Nel suo toccante discorso, l'attivista guatemalteca Rigoberta Menchú Tum ci invita a riflettere su una forma di povertà spesso trascurata: quella umana e spirituale. In un'epoca in cui l'accumulo di ricchezze e potere è spesso visto come misura del successo, ci chiede: "Quante persone hanno accumulato miliardi senza aver aiutato qualcuno?"
Questa domanda rammenta a tutti noi che il vero valore non risiede nelle ricchezze materiali, ma nella capacità di contribuire al benessere degli altri. L'ossessione per il potere e la ricchezza può impoverire l'anima, allontanandoci dalla nostra essenza più autentica.
La vera ricchezza si misura attraverso gli atti di generosità e compassione. Ogni piccolo gesto di altruismo contribuisce a costruire un mondo più giusto. Non è necessario possedere grandi risorse per fare la differenza; anche nel nostro piccolo, possiamo influenzare positivamente la vita degli altri.
Menchú Tum ci ricorda che la povertà spirituale è una delle più grandi minacce per l'umanità. Per combatterla, dobbiamo coltivare il nostro Sè, agire con empatia e cercare di lasciare un impatto positivo nel mondo. In questo modo, arricchiamo non solo la vita degli altri, ma anche la nostra. Riflettiamo su come possiamo contribuire al benessere collettivo. Anche un piccolo gesto può avere un grande impatto. Come possiamo, nel nostro quotidiano, fare la differenza?
Carlo Pili ( #fr_tat )
_______________________
© per il commento Copyright - All rights reserved
Riflettere su Bettino Craxi: una storia complessa da rileggere con onestà 🙏🤗
In questi anni si è parlato tanto di Bettino Craxi. Per molti, il suo nome evoca la stagione di Tangentopoli, il crollo della Prima Repubblica, l'esilio ad Hammamet. Per altri, è un simbolo di un’Italia che voleva essere moderna, europeista, capace di giocare un ruolo da protagonista sullo scacchiere internazionale. Ma al di là delle opinioni personali, non è forse giunto il momento di rileggere la sua vicenda con uno sguardo più lucido e meno polarizzato?
Gli storici e i politologi ci insegnano che giudicare un’epoca con le categorie morali del presente rischia di appiattirne la complessità. Craxi, come molti leader della sua generazione, visse in un sistema politico che oggi definiremmo "imperfetto", ma che era figlio di dinamiche globali e nazionali che non possiamo ignorare. Da una parte, il PSI craxiano incarnò un’idea di riformismo pragmatico, che voleva modernizzare l’Italia, sfidare un PCI monolitico e spingere il Paese verso il futuro. Dall’altra, non si può negare che il sistema delle tangenti fosse una piaga che coinvolgeva trasversalmente quasi tutti i partiti dell’epoca.
Ci sono testimonianze, come quelle di giornalisti del calibro di Indro Montanelli e politologi come Norberto Bobbio, che descrivono Craxi come una figura dalle mille contraddizioni: un uomo di visione, ma anche di potere; un riformatore, ma anche un protagonista di quel sistema clientelare che finì per travolgerlo. E c’è il dramma umano di Hammamet, un esilio che molti interpretano come la fuga di un colpevole, altri come il destino di un capro espiatorio, sacrificato sull’altare della "giustizia sommaria" della stagione di Mani Pulite.
Cosa possiamo imparare, oggi, da quella vicenda? Forse, che la storia è sempre più complessa di come appare. Non servono riabilitazioni ideologiche né condanne sommariamente morali. Serve, invece, un’analisi rigorosa, super partes, capac
Ho trovato il video in cui il poeta è scrittore Franco Arminio recita la sua poesia inedita sull'amore, che inizia con: "Forse quello che chiamiamo amore, non è la foga dei corpi ma la sensazione di poter lasciare a un altro un pezzo della nostra vita."
La profondità dei suoi versi offre una riflessione intensa sul significato dell'amore, sottolineando come esso risieda nella condivisione autentica della nostra essenza con un'altra persona, piuttosto che nella mera passione fisica.
La sua interpretazione toccante invita a considerare l'amore come un dono di sé, un legame che trascende il corpo per abbracciare l'anima.
Carlo Pili (#fr_tat )
Umberto Galimberti, noto filosofo e psicoanalista, sottolinea come gli antichi Greci avessero una percezione dell'essere umano intrinsecamente legata alla mortalità. Pur disponendo dei termini "àntropos" e "anèr" per indicare l'uomo, preferivano utilizzare parole come "brotós" durante l'epoca di Omero e "thnétos" nell'era di Platone, entrambe traducibili come "mortale".
Questa scelta terminologica rifletteva una visione del mondo in cui la consapevolezza della morte era centrale, conferendo all'esistenza umana un senso di limite e misura. I Greci non concepivano la natura come una creazione divina, ma come una realtà immutabile in cui ogni essere vivente nasce, cresce e muore, contribuendo al perpetuo ciclo della vita. In questo contesto, l'uomo era visto come una delle tante determinazioni della natura, destinato a perire per permettere la continuazione dell'esistenza naturale.
Galimberti evidenzia come questa prospettiva differisca profondamente dalla visione cristiana, che introduce l'idea di un'anima immortale e di una vita ultraterrena. Mentre per i Greci il dolore e la morte erano componenti naturali e inevitabili della vita, da affrontare con dignità e accettazione, la cultura cristiana tende a vedere il dolore come un'espiazione e la morte come una transizione verso un'esistenza eterna.
In sintesi, la riflessione di Galimberti ci invita a riscoprire l'"etica del limite" dei Greci, riconoscendo la nostra condizione mortale non come una condanna, ma come un elemento fondamentale che dà senso e valore alla nostra esistenza. Accettare la finitezza della vita può aiutarci a vivere in modo più autentico e consapevole, apprezzando ogni momento e ogni relazione con maggiore intensità.
Carlo Pili ( #fr_tat )
"Non siamo un incidente della Storia, ma i figli e i nipoti di coloro che sono riusciti a trovare l'antidoto a quella degenerazione nazionalista che ha avvelenato la nostra storia.Se siamo europei è anche perché siamo innamorati dei nostri Paesi. Ma il nazionalismo che diventa ideologia e idolatria produce virus che stimolano istinti di superiorità e producono conflitti distruttivi."
David Sassoli, scomparso I'11 gennaio del 2022. Una vita ad abbattere muri. 🌹🌹🌹
"Un messaggio illuminante quello di Daniel Lumera: partire dai propri valori per definire i buoni propositi del 2025 è un invito potente alla consapevolezza e all’autenticità. Spesso siamo presi dalla corsa verso obiettivi superficiali, dimenticando che i nostri valori sono la bussola che ci guida nei momenti più difficili. Come diceva Viktor Frankl: "Chi ha un perché per vivere può sopportare quasi ogni come." Riflettere su ciò che dà senso alla nostra vita è il primo passo per costruire un anno non solo nuovo, ma davvero significativo. Grazie per questa profonda ispirazione, ne farò tesoro!"
Carlo Pili ( #fr_tat )
_______________________
Per il commento © Copyright - All rights reserved
Nel film "La proprietà non è più un furto" (1973) di Elio Petri, Gigi Proietti interpreta Paco l'Argentino, un personaggio che, seppur con una breve apparizione, lascia un'impronta indelebile grazie a un monologo memorabile. Durante l'orazione funebre per Albertone, un ladro e attore teatrale interpretato da Mario Scaccia, Paco offre un'elogio paradossale della figura del ladro, sottolineando la sua funzione sociale e stabilizzatrice nella società. Questo discorso, intriso di ironia e critica sociale, rovescia i termini convenzionali, suggerendo che la "ladreria" garantisca lavoro e benessere a molte persone, evidenziando l'ipocrisia e le contraddizioni del sistema economico e sociale.
La performance di Proietti in questo monologo è un esempio lampante della sua maestria attoriale, capace di combinare intensità drammatica e sottile ironia. La sua interpretazione conferisce profondità al personaggio, rendendo il monologo un momento chiave del film che invita lo spettatore a riflettere sulle dinamiche del possesso e del furto nella società contemporanea.
Per chi desidera rivivere questo momento cinematografico, è possibile visionare la scena del monologo di Gigi Proietti anche nel video seguente:
https://youtu.be/cTo6VZJO-E8?si=aIcSSIhj1F7gd9hI
Carlo Pili 🤗🤗🤗
"La memoria è il filo che unisce passato, presente e futuro. Umberto Eco ci avverte: in un'era dominata dal sapere digitale, rischiamo di perdere la capacità di ricordare davvero. Senza memoria non possiamo comprendere, giudicare, né costruire il futuro. È un richiamo alla responsabilità: ricordare non è solo immagazzinare dati, ma un atto di consapevolezza che definisce chi siamo. Non dimentichiamolo."
Carlo Pili ( #fr_tat ) 🌿☀️🌿
La gentilezza è una virtù che riflette una profonda forza interiore. Come sottolinea Paolo Crepet, le persone gentili sono le migliori, poiché la loro calma e comprensione creano armonia intorno a loro. Al contrario, chi urla e sbraita spesso rivela insicurezze e fragilità nascoste. Questo concetto è in linea con il pensiero di molti intellettuali e scrittori esoterici. Ad esempio, Lao Tzu affermava che "la gentilezza nelle parole crea fiducia; la gentilezza nel pensiero crea profondità; la gentilezza nel dare crea amore". Allo stesso modo Rudolf Steiner sosteneva che la gentilezza è una manifestazione dell'evoluzione spirituale dell'individuo. In un mondo spesso dominato dal rumore e dall'aggressività, coltivare la gentilezza non solo eleva il nostro spirito, ma ispira anche gli altri a fare lo stesso, contribuendo a creare una società più empatica e consapevole. 🌿☀️🌿
Carlo Pili ( #fr_tat )
Nell'ultima intervista rilasciata a Enzo Biagi nel 1999, pochi mesi prima della sua scomparsa, Nilde Iotti ha offerto una riflessione profonda sul significato della politica nella sua vita. Per lei, la politica non era solo una professione, ma una missione al servizio del bene comune, un impegno volto a migliorare la società e a garantire diritti e dignità a tutti i cittadini.
Il percorso di Nilde Iotti è emblematico di una dedizione totale alla causa pubblica. Prima donna a ricoprire la carica di Presidente della Camera dei Deputati, ha partecipato attivamente all'Assemblea Costituente del 1946, contribuendo alla stesura della Costituzione italiana. La sua carriera è stata caratterizzata da una costante lotta per l'emancipazione femminile e per l'affermazione dei principi democratici nel nostro Paese.
Il documentario "Nilde Iotti, la Signora della Repubblica", disponibile su RaiPlay, ripercorre la sua vita attraverso immagini e interviste, mettendo in luce non solo il suo ruolo politico, ma anche la sua dimensione umana. La sua relazione con Palmiro Togliatti, ad esempio, ha mostrato il coraggio di vivere appieno le proprie scelte personali, nonostante le critiche e le difficoltà dell'epoca.
La visione della politica di Nilde Iotti trova eco nel pensiero di autorevoli intellettuali. Max Weber, nel suo saggio "La politica come professione", distingue tra l'etica della convinzione e l'etica della responsabilità, sottolineando come il vero politico debba saper bilanciare ideali e pragmatismo per il bene della collettività. Nilde Iotti incarnava questa sintesi, operando con integrità e senso del dovere.
Inoltre, il suo impegno per l'uguaglianza e la giustizia sociale richiama le riflessioni di Antonio Gramsci, che vedeva nella politica uno strumento per l'emancipazione delle classi subalterne e per la costruzione di una società più equa. Nilde Iotti ha perseguito questi obiettivi con determinazione, lasciando un'impronta indelebile nella storia italiana.