07/10/2024
Ecco l'editoriale del primo numero della rivista uscito dopo il 2023, il 296. L'immagine allegata è la copertina di quel numero, a colori, che ritrae il campo di girasoli del kibbutz di Kfar Aza, dove quel giorno i miliziani di Hamas uccisero 64 civili e 22 soldati, prendendo 19 persone in ostaggio.
A seguire, l'incipt di una lettera inviataci da Gary Brenner, che risiede nel kibbutz di Hatzor, l'11 ottobre 2023. Il link alla lettera integrale si trova nel primo commento a questo post.
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La copertina è dedicata agli ebrei caduti durante l’attacco di Hamas e riporta i campi coltivati di girasoli che circondano il Kibbutz di Kfar Aza. E anche a tutti coloro, israeliani e palestinesi, che ora pagheranno il conto di altri. La strage di ebrei commessa dai fascisti verdi non può non richiamare quelle commesse dai nazisti in Polonia e in Russia: uomini, donne, bambini, anziani purché ebrei. Che militanti di sinistra parteggino per Hamas è allucinante. Va anche aggiunto, ma solo per informazione per costoro (se il kibbutz fosse stato “di destra” non cambierebbe nulla) che gli abitanti dei kibbutz attaccati sono fra i pochi socialisti al mondo che fanno vita da socialisti e che, in più, erano anche in lotta contro il governo dell’estrema destra israeliana. Bisogna prendere atto che, come per l’Ucraina, parti significative della sinistra stanno con i fascisti. Val proprio la pena di impegnarsi in una battaglia culturale su cosa significhi essere antifascisti nel mondo d’oggi. Troppi giovani, che detestano con tutto il cuore la nostra premier, poi simpatizzano per fascisti che fanno strage di giovani solo perché ebrei.
Per il resto: fu Sharon a dire, per rassicurare i suoi, che Gaza sarebbe diventata la “pattumiera dell’Olp”. E i nostri benpensanti benestanti, filoisraeliani senza mai un “ma”, neanche quando si scaccia una famiglia, perché di un’altra etnia, dalla casa in cui abita da generazioni, non sanno che una pattumiera è un luogo insano, dove possono svilupparsi dei germi terribili? Come ci ricorda Stefano Levi Della Torre, dall’omicidio di Rabin tutto ha cominciato a cambiare, e sempre in peggio; per i palestinesi, ma forse anche per Israele. Mai un omicidio (e un complotto?) ha cambiato la storia recente del mondo come quello di Rabin. I “geopolitici”, o i “realisti” come li chiama Michael Walzer, da anni ci dicono che i palestinesi “sono andati”, ormai eccentrici, cioè lontano dai centri nevralgici, sono un problema relativo; parlano di patti di Abramo (niente di meno) con regimi odiosi e liberticidi, le cui scelte sarebbero decisive per il futuro di intere regioni e continenti; per loro i popoli è come non ci fossero, masse di manovra. Beh, i palestinesi esistono, sono lì e non vanno via e speriamo proprio che si rifaccia strada fra loro un sentimento, prima ancora che un progetto, seppur conflittuale, al fondo conciliativo. Lo stesso, però, vale per Israele, dove, comunque, come ci dice Gary Brenner, che ci ha permesso di pubblicare le sue mail indirizzate all’amico Walzer, con la calma tornerà anche la protesta dei tantissimi israeliani che non vogliono vivere in una democrazia illiberale. Con quella liberale, però, non va d’accordo una “democrazia etnica”. Non resta che sperare che prima o poi riescano a far quadrare il cerchio: la necessità degli ebrei di restare maggioranza e la necessità dei palestinesi di diventare cittadini, a tutti gli effetti, “di qualcosa”. E alla fine anche l’orribile regime iraniano finirà: se non per una sciagurata guerra, da cui nel caso dovrebbe per forza uscire sconfitto, e purtroppo a ogni costo, cadrà grazie alle donne [...].
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7 ottobre 2023. Lettera di Gary Brenner
Cari Michael e Barbara, da quel che ho capito dalla mail di Barbara, il prossimo numero di “una città” sta per andare in stampa, e lei mi ha chiesto di scrivere qualcosa in merito agli attacchi terroristici dello scorso sabato. Concordo sia necessario, come post-scriptum a quanto scritto finora, per cercare di offrire un contesto alla follia in corso in questi ultimi giorni (e a quella che ci attende nel prossimo futuro).
A questo scopo, devo premettere che (come Michael sa) sono un kibbutznik, vivendo io nel kibbutz Hatzor sin da quando mi sono trasferito qui dagli Stati Uniti ormai 53 anni fa. Hatzor si trova a sud di Tel Aviv, circa 35 chilometri a nord dei kibbutzim (che è il plurale di kibbutz) che costeggiano la Striscia di Gaza. In questi circa venti kibbutzim conosco dozzine di persone mie coetanee, i loro figli e nipoti, perlopiù a causa del mio ruolo di capo della Divisione giovani della Federazione del Kibbutz Artzi e della mia rete di contatti del network Peace Now, cosa che ho cominciato quarant’anni fa [...].