dall’odio all’amicizia, è commovente. Di quel che succede abbiamo già detto e tutto sembra confermarlo: destra israeliana e Hamas hanno lo stesso obiettivo: impedire ogni possibile ripresa del progetto “due stati” e per far questo il numero dei morti palestinesi è decisivo. Il cinismo di entrambe le parti è impressionante. Ma c’è una differenza: i fanatici musulmani che sognano la Umma hanno tempo e, nel frattempo, vanno in paradiso: ma gli israeliani? Hanno tempo? Qual è la prospettiva se i palestinesi, come hanno dimostrato, non se ne vanno? Tenerli sottomessi per generazioni sul modello sudafricano? Ma non sanno che i “sottouomini” alla fine, dopo tante sofferenze, possono farcela? E a quel punto? E tutto per la Cisgiordania dove “hanno camminato i patriarchi”? Non resta che sperare che, da entrambe le parti, dal peggio nasca il meglio.

Pubblichiamo un’intervista a Olga Karatch, militante bielorussa antimilitarista, p***eguitata e incarcerata per il suo impegno nella lotta a un altro degli infami dittatori. Olga ha ricevuto il premio Alexander Langer e indubbiamente lo merita, ma altrettanto, e insieme a lei, lo meritava l’associazione ucraina guidata da Tetiana Pechonchyk, che invece ha ricevuto solo una menzione. L’intervista a Tetiana l’abbiamo pubblicata sul numero scorso di “una città”. In altri tempi la Langer premiò Natasa Kandic, serba, e Vjosa Dobruna, kosovara, entrambe favorevoli all’intervento militare per salvare i kosovari. Inevitabile pensare che la patriota ucraina, impegnata a fianco dei combattenti, secondo gli attuali dirigenti non-violenti della Fondazione non fosse atta a ricevere ex-aequo il premio intitolato ad Alex. Allora non possiamo non ricordare qual è stato il testamento di Alex: “Continuate in quel che è giusto” e vi chiediamo: cosa pensate sia “il giusto” per il popolo ucraino?

Poi quattro ebree italiane, Franca Coen, Luisa Basevi, Pupa Garribba e Lia Tagliacozzo, intervistate da Paola Cavallari, ci raccontano di come stanno vivendo questo periodo terribile. Poi Adam Michnick ci parla dell’attuale situazione della Polonia che sta affrontando una “ridemocratizzazione”, dopo la lunga fase di “democrazia illiberale”. Infine gli interventi e le lettere: Alfonso Berardinelli ci parla di Eugenio Montale, Matteo Lo Presti di Giuseppe Antonio Borgese, Cesare Pianciola del carteggio di Piero Gobetti prima e dopo il delitto Matteotti, Massimo Tirelli della ormai verificata cancerosità dei Pfas, Michele Battini recensisce il libro di Andrea Graziosi Occidenti e modernità, Raffaele Barbiero ci racconta come in Lettonia funzionò la nonviolenza e infine Belona Greenwood ci parla di come in Inghilterra sia inevitabile far la fila.

Per il “reprint” pubblichiamo “Unione federale” di Napoleone Colajanni (1903): per lui solo il federalismo poteva curare un centro malato; la “lettera dal passato” è quella amara di De Gasperi all’amico Lombardo, socialdemocratico, all’indomani della crisi del suo governo. La “visita” è alla tomba di Carla Lonzi, antesignana del femminismo italiano.

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