Umberto Galimberti, noto filosofo e psicoanalista, sottolinea come gli antichi Greci avessero una percezione dell'essere umano intrinsecamente legata alla mortalità. Pur disponendo dei termini "àntropos" e "anèr" per indicare l'uomo, preferivano utilizzare parole come "brotós" durante l'epoca di Omero e "thnétos" nell'era di Platone, entrambe traducibili come "mortale".
Questa scelta terminologica rifletteva una visione del mondo in cui la consapevolezza della morte era centrale, conferendo all'esistenza umana un senso di limite e misura. I Greci non concepivano la natura come una creazione divina, ma come una realtà immutabile in cui ogni essere vivente nasce, cresce e muore, contribuendo al perpetuo ciclo della vita. In questo contesto, l'uomo era visto come una delle tante determinazioni della natura, destinato a perire per permettere la continuazione dell'esistenza naturale.
Galimberti evidenzia come questa prospettiva differisca profondamente dalla visione cristiana, che introduce l'idea di un'anima immortale e di una vita ultraterrena. Mentre per i Greci il dolore e la morte erano componenti naturali e inevitabili della vita, da affrontare con dignità e accettazione, la cultura cristiana tende a vedere il dolore come un'espiazione e la morte come una transizione verso un'esistenza eterna.
In sintesi, la riflessione di Galimberti ci invita a riscoprire l'"etica del limite" dei Greci, riconoscendo la nostra condizione mortale non come una condanna, ma come un elemento fondamentale che dà senso e valore alla nostra esistenza. Accettare la finitezza della vita può aiutarci a vivere in modo più autentico e consapevole, apprezzando ogni momento e ogni relazione con maggiore intensità.
Carlo Pili ( #fr_tat )
"Non siamo un incidente della Storia, ma i figli e i nipoti di coloro che sono riusciti a trovare l'antidoto a quella degenerazione nazionalista che ha avvelenato la nostra storia.Se siamo europei è anche perché siamo innamorati dei nostri Paesi. Ma il nazionalismo che diventa ideologia e idolatria produce virus che stimolano istinti di superiorità e producono conflitti distruttivi."
David Sassoli, scomparso I'11 gennaio del 2022. Una vita ad abbattere muri. 🌹🌹🌹
"Un messaggio illuminante quello di Daniel Lumera: partire dai propri valori per definire i buoni propositi del 2025 è un invito potente alla consapevolezza e all’autenticità. Spesso siamo presi dalla corsa verso obiettivi superficiali, dimenticando che i nostri valori sono la bussola che ci guida nei momenti più difficili. Come diceva Viktor Frankl: "Chi ha un perché per vivere può sopportare quasi ogni come." Riflettere su ciò che dà senso alla nostra vita è il primo passo per costruire un anno non solo nuovo, ma davvero significativo. Grazie per questa profonda ispirazione, ne farò tesoro!"
Carlo Pili ( #fr_tat )
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Nel film "La proprietà non è più un furto" (1973) di Elio Petri, Gigi Proietti interpreta Paco l'Argentino, un personaggio che, seppur con una breve apparizione, lascia un'impronta indelebile grazie a un monologo memorabile. Durante l'orazione funebre per Albertone, un ladro e attore teatrale interpretato da Mario Scaccia, Paco offre un'elogio paradossale della figura del ladro, sottolineando la sua funzione sociale e stabilizzatrice nella società. Questo discorso, intriso di ironia e critica sociale, rovescia i termini convenzionali, suggerendo che la "ladreria" garantisca lavoro e benessere a molte persone, evidenziando l'ipocrisia e le contraddizioni del sistema economico e sociale.
La performance di Proietti in questo monologo è un esempio lampante della sua maestria attoriale, capace di combinare intensità drammatica e sottile ironia. La sua interpretazione conferisce profondità al personaggio, rendendo il monologo un momento chiave del film che invita lo spettatore a riflettere sulle dinamiche del possesso e del furto nella società contemporanea.
Per chi desidera rivivere questo momento cinematografico, è possibile visionare la scena del monologo di Gigi Proietti anche nel video seguente:
https://youtu.be/cTo6VZJO-E8?si=aIcSSIhj1F7gd9hI
Carlo Pili 🤗🤗🤗
"La memoria è il filo che unisce passato, presente e futuro. Umberto Eco ci avverte: in un'era dominata dal sapere digitale, rischiamo di perdere la capacità di ricordare davvero. Senza memoria non possiamo comprendere, giudicare, né costruire il futuro. È un richiamo alla responsabilità: ricordare non è solo immagazzinare dati, ma un atto di consapevolezza che definisce chi siamo. Non dimentichiamolo."
Carlo Pili ( #fr_tat ) 🌿☀️🌿
La gentilezza è una virtù che riflette una profonda forza interiore. Come sottolinea Paolo Crepet, le persone gentili sono le migliori, poiché la loro calma e comprensione creano armonia intorno a loro. Al contrario, chi urla e sbraita spesso rivela insicurezze e fragilità nascoste. Questo concetto è in linea con il pensiero di molti intellettuali e scrittori esoterici. Ad esempio, Lao Tzu affermava che "la gentilezza nelle parole crea fiducia; la gentilezza nel pensiero crea profondità; la gentilezza nel dare crea amore". Allo stesso modo Rudolf Steiner sosteneva che la gentilezza è una manifestazione dell'evoluzione spirituale dell'individuo. In un mondo spesso dominato dal rumore e dall'aggressività, coltivare la gentilezza non solo eleva il nostro spirito, ma ispira anche gli altri a fare lo stesso, contribuendo a creare una società più empatica e consapevole. 🌿☀️🌿
Carlo Pili ( #fr_tat )
Nell'ultima intervista rilasciata a Enzo Biagi nel 1999, pochi mesi prima della sua scomparsa, Nilde Iotti ha offerto una riflessione profonda sul significato della politica nella sua vita. Per lei, la politica non era solo una professione, ma una missione al servizio del bene comune, un impegno volto a migliorare la società e a garantire diritti e dignità a tutti i cittadini.
Il percorso di Nilde Iotti è emblematico di una dedizione totale alla causa pubblica. Prima donna a ricoprire la carica di Presidente della Camera dei Deputati, ha partecipato attivamente all'Assemblea Costituente del 1946, contribuendo alla stesura della Costituzione italiana. La sua carriera è stata caratterizzata da una costante lotta per l'emancipazione femminile e per l'affermazione dei principi democratici nel nostro Paese.
Il documentario "Nilde Iotti, la Signora della Repubblica", disponibile su RaiPlay, ripercorre la sua vita attraverso immagini e interviste, mettendo in luce non solo il suo ruolo politico, ma anche la sua dimensione umana. La sua relazione con Palmiro Togliatti, ad esempio, ha mostrato il coraggio di vivere appieno le proprie scelte personali, nonostante le critiche e le difficoltà dell'epoca.
La visione della politica di Nilde Iotti trova eco nel pensiero di autorevoli intellettuali. Max Weber, nel suo saggio "La politica come professione", distingue tra l'etica della convinzione e l'etica della responsabilità, sottolineando come il vero politico debba saper bilanciare ideali e pragmatismo per il bene della collettività. Nilde Iotti incarnava questa sintesi, operando con integrità e senso del dovere.
Inoltre, il suo impegno per l'uguaglianza e la giustizia sociale richiama le riflessioni di Antonio Gramsci, che vedeva nella politica uno strumento per l'emancipazione delle classi subalterne e per la costruzione di una società più equa. Nilde Iotti ha perseguito questi obiettivi con determinazione, lasciando un'impronta indelebile nella storia italiana.
La verità come azione: una riflessione sul messaggio di Gesù
Umberto Galimberti ci invita a riscoprire il significato autentico della "verità" nel messaggio di Gesù. Egli sottolinea che, in ebraico, la parola "emet" si traduce non come una semplice contemplazione del vero, ma come un "fare" concreto. Questo implica che la verità, secondo l'insegnamento di Gesù, non è una realtà da osservare passivamente, ma un'azione da compiere.
Gesù stesso esemplifica questa concezione quando afferma: "Ero straniero e mi avete accolto, ero ignudo e mi avete vestito, ero affamato e mi avete nutrito, ero carcerato e mi avete visitato". Qui, la verità si manifesta attraverso gesti concreti di amore e compassione verso il prossimo.
Questa prospettiva trova eco nel pensiero di altri filosofi e scrittori. Blaise Pascal, ad esempio, afferma che "conosciamo la verità non solo con la ragione ma anche col cuore", suggerendo che la verità coinvolge l'interezza del nostro essere, spingendoci all'azione. Allo stesso modo, Osho ci ricorda che "la verità non è qualcosa al di fuori da trovare, è qualcosa dentro da realizzare", indicando che la verità emerge dalle nostre azioni e dal nostro modo di vivere.
Amiche e Amici, Sorelle e Fratelli carissimi, in sintesi, la verità, secondo l'insegnamento autentico di Gesù e il pensiero di molti intellettuali, non è una semplice nozione da comprendere, ma una realtà da incarnare attraverso le nostre azioni quotidiane. È un invito a vivere in modo autentico, trasformando la nostra fede in opere concrete di amore e giustizia.
Carlo Pili ( #fr_tat ) 🌿☀️🌿
Ho recentemente visionato il video di Roberto Vecchioni su La7, in cui esplora il significato di "patriarcato". Vecchioni sottolinea che il termine deriva dal greco "patriarkhēs", combinazione di "patria" (stirpe) e "arkhō" (comando), traducibile come "legge del padre". Egli evidenzia come, storicamente, il patriarcato rappresenti un sistema sociale in cui il potere è detenuto prevalentemente da uomini adulti.
In contrasto, il Ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara ha recentemente dichiarato che "il patriarcato non esiste più", attribuendo l'aumento delle violenze sessuali a "forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da un'immigrazione illegale". Queste affermazioni hanno suscitato ampie polemiche, con critiche che sottolineano come tali posizioni minimizzino la persistenza di strutture patriarcali nella società contemporanea.
Autori come Bell hooks hanno approfondito il concetto di "supremazia maschile", evidenziando come il patriarcato sia un sistema di dominio che perpetua la subordinazione delle donne. Inoltre, Pierre Bourdieu, nel suo lavoro "Il dominio maschile", analizza come le strutture patriarcali siano profondamente radicate nelle pratiche sociali e culturali, influenzando le percezioni e le interazioni quotidiane.
Le dichiarazioni di Valditara sembrano ignorare queste analisi, suggerendo che il patriarcato sia un concetto superato. Tuttavia, come sottolineato da Gino Cecchettin, padre di Giulia, "non è che se neghi una cosa questa non esiste". È fondamentale riconoscere la persistenza di dinamiche patriarcali per affrontare efficacemente le disuguaglianze di genere e promuovere una società più equa.
In sintesi, mentre Vecchioni offre una riflessione approfondita sull'origine e l'impatto del patriarcato, le affermazioni di Valditara rischiano di sminuire la complessità del problema, distogliendo l'attenzione dalle vere radici della violenza di genere. È essenziale che il dibattito pubblico riconosca e affronti
✨ Siamo arrivati all'ultimo mese dell'anno, un momento perfetto per fermarci e riflettere. È tempo di tirare le somme. Hai ancora quattro settimane davanti a te, un'opportunità d'oro per chiudere questo 2024 nel modo migliore possibile.
Non importa se hai avuto alti e bassi: ogni giorno è un nuovo inizio. Abbraccia tutto ciò che ti arriva con il cuore aperto e la mente pronta a cogliere ogni insegnamento.
Adesso è il tuo momento! Sii audace, abbraccia i tuoi sogni e fai risplendere il tuo Sè. Non lasciare che questo anno si chiuda senza aver dato il massimo. Ricorda, la vera magia accade quando crediamo in noi stessi! 💫
Carlo Pili ( #fr_tat )🌿☀️🌿
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"Restare affamati, restare folli" – Una riflessione ispirata a Steve Jobs
Il 12 giugno 2005, Steve Jobs pronunciò un discorso che i giovani laureati della Stanford University non avrebbero mai dimenticato. Forse nemmeno lui immaginava che quelle parole sarebbero entrate nella Storia, toccando milioni di vite. Oggi, rileggendo quel discorso, non posso fare a meno di riflettere su quanto le sue lezioni siano ancora attuali.
Jobs raccontò tre storie, semplici ma potentissime, che parlavano di connessioni, fallimento e mortalità.
1. Collegare i punti: A volte ci troviamo a vivere esperienze che sembrano prive di senso o scollegate. Jobs ci insegna che è solo guardando indietro che i punti si collegano. Ogni evento, anche il più difficile, può trovare il suo significato nel disegno complessivo della nostra vita. La fiducia nel processo, nell'ignoto, è fondamentale.
2. Amare ciò che fai: Il fallimento non è la fine, ma un trampolino di lancio. Jobs perse la sua azienda, la Apple, ma quella sconfitta lo portò a nuove esperienze che avrebbero definito il suo genio creativo. La lezione? Non smettere mai di cercare ciò che ami fare. La passione è la forza che ci spinge a rialzarci ogni volta.
3. Vivere con urgenza: Sapere che la vita è breve ci ricorda di non sprecarla vivendo i sogni degli altri o temendo il giudizio altrui. "Il vostro tempo è limitato", disse Jobs, "non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro".
Ogni tanto dovremmo fermarci e chiederci: sto davvero vivendo la vita che voglio? Sto inseguendo ciò che amo, con il coraggio di accettare il rischio di fallire?
Quelle parole di Steve Jobs, rivolte a una platea di giovani laureati, sono oggi un messaggio universale. Ci ricordano di restare "affamati" di conoscenza, di esperienze, di sogni. Di restare "folli", ossia di avere il coraggio di sfidare le convenzioni e inseguire i sogni alti che ci rend vivi.
Carlo Pili ( #fr_tat ) 🌿☀️🌿
La riflessione di Galimberti sulla separazione dei genitori tocca corde profonde e ci ricorda quanto sia delicato l'equilibrio emotivo dei figli in queste situazioni. I bambini, spesso spettatori silenziosi, assorbono il tumulto emotivo che li circonda. È fondamentale riconoscere il loro dolore e fornire loro un supporto amorevole e costante. La separazione può essere un trauma, ma con la giusta attenzione e comunicazione, può anche diventare un'opportunità per insegnare la resilienza e la capacità di affrontare il cambiamento. Dobbiamo impegnarci a proteggere la loro serenità, accompagnandoli con empatia e comprensione in questo processo complesso che cagiona sui figli un traumache che può essere irreversibile. 💔🌱
#fr_tat ( Carlo Pili )